L’etre e le néant
Dopo la telecronaca in diretta di Inghilterra-Argentina del 1986, cioè un evento accaduto trentaquattro anni orsono (la fiction cronologica e cronachistica più grottesca che si possa immaginare), è possibile tirare un consuntivo su Walter Veltroni. Già segretario di un partito, sindaco di Roma, vicepresidente del consiglio, direttore di un giornale, romanziere e regista, giornalista sportivo, commentatore e opinionista, saggista ecc. ecc. ora anche telecronista, Veltroni è il personaggio più multivalente e onnilaterale che calchi questo mondo, soprattutto dietro, davanti o ai lati di uno schermo. Un uomo anche brutto che si cimenta nelle attività più varie senza avere alcun talento, con risultati così scadenti che nessun critico arriva a prenderlo sul serio, e che puntualmente è propinato dai media a un’audience che, analogamente, non lo prende sul serio. Il mistero di questo paradosso è lo ‘scarto’ fra l’essere e il nulla. Cioè la sensazione di cosa avrebbe potuto fare se non avesse perso tempo a far politica. Lo stesso problema che ci assilla quando vediamo Gerry Scotti e ci domandiamo quanto potrebbe dare alla politica ove la smettesse di dare il suo tempo ai quiz televisivi. La volontà di apparire trova la sua spiegazione nel ‘poter essere’ che piace a tutti come illimitata incapacità di saper fare alcunchè che interessi veramente a qualcuno.