«Voglio baciarla. Ho deciso» L’amore impossibile tra Fernanda Pivano e Cesare Pavese

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Ida Bozzi
Fonte: corriere.it

Del legame che unì Cesare Pavese e Fernanda Pivano, il giovane scrittore già animatore dell’appena nata casa editrice Einaudi e la studentessa che chiedeva «Ma che differenza c’è tra la letteratura americana e quella inglese?», divenuti pilastri della cultura del Novecento, si sa quasi tutto.

di Ida Bozzi 15 marzo 2011

La stessa Pivano racconta nei Diari 1917 – 1973 (editi da Bompiani) il primo incontro: il supplente «giovane giovane» che nel 1935 per alcuni mesi entusiasmò la classe del Liceo D’Azeglio di Torino con letture del Momigliano, di De Sanctis e di Croce, prima dell’arresto e del confino, era Pavese, mentre la Pivano era l’allieva che registrava «lo straordinario privilegio» di ascoltarlo mentre «leggeva Dante o Guido Guinizelli e li rendeva chiari come la luce del sole».

La passione comune per lo studio rimase segno forte anche quando si incontrarono di nuovo, nell’estate del ’38: tornato dal confino lo scrittore, già universitaria la Pivano, fu allora che Pavese suggerì alla giovane Fernanda, il «Gôgnin» (musetto), di leggere i libri di Ernest Hemingway, Walt Whitman, Sherwood Anderson ed Edgar Lee Masters, un suggerimento che avrebbe cambiato la vita della Pivano e poi, anche grazie a lei, la cultura e l’editoria italiana.

Questi versi, i conclusivi della poesia “Francis Turner”, persuadono Fernanda Pivano della necessità di tradurre l’Antologia di Spoon River. Sono i primi anni ’40, la futura “Nanda” ha 26 anni, e il libro superproibito, come lo definirà lei, glielo ha passato proprio Cesare Pavese, che si occupa dell’opera di Edgar Lee Masters dal 1930.

Proprio la passione per lo studio e la letteratura, ben più dell’amore non corrisposto di Pavese per Fernanda (già innamoratissima del futuro marito Ettore Sottsass, per il quale disse no per ben due volte, nel ’40 e nel ’45, a Pavese che la chiedeva in sposa), emerge dalla lettera e dalle corrispondenze che pubblichiamo qui. Dove si vede, è vero, il giovane Cesare «geloso come un gorilla», ma anche, ad esempio nel biglietto del ’41, l’esortazione senza appello a «studio e diligenza». Altri esempi sono nei Diari della stessa Pivano, quando l’autrice ricorda che «Pavese cercava di farmi diventare un’intellettuale», o quando elenca gli articoli dello scrittore sulla rivista «La cultura», da lei divorati, o infine in altri inediti di Pavese in cui lo scrittore esorta Fernanda allo «studio, studio, studio». Ma è soprattutto in questo inedito, datato 11 gennaio ’43, che l’incitamento dello scrittore si dispiega con le parole del mentore. È preoccupato, Pavese, per il richiamo alle armi appena ricevuto: ma tratta l’argomento con ironia, e si occupa invece di Fernanda. La quale certo incarnava il suo ideale di donna, «preziosa in un essere ignorato» (Il mestiere di vivere, Einaudi), ma che lo colpiva per l’intelligenza e la differenza dalle «ragazze qualsiasi» (Vita attraverso le lettere, Einaudi). In questo inedito, dunque, egli fornisce alcune istruzioni sulla traduzione dell’Antologia di Spoon River, la storica traduzione della Pivano che uscirà in quello stesso ’43, insieme rassicurando («farò tutto io qui») e invitando alla cautela. Ma ciò che «preoccupa di più» Pavese è l’atteggiamento dell’ex allieva, amica e promettente studiosa: una «malinconia» che certo, in altri modi, era condivisa da tutti i giovani intellettuali d’allora, oppressi dal regime, dalla guerra, dalla povertà e da un isolamento che non era soltanto personale.

                                      Tre biglietti autografi di Pavese (foto Marco Fiumara)

Pavese mostra tutto il coraggio di una generazione cresciuta tra difficoltà e censure, e sa vedere la novità di ciò che ha davanti, in questa donna autonoma e capace. Qui quasi egli prefigura il modo in cui la donna italiana, non solo Fernanda, dovrà uscire dai ruoli mediocri imposti dall’epoca e dal fascismo. «È sola e disagiata», scrive Pavese, «ma può studiare e lavorare», le spiega. E ancora: «Non se l’intende coi Suoi, ma studiando e lavorando si prepara il modo di farsi un’indipendenza». Un’indipendenza che sarà proprio quella della Pivano, vivacissima animatrice della cultura, scopritrice di talenti, ponte tra l’America della Beat Generation e l’Italia, e molto altro. Un futuro che prima di esistere nella realtà, esiste brevemente già qui, nelle poche righe di uno scrittore che lievemente, ma fermamente, dà l’esortazione e la fiducia che può venire solo da un maestro.

(Fonte: Corriere.it)

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