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di Ancora Fischia il Vento-REDNEWS, 26 dicembre 2017
Le disuguaglianze tra le categorie sociali stanno crescendo per la diseguale distribuzione del reddito, ma anche per le modalità di erogazione e calcolo delle indennità previdenziali. La mancata approvazione da parte del Parlamento della legge che intendeva limitare l’ammontare dei vitalizi degli ex parlamentari è un esempio di come il sistema non sappia autoregolarsi per correggere le iniquità. Ci sono ex deputati ed ex senatori che godono da decenni di indennità per oltre 5 mila euro netti al mese, mentre ci sono persone che sono costrette a vivere con pensioni di circa 500 euro al mese. Per non parlare dei futuri pensionati che andranno in quiescenza a quasi 70 anni e con indennità irrisorie. Inoltre, migliaia di ex dipendenti pubblici o ex manager di aziende private incassano ogni mese pensioni d’oro di oltre 10 mila euro. Il record spetta all’ex dirigente della Telecom, Mauro Sentinelli, che percepisce 91.337 euro al mese.
L’iniquità di trattamento è evidente eppure nessun governo e nessuna assemblea parlamentare finora sono intervenuti per porre rimedio ai privilegi creati con i vitalizi e le pensioni d’oro. I parlamentari si giustificano sostenendo che si tratta di diritti acquisiti, ma non si comprende perché questa regola è legittima solo per chi ha percepito ed in alcuni casi continua a percepire redditi da lavoro subordinato o autonomo a cinque o sei cifre mensili. Il principio della capacità contributiva sancito dalla Costituzione italiana è eluso regolarmente ed il sistema pensionistico ormai è diventato uno strumento per garantire privilegi ed accrescere le ricchezze. Eppure, per rendere il sistema più ‘giusto’, basterebbero poche e semplici regole. Innanzitutto mettere un limite alle indennità previdenziali. Inoltre, se un soggetto continua a lavorare ed ha un reddito adeguato perché deve percepire anche la pensione? Ci sono tanti lavoratori delle istituzioni, della politica, della televisione, dei giornali, etc… che continuano a svolgere la loro attività anche se sono in età avanzata e che, nonostante non abbiano bisogno di un sostegno economico, percepiscono, oltre alle indennità da lavoro, una o più pensioni.
E’ una grande ingiustizia se confrontiamo queste situazioni con quelle di chi vive in condizioni di povertà assoluta, in Italia essi sono, secondo l’Istat, oltre quattro milioni e 598 mila individui. Non si tratterebbe di impedire, a chi vuole, di continuare a lavorare, ma di evitare che la pensione o le pensioni percepite diventino uno strumento di arricchimento, mentre quelle stesse risorse pubbliche potrebbero essere utilizzate per garantire una vita dignitosa a chi non lavora più o non può lavorare. La redistribuzione della ricchezza non è solo un atto ‘etico’, ma anche una necessità del sistema economico. Se si vogliono evitare le crisi economiche occorre ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie, ma questo ai nostri politici ed alla nostra classe dirigente interessa poco.
Fonti: espresso.repubblica.it e ilsole24ore.com