Fonte: Minima Cardiniana
VICINO ORIENTE. LA PACE È NECESSARIA, MA C’È CHI VUOLE LA GUERRA
“La ragione l’è de’ bischeri”, diceva la mi’ nonna. Intendendo affermare, con la sua secolare saggezza di contadina toscana, ch’è purtroppo ricorrente, quasi fosse regola fissa, che i saggi a questo mondo vengano inascoltati non solo per la malvagità e la stupidità della maggior parte della gente, ma anche a causa della loro intrinseca debolezza, della loro incapacità a esporre con energia ed efficacia le loro ragioni e a renderle convincenti. “L’avevo detto, io…”, è una delle frasi più umilianti e desolanti che ci càpiti di esprimere: il sigillo indelebile del nostro fallimento. Guai a chi la pronunzia. Io personalmente, e tanti altri seri ed onesti cittadini abituati a riflettere e a studiare, l’andiamo ripetendo incessantemente da quasi un quarto di secolo, dal tragico Nine-Eleven.
E oggi, dopo il tragico 7 ottobre che in troppi hanno avvicinato all’11 settembre, si comincia poco e poco a intravedere qualche traccia di un disegno sottostante; come del resto in quel triste 2002 nel quale si vaneggiava di “terribili armi di distruzione di massa”, e i pochi sensati che a ciò opponevano le ragioni che consigliavano a pensar diversamente venivano trattati da complottisti, da filomusulmani, da “nemici dell’Occidente” eccetera. Tuttavia, siatene certi, quel ch’è stato segnalato da Bergman e Goldman è stato immediatamente e largamente ignorato, non è passato al vaglio dei grandi media e sarà ben presto dimenticato.
Intanto, la follia e la violenza prevalgono. E il loro prevalere non è affatto “fatale”, bensì accuratamente programmato. Su “La Stampa” di ieri, 2 dicembre, mentre “di spalla” il politologo Giovanni Orsina metteva la mani avanti dichiarando testualmente che “lo Stato europeo disegnato da Draghi” è una “visione forte ma non realizzabile” (così come sono apparse quasi sempre nella storia le cose che in realtà si sono realizzate eccome, quando si sono delineate nel loro stato larvale o incoativo), Massimo Cacciari si rivelava una volta di più buon profeta (e, purtroppo, prevedibile Cassandra dalle giuste ma inaccettate previsioni) chiedendosi se la tregua israelo-palestinese (e attenzione: la guerra in corso non è affatto restrittivamente “contro Hamas”) avrebbe retto; e rispondendosi subito con un deciso e tragico “no”. Ci sono ormai ombre sul 7 ottobre, con la sua immane tragicità. Ancor più ombre dovrebbero esserci sull’attacco terroristico a Gerusalemme, per fortuna ben più incruento. Ma ancora una volta c’è chi ha ritenuto che tutto sia chiaro: esecutori forse non ancora e non del tutto, però mandanti e moventi sì, e al di là di qualunque dubbio. Ancora una volta risuona il sinistro “Che bisogno abbiamo di testimoni?”. Tutto è chiaro: sempre Hamas, solo Hamas, l’idra dalle molte teste ch’è necessario schiacciare; e sembra evidente che il modo migliore per ottenere tutto ciò sia sparare nel mucchio, moltiplicare i martiri o quelli che dall’altra parte tali saranno considerati, espandere e approfondire l’odio e le velleità di martirio ulteriore e di vendetta. Sangue chiama sangue, e chi intende prolungare il macello per allungare l’improbabile prosecuzione del suo potere politico lo sa benissimo. È evidente che rispondere con bombardamenti a tappeto (altro che “chirurgici”) alla “pioggia dei missili di Hamas su Israele”, demenziale ma anche quasi del tutto inefficace (e che da parte sua intende appunto provocare la risposta che Netanyahu è comunque ben disposto a fornire nell’interesse della sua linea criminale), è una follìa. Ma è una follìa richiesta da quella parte degli israeliani che continuano ad appoggiare la linea della desertificazione della Palestina e dell’irrealizzabilità del teorema “due popoli – due stati” in quanto il territorio sul quale dovrebbe impiantarsi lo stato palestinese, fra insediamento illegale dei coloni israeliani e distruzione bellica, non esite più: del che soltanto Biden sembra non essersi ancora accorto e proseguire nel suo vaniloquio che Netanyahu ormai non sta più nemmeno a fingere di ascoltare.
Identico stallo, con qualche variante locale, nella situazione russo-ucraina. Ma Orban sembra mettersi di traverso rispetto all’accoglimento del paese ancor guidato da Zelensky, lo scivolamento “autoritario” del quale è ormai denunziato perfino dallo stesso sindaco di Kiev. Non resta che sperare che siano una buona volta gli ucraini a imporre la fine di un conflitto che, altrimenti, ha l’aria di voler proseguire fino all’annientamento dell’ultimo fra loro.
A questo punto è la notte, a dirla col Galileo di Brecht.
ISRAELE-PALESTINA. LA STORIA PURTROPPO FORSE SI RIPETE (CFR. I MODELLI TWIN TOWER E ATTACCO ALL’IRAQ)
di Ronen Bergman e Adam Goldman, inviati a Tel Aviv
Un progetto esaminato dal Times descriveva l’attacco nei dettagli. I funzionari israeliani l’hanno liquidato come “ambizioso” e hanno ignorato i dettagli specifici.
I funzionari israeliani sono venuti a conoscenza del piano di battaglia di Hamas per l’attacco terroristico del 7 ottobre più di un anno prima che avvenisse, come dimostrano documenti, e-mail e interviste. Ma i funzionari militari e di intelligence israeliani hanno liquidato il piano come “ambizioso”, ritenendolo troppo difficile da realizzare per Hamas.
Il documento, di circa 40 pagine, che le autorità israeliane hanno chiamato in codice “Muro di Gerico”, ha delineato, punto per punto e in modo esatto, la tipologia di invasione devastante che ha portato alla morte di circa 1.200 persone.
Il documento tradotto, che è stato esaminato dal New York Times, non fissava una data per l’attacco, ma descriveva un assalto metodico progettato per travolgere le fortificazioni intorno alla Striscia di Gaza, conquistare le città israeliane e prendere d’assalto le basi militari di importanza strategica, tra cui il quartier generale di una divisione.
Hamas ha seguito il piano con una precisione sconvolgente. Il documento prevedeva una raffica di razzi all’inizio dell’attacco, droni per mettere fuori uso le telecamere di sicurezza e le mitragliatrici automatiche lungo il confine, e uomini armati che si riversassero in massa in Israele in parapendio, in motocicletta e a piedi. Esattamente ciò che è avvenuto il 7 ottobre.
Il piano includeva anche dettagli sulla posizione e sulle dimensioni delle forze militari israeliane, sui centri di comunicazione e altri dati sensibili, sollevando interrogativi su come Hamas abbia raccolto una tale mole di informazioni e se ci siano state fughe di notizie all’interno dell’establishment della sicurezza israeliana.
Il documento è circolato ampiamente tra i leader militari e dell’intelligence israeliana, ma gli esperti hanno stabilito che un attacco di tale portata e ambizione fosse al di là delle capacità di Hamas. Non è chiaro se il primo ministro Benjamin Netanyahu o altri leader politici abbiano avuto modo di esaminare il documento.
L’anno scorso, poco dopo essere venuti a conoscenza del documento, gli ufficiali della divisione di Gaza dell’esercito israeliano, responsabile della difesa del confine, hanno dichiarato che le intenzioni di Hamas non erano chiare: “Non è ancora possibile determinare se il piano sia stato pienamente accettato e come si manifesterà”, si legge in una valutazione militare esaminata dal Times.
Poi, a luglio, appena tre mesi prima degli attacchi, un’analista esperta dell’Unità 8200, l’agenzia di intelligence israeliana, ha avvertito che Hamas aveva condotto un’intensa esercitazione di un giorno che sembrava simile a quella descritta nel progetto.
Ma un colonnello della divisione di Gaza ha ignorato queste “preoccupazioni”, secondo le e-mail criptate visionate dal Times.
“Smentisco assolutamente che lo scenario sia immaginario”, ha scritto l’analista negli scambi di e-mail. L’esercitazione di Hamas, ha detto, corrispondeva pienamente “al contenuto del Muro di Gerico”. “È un piano progettato per iniziare una guerra”, ha aggiunto. “Non è solo un’incursione in un villaggio”.
I funzionari della sicurezza, in privato, ammettono che se i militari avessero preso sul serio questi avvertimenti, reindirizzando rinforzi significativi a sud – dove Hamas ha attaccato – Israele avrebbe potuto attenuare gli attacchi o forse addirittura prevenirli. Hanno già riconosciuto di aver fallito nel proteggere il Paese e si prevede che il governo riunirà una commissione per far luce sugli eventi che hanno portato agli attacchi. Il documento sul Muro di Gerico mette a nudo una serie preoccupante di errori durata anni e culminata in quello che i funzionari considerano il peggior fallimento dell’intelligence israeliana dopo l’attacco a sorpresa che portò alla guerra arabo-israeliana del 1973.
Alla base di tutti questi fallimenti c’era un’unica convinzione, fatalmente imprecisa: ovvero, che Hamas non fosse in grado di attaccare e che non avrebbe osato farlo. Questa convinzione era talmente radicata nel governo israeliano – così hanno detto i funzionari – da indurli ignorare le crescenti minacce che poi si sono concretizzate.
L’esercito israeliano e l’Agenzia di Sicurezza israeliana, responsabile della sezione antiterrorismo a Gaza, hanno rifiutato di commentare.
I funzionari non hanno fatto sapere come hanno ottenuto il documento sul Muro di Gerico, ma si tratta di una delle numerose versioni di piani di attacco raccolte nel corso degli anni. Un memorandum del Ministero della Difesa del 2016, visionato dal Times, ad esempio, dice: “Hamas intende spostare il prossimo scontro in territorio israeliano”. Un attacco di questo tipo comporterebbe probabilmente la presa di ostaggi e “l’occupazione di una comunità israeliana (e forse anche di diverse comunità)”, si legge nella nota.
Il documento sul Muro di Gerico, che prende il nome dalle antiche fortificazioni dell’odierna Cisgiordania, era ancora più esplicito. Descriveva attacchi con razzi per distrarre i soldati israeliani e farli precipitare nei bunker, e droni per disattivare le elaborate misure di sicurezza lungo la barriera di confine che separa Israele da Gaza. I combattenti di Hamas avrebbero poi sfondato 60 punti del muro, attraversando il confine con Israele. Il documento inizia con una citazione del Corano: “Sorprendeteli attraverso il cancello. Se lo farete, avrete certamente la meglio”.
La stessa frase è stata ampiamente utilizzata da Hamas nei suoi video e nelle sue dichiarazioni dal 7 ottobre.
Uno degli obiettivi più importanti delineati nel documento era il superamento della base militare israeliana di Re’im, che ospita la divisione di Gaza responsabile della protezione della regione. Sono state elencate anche altre basi che ricadono sotto il comando della divisione.
Hamas ha raggiunto l’obiettivo il 7 ottobre, devastando Re’im e conquistando alcune parti della base.
L’audacia del piano – così hanno detto gli ufficiali – lo rendeva facilmente sottovalutabile. Tutti i militari elaborano piani che poi non utilizzano mai: così, gli ufficiali israeliani hanno valutato che, anche se Hamas avesse invaso, avrebbe potuto raccogliere una forza di poche decine di uomini, non le centinaia che alla fine hanno attaccato.
Israele aveva anche frainteso le azioni di Hamas. Il gruppo aveva negoziato i permessi per consentire ai palestinesi di lavorare in Israele, cosa che i funzionari israeliani avevano interpretato come un segnale di “distensione” da parte di Hamas.
Ma Hamas stava preparando piani di attacco da molti anni e gli ufficiali israeliani erano entrati in possesso di precedenti versioni. Quello che poteva essere un colpo di intelligence si è trasformato in uno dei peggiori errori di calcolo nei 75 anni di storia di Israele.
Nel settembre 2016, l’ufficio del ministro della Difesa aveva compilato un memorandum top secret basato su un precedente piano di attacco di Hamas. Il memorandum, firmato dall’allora ministro della Difesa, Avigdor Lieberman, affermava che un’invasione e la presa di ostaggi avrebbero “causato gravi danni alla coscienza e al morale dei cittadini di Israele”.
Nel memorandum, visionato dal Times, si legge che Hamas aveva acquistato armi sofisticate, dissuasori GPS e droni. Inoltre, si afferma che Hamas aveva aumentato la sua forza di combattimento a 27.000 persone, avendone aggiunte 6.000 nell’arco di due anni. Hamas sperava di raggiungere le 40.000 unità entro il 2020, si legge nella nota.
L’anno scorso, dopo che Israele aveva ottenuto il documento sul Muro di Gerico, la divisione militare di Gaza ha redatto una propria valutazione di intelligence su quest’ultimo piano di invasione. Hamas ha “deciso di pianificare un nuovo raid, senza precedenti nella sua portata”, scrivono gli analisti nella valutazione esaminata dal Times. Secondo tale valutazione, Hamas intendeva effettuare un’operazione di depistaggio seguita da una “manovra su larga scala” con l’obiettivo di sopraffare la divisione.
Ma la divisione di Gaza ha definito il piano come una “bussola”. In altre parole, la divisione ha stabilito che Hamas sapeva dove voleva andare, ma non ci era ancora arrivato.
Il 6 luglio 2023, l’analista esperta dell’Unità 8200 ha scritto a un gruppo di altri esperti di intelligence che decine di pattuglie avevano recentemente condotto esercitazioni in presenza degli alti comandanti di Hamas.
L’addestramento comprendeva una prova generale di abbattimento di aerei israeliani e la conquista di un kibbutz e di una base di addestramento militare, con l’uccisione di tutti i militari. Durante l’esercitazione, i combattenti di Hamas hanno usato la stessa frase del Corano che appare all’inizio del piano di attacco al Muro di Gerico, ha scritto l’analista negli scambi di e-mail visionati dal Times. L’esperta ha inoltre avvertito che l’esercitazione ha seguito da vicino il piano del Muro di Gerico e che Hamas si stava attivando per realizzarlo.
Il colonnello della divisione di Gaza ha elogiato l’analisi, ma ha detto che l’esercitazione faceva parte di uno scenario “totalmente fantasioso” e non forniva alcuna indicazione della capacità di Hamas di realizzarlo. “In breve, aspettiamo con pazienza”, ha scritto il colonnello.
Il botta e risposta è continuato, con alcuni colleghi che hanno appoggiato la conclusione iniziale dell’esperta, che ben presto ha evocato la “lezione” della guerra del 1973, durante la quale gli eserciti siriano ed egiziano avevano invaso le difese israeliane. Le forze israeliane si riorganizzarono e respinsero l’invasione, ma il fallimento dell’intelligence è servito a lungo da lezione per i funzionari di sicurezza israeliani.
“Abbiamo già vissuto un’esperienza simile 50 anni fa sul fronte meridionale in relazione a uno scenario che sembrava immaginario, e la storia potrebbe ripetersi se non stiamo attenti”, ha scritto l’esperta ai suoi colleghi.
Pur essendo minacciose, nessuna delle e-mail prevedeva l’imminenza di una guerra. L’esperta non ha nemmeno sfidato la saggezza convenzionale dei funzionari dell’intelligence israeliana, secondo cui Yahya Sinwar, il leader di Hamas, non era assolutamente interessato alla guerra con Israele. Ma ha correttamente valutato che le capacità di Hamas erano drasticamente migliorate. Il divario tra il possibile e l’ambizioso si era ridotto in modo significativo.
L’incapacità di leggere la situazione ha fatto eco a un altro fallimento strategico di oltre due decenni fa, quando anche le autorità americane potevano contare su molteplici indicazioni che il gruppo terroristico Al Qaeda stava preparando un attacco. Una commissione governativa ha concluso che gli attacchi dell’11 settembre 2001 al World Trade Center e al Pentagono sono stati in gran parte un fallimento di strategia e previsione.
“Il fallimento dell’intelligence israeliana il 7 ottobre assomiglia sempre di più al nostro 11 settembre”, ha dichiarato Ted Singer, un alto funzionario della CIA da poco in pensione che ha lavorato a lungo in Medio Oriente. “Il fallimento è stato un errore di analisi da parte della leadership militare e politica: infatti, Hamas aveva l’intenzione di lanciare l’attacco quando lo ha fatto”.
(New York Times, 30 novembre 2023, traduzione di David Nieri)