di Alfredo Morganti – 24 febbraio 2016
“Se vogliamo portare avanti delle riforme dobbiamo farlo con le forze che si dimostrano affidabili, non con quelle che farebbero saltare tutto”. Riferisce Maria Teresa Meli che queste parole le avrebbe dette Renzi ai suoi, che poi le avrebbero evidentemente riferite anche a lei. Il messaggio è chiarissimo: conta la fiducia, solo quella. E contano le forze politiche che ispirano fiducia, che sono affidabili. Se Verdini è affidabile, le riforme si fanno con lui. Se anche Alfano lo è, allora entra anche lui in partita. Semplice. Quasi uno più uno. Roba da scuola elementare. Conta poco, ovvio, la lettera di queste riforme (che dipende, fino a prova contraria, da chi le vota, non dal destino!). E conta poco quali siano i contenuti. Anzi, che cambino pure, che problema c’è? Tanto non ci interessa il senso della riforma, ma solo che venga approvata. Ragionamento, in fondo, del tutto conseguente al postulato: ‘vincere, e vinceremo!’, che Renzi ha eletto a propria ragione politica.
Tanto è vero che il premier riferisce ai suoi anche queste altre parole: “Far approvare la legge [sulle unioni civili] è una grande vittoria, chi non lo capisce appartiene a quella sinistra che vuole sempre perdere. Ma io voglio vincere”. Appunto. Tutto si concentra e si racchiude nel momento della votazione, in quelle lampadine che si accendono assieme in aula. Lì c’è la lussuria, lì il godimento. Altro che contenuto della legge, altro che senso della riforma. Basta la fiducia, basta la comprovata affidabilità di chiunque esso sia (destra, sinistra, centro, sopra, sotto e m’arimovo), basta che si voti e si vinca, ed è come un orgasmo politico. E chissenefrega se il testo, il contenuto della riforma cambi, e dipenda da chi decide di votarla, e la riforma stessa muti di segno a seconda di chi la sostenga. Quisquilie. A chi volete che importi? A qualche comunista, a qualche cattolico di sinistra, a qualche sfigato, ai perditempo. Perdenti insomma. Gente da rottamare. Gufi. Rosiconi. Ultimi giapponesi della democrazia parlamentare. Che odiano i canguri coi loro marsupi. Che non hanno il senso di Renzi per il potere, che magari percepiscono il cinismo come peccato, e che non capiscono come tenere assieme l’esecutivo e rafforzarlo sia invece lo scopo prioritario. Ultimo. Supremo. Fine a se stesso. Di principio. Dinanzi a cui tutto il resto non merita alcuna considerazione. Nemmeno la più bieca.