di Alfredo Morganti – 5 ottobre 2015
Il mostro di Loch Ness
È sbagliato catalogare Verdini come una specie di furfante. Sbaglieremmo la mira. Verdini è quello che tiene le fila e che sta traghettando Renzi da anni verso il porto dove il premier è ormai arrogantemente approdato. La ‘narrazione’ renziana ha un suggeritore, anzi un editor, ed è Denis, l’Andreotti minor di questi anni, quello che tesse trame, indica passaggi politici e prende sottobraccio l’ex Sindaco quando è il caso di farlo (quasi sempre). Non ho dubbi chi, tra i due, guidi le danze. E non da ora. Mi sto convincendo che pochi ‘leggano’ la partita come Verdini. Non si limita solo a indicare la tattica, suggerire le battute, instradare il bamboccione e fare le formazioni, per restare nella metafora. L’editor, se serve, scende in campo.
È il caso di questi giorni sulla riforma del Senato. Il suo gruppo sta dando battaglia mostrando una presenza agguerrita sugli scranni e sui media. Anche il gesto sessista, esecrabile e volgare, ha un suo perché nel tentativo di occupare spazio informativo e posizionarsi in tv e sui giornali. L’incuneamento di Verdini, sempre più sfacciato (vedi il passaggio tv dalla Latella) sta lì per tenere sotto pressione la minoranza PD e il NCD. Come a dire: state calmi e votate, sennò io divento decisivo e voi più marginali di quanto non siate. La cosa ha funzionato, difatti: se è vero che, aritmeticamente, i voti di Verdini sono un surplus, è anche vero, proprio per questo, che essi sono l’esercito di riserva di Renzi, spingono alla fedeltà i riottosi, aprono una gara su chi è più solerte a votare in Parlamento. Schifani ha addirittura confessato: “La manovra di Denis ha ricompattato il nostro gruppo. Tutti abbiamo capito che si doveva partecipare compatti al cammino delle riforme anche per crescere politicamente”. Tana, insomma. Spiace che anche la minoranza PD subisca questo genere di pressioni, e veda ridotti i propri spazi di manovra politica, stretti dalla tenaglia che Renzi-Verdini hanno messo in campo. Oggi la stessa minoranza fa sapere che “si aprirebbe un problema politico” se Verdini entrasse in maggioranza (o nel partito, perché no?). Ma Verdini ha già spiegato dalla Latella che lui non ha alcuna intenzione di entrare nel PD (almeno per ora): “Con il PD non abbiano nulla a che spartire, non intendiamo entrare”. Con il PD. Ma con un succedaneo del PD (chiamatelo partito della nazione, partito post-democratico, o partito-guida della sinistra-destra italiana) Verdini entrerebbe di sicuro. È il partito per il quale sta lavorando da anni, testardo, pugnace, partendo da Firenze e approdando a Roma dopo aver mollato i politici bolliti che stanno a Milano. E se gli riesce questa manovra (portare i voti di sinistra dentro un partito di destra, per fare un governo per il quale politica “l’è morta” e tutto ruota intorno a un Capo e ai suoi plebisciti), allora sarebbe almeno giusto riconoscere la grandezza del politico Verdini, capace di tirare le fila del parapiglia italiano: scambiato per il mostro di Loch Ness e per un cialtrone qualsiasi, e invece capace di abbindolarci tutti. A destra come a sinistra. Ma noi per primi.