Fonte: la Repubblica
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Con l’intervista a Marie Charrel (Le Monde) inizia la campagna politica europea dell’ex ministro di Tsipras. L’ex ministro è convinto e, insieme a Tsipras, ha fatto capire a tutti: «Schäuble e i creditori non vogliono salvarci, la Grecia è un laboratorio, poi attaccheranno lo Stato sociale europeo». La Repubblica, 23 agosto 2015
Le elezioni rischiano di slittare al 27 settembre, una settimana dopo a quanto preventivato da Alexis Tsipras. Né Nuova Democrazia (il secondo gruppo parlamentare) né Unità Popolare (terzo come numero, appena nato da una scissione di Syriza) rinunceranno ai tre giorni di mandato esplorativo concesso dalla Costituzione. Oggi scade il tempo per Nd. Il premier uscente ha commentato la fuoriscita da Syriza spiegando che «non è un atto rivoluzionario spaccare un partito per collocarsi all’opposizione». La replica: «Tsipras confonde la dittatura del memorandum con il funzionamento democratico». Schermaglie elettorali, di sfondo resta l’Europa con, Klaus Regling capo dell’Esm, che ricorda: «Il denaro sarà erogato solo dopo l’attuazione delle riforme»
ATENE. Provocatorio, idealista, arrogante. Yanis Varoufakis, l’ex ministro delle Finanze greco, è tanto affascinante quanto fastidioso. Il terzo piano di aiuti alla Grecia, che lui definisce come una “capitolazione” di fronte ai creditori, porterà il suo paese nel baratro, spiega. Denuncia l’opacità dell’Eurogruppo, che, secondo lui, prende le decisioni più importanti per il futuro della zona euro senza che i cittadini ne siano informati.
Arnaud Montebourg l’ha invitata alla Fête de la Rose, (parlerà oggi ndr ). A che punto è la sinistra europea?
«Ha un grande lavoro davanti a sé. L’unione monetaria, costruita in origine per unire i popoli europei, li ha invece divisi, mettendoli gli uni contro gli altri. C’è un urgente bisogno di ridare vita al dialogo democratico. In questo senso, mi sembra essenziale creare una rete europea dei progressisti, al di là delle divisioni politiche tradizionali e dei confini, pronta a perseguire un obiettivo radicale: democratizzare l’euro e le sue istituzioni, con tutti coloro che sono convinti che nulla di buono può venire dai tecnocrati di Francoforte o di Bruxelles che depoliticizzano la moneta».
Chi potrebbe dirigere questo movimento? Lei?
«Non si tratta di sapere chi lo potrebbe dirigere, è una decisione che non può venire dall’alto, né può essere ridotta a un leader, chiunque sia».
La Francia è stata un’alleata del governo di Alexis Tsipras nel corso dei negoziati con i partner della Grecia?
«La maggior parte degli europei immagina che negli ultimi mesi la Grecia abbia negoziato con i suoi partner della zona euro. Non è così. Durante i cinque mesi in cui sono stato coinvolto, i miei omologhi mi rimandavano sistematicamente ai rappresentanti di Commissione, Bce e Fmi. Non ho mai negoziato direttamente con Michel Sapin. Né con Wolfgang Schauble, che mi assicurava di non poter fare nulla per me.Anche quando Schaeuble ed io abbiamo finalmente aperto un dialogo, poco prima del mio ritiro, era chiaro che qualsiasi grado di convergenza tra noi non poteva essere espresso formalmente».
Rimprovera al governo greco di aver firmato il terzo piano di aiuti?
«Ho votato contro questo programma. Purtroppo, il primo Ministro alla fine ha accettato ciò che lui stesso ha definito non buono. L’Europa intera ne uscirà perdente».
Eppure ha evitato il “Grexit.
«Questo è il modo in cui la stampa presenta le cose, ma io non condivido. Se la Grecia tenta, a dispetto del buon senso e delle leggi elementari dell’economia, di applicare questo memorandum e le riforme che lo accompagnano, corre dritta verso il Grexit. Perché questo programma è stato concepito per affondare la nostra economia. Risultato: non potremo mantenere i nostri impegni, e Schaeuble potrà puntare il dito contro di noi e tagliare gli aiuti al nostro paese. L’obiettivo che persegue è molto chiaramente il Grexit».
Lei sostiene che il ministro Schauble vuole spingere la Grecia fuori dall’euro. Per quale motivo?
«Per colpire la Francia. Lo stato sociale francese, il suo diritto del lavoro, le sue imprese nazionali sono il vero obiettivo del ministro delle finanze tedesco. Egli considera la Grecia come un laboratorio di austerità, dove sperimentare il memorandum prima di esportarlo. La paura del Grexit mira a far crollare le resistenze francesi, né più né meno».
Lei chiede di creare nuove istituzioni nella zona euro, di dare più potere al Parlamento europeo?
«Ritengo che non abbiamo un Parlamento europeo. L’istituzione di oggi non compie la sua missione. È un insieme di interessi nazionali che insulta il concetto stesso di democrazia ».
Se potesse tornare indietro, al mese di gennaio, quando Syriza è andato al potere ed è stato nominato ministro delle Finanze, che cosa cambierebbe?
«Molte cose. Ma soprattutto una. Il 20 febbraio, avevamo raggiunto un accordo importante con i creditori. Non menzionava più il memorandum, ma spiegava che il governo greco avrebbe presentato un elenco di riforme, convalidate dai partner che lo avrebbe sostituito. Solo che, due giorni dopo, i dirigenti delle istituzioni, Pierre Moscovici, per la Commissione, Christine Lagarde, per il Fmi e Mario Draghi, per la Bce, hanno reintrodotto il riferimento al memorandum durante una conferenza telefonica. A quel punto, avremmo dovuto rifiutare di continuare la discussione ».
Nei sei mesi in cui è stato a capo del ministero delle Finanze, non ha preso alcuna decisione per lottare contro la corruzione e gli oligarchi, che denuncia con vigore.
«Questo è un ottimo esempio della disinformazione contro cui mi batto. Abbiamo preso, nonostante tutto, dei provvedimenti, in particolare sull’evasione fiscale, uno dei principali mali del paese. Uno di essi consiste nell’uso di un software con un algoritmo che consente di confrontare i trasferimenti di denaro tra conti bancari degli ultimi venti anni con le dichiarazioni dei redditi. Si tratta di un progetto notevole. Tanto più tenendo conto che la troika non ci ha facilitato le cose. Ma ci siamo riusciti. Se tutto va bene, più di seicentomila evasori fiscali verranno identificati grazie a questo algoritmo a settembre o ottobre. Sarebbe un grande successo».
Perché la “troika” non vi ha aiutato?
«Il suo vero obiettivo non è mai stato quello di riformare il nostro paese, né di recuperare il denaro prestato alla Grecia. Altrimenti, avrebbe accettato le nostre proposte, vale a dire di ridurre il debito pubblico, di istituire una struttura di riscatto per gestire i crediti in sofferenza, e lanciare una banca d’investimento in grado di rafforzare l’economia e la crescita potenziale. Al contrario, ha preferito imporci delle condizioni che garantiscono che non saremo mai in grado di ripagarlo».
Ma a quale scopo?
«Perché la Grecia è solo una battaglia in una guerra molto più ampia per il controllo dell’unione monetaria. Nel 2010, il primo piano di aiuti aveva come obiettivo salvare le banche francesi e tedesche. Oggi, i creditori cercano semplicemente di controllare il governo greco, per neutralizzare gli altri paesi che potrebbero sfidare l’ordine costituito, questo è il progetto di Schauble».
In queste circostanze, la Grecia deve malgrado tutto rimanere nell’euro?
«Alexis Tspiras mi ha nominato ministro delle Finanze perché sono e sono sempre stato convinto che, nonostante i difetti iniziali dell’unione monetaria, non è possibile né opportuno uscirne. Dobbiamo cercare, invece, di risolvere ciò che non funziona al suo interno. Non sono, d’altra parte, un feticista dell’euro, né della dracma. Le monete, come i mercati finanziari, sono degli strumenti al servizio di un obiettivo: migliorare la vita dei cittadini. Ma negli ultimi vent’anni, abbiamo avuto la tendenza a dimenticarlo. I mercati, come l’euro, sono diventati delle religioni».
Continuerà a impegnarsi nella vita politica greca?
Assolutamente sì. Quando, dopo una lunga riflessione, sono sceso nell’arena politica, l’ho fatto per restarci. Voglio rappresentare i greci che hanno votato per me e lottare per loro con tutti i mezzi possibili. La missione che sento di dover compiere oggi è quella di rendere pubblico a livello internazionale ciò che è accaduto in Grecia negli ultimi mesi».
Lei ha dato il suo sostegno a Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, che cerca di far svelare il trattato di libero scambio transatlantico. Renderebbe pubblici anche dei documenti dell’ Eurogruppo?
«Il mio rapporto con Julian Assange va oltre le pure questioni europee. La mia esperienza dell’Eurogruppo, dove si prendono decisioni importanti senza che i cittadini ne siano informati, senza documentazione scritta, riecheggia la guerra di Wikileaks, contro un mondo in cui i potenti dispongono di tutte le informazioni e i cittadini non hanno nulla».
copyright Le Monde traduzione di Luis E. Moriones