ATENE – “Il sadico dispotismo dell’ideologia dominante”. “La lettura morale di questa crisi”. “L’abbraccio mortale del debito”. Yanis Varoufakis accoglie El País nella sua casa al centro di Atene; la sua ormai celebre moto è parcheggiata all’angolo della strada, pronta a ripartire rombando alla fine dell’intervista. Visto da vicino, Varoufakis è amabile, attento e disinvolto. Offre al giornalista una tazzina di caffè preparato di fresco, e subito si capisce perché la sua lingua è considerata una delle più affilate d’Europa. Parlando a mitraglia, usa toni tra il solenne e il drammatico, con l’economia e la politica come generi letterari al servizio di un alibi: la Grecia epitome della crisi europea, e quest’ultima vista non come una fase transitoria, ma come uno stato tendente a perpetuarsi.

Alcuni giorni fa ha lasciato il ministero. Come è cambiata la sua vita quotidiana?
“I giornali pensano che io sia deluso per aver lasciato il governo. Di fatto però io non sono entrato in politica per far carriera, ma per cambiare le cose. E chi cerca di cambiarle paga un prezzo”.

Quale?
“L’avversione, l’odio profondo dell’establishment. Chi entra in politica senza voler far carriera finisce per crearsi questo tipo di problemi”.

Intanto la Grecia continuerà a subire la tutela della Troika…
“Noi avevamo offerto all’Fmi, alla Bce e alla Commissione l’opportunità di tornare ad essere le istituzioni che erano in origine; ma hanno insistito per ripresentarsi come Troika. Ma l’ultimo accordo si basa sulla prosecuzione di una farsa, ma si tratta solo di procrastinare la crisi con nuovi prestiti insostenibili, facendo finta di risolvere il problema. Ma si può ingannare la gente, si possono ingannare i mercati per qualche tempo, non all’infinito”.

Cosa si aspetta nei prossimi mesi?
“L’accordo è programmato per fallire. E fallirà. Siamo sinceri: il ministro tedesco Wolfgang Schauble non è mai stato interessato a un’intesain grado di funzionare. Ha affermato categoricamente che il suo piano è ridisegnare l’eurozona: un piano che prevede l’esclusione della Grecia. Io lo considero come un gravissimo errore, ma Schauble pesa molto in Europa. Una delle maggiori mistificazioni di queste settimane è stata quella di presentare il patto tra il nostro governo e i creditori come un’alternativa al piano di Schauble. Non è così. L’accordo è parte del piano Schauble”.

La Grexit è ormai scontata?
“Speriamo di no. Ma mi aspetto molto rumore, e poi rinvii, mancato raggiungimento di obiettivi che di fatto sono irraggiungibili, e l’aggravamento della recessione, che finirà per tradursi in problemi politici. Allora si vedrà se l’Europa vuole davvero continuare a portare avanti il piano di Schaeuble oppure no”.

Schauble ha suggerito di togliere poteri alla Commissione, e di applicare le regole con maggior durezza. Se sarà lui a vincere la Grecia è condannata?
“C’è un piano sul tavolo, ed è già avviato. Schaeuble vuole mettere da parte la Commissione e creare una sorta di super-commissario fiscale dotato dell’autorità di abbattere le prerogative nazionali, anche nei Paesi che non rientrano nel programma. Sarebbe un modo per assoggettarli tutti al programma. Il piano di Schaeuble è di imporre dovunque la Troika: a Madrid, a Roma, ma soprattutto a Parigi”.

A Parigi?
“Parigi è il piatto forte. È la destinazione finale della Troika. La Grexit servirà a incutere la paura necessaria a forzare il consenso di Madrid, di Roma e di Parigi”.

Sacrificare la Grecia per cambiare la fisionomia dell’Europa?
“Sarà un atto dimostrativo: ecco cosa succede se non vi assoggettate ai diktat della Troika. Ciò che è accaduto in Grecia è senza alcun dubbio un colpo di Stato: l’asfissia di un Paese attraverso le restrizioni di liquidità, per negargli l’imprescindibile ristrutturazione del debito. A Bruxelles non c’è mai stato l’interesse di offrirci un patto reciprocamente vantaggioso. Le restrizioni di liquidità hanno gradualmente strangolato l’economia, gli aiuti promessi non arrivavano; c’era da far fronte a continui pagamenti a Fmi e Bce. La pressione è andata avanti finché siamo rimasti senza liquidità. Allora ci hanno imposto un ultimatum. Alla fine il risultato è uguale a quando si rovescia un governo, o lo si costringe a gettare la spugna”.

Quali gli effetti per l’Europa?
“Nessuno è libero quando anche una sola persona è ridotta in schiavitù: è il paradosso di Hegel. L’Europa dovrebbe stare molto attenta. Nessun Paese può prosperare, essere libero, difendere la sovranità e i suoi valori democratici quando un altro Stato membro è privato della prosperità, della sovranità e della democrazia”.

Anche se è vero che la Grecia ha cambiato i termini del dibattito, in politica si devono ottenere dei risultati. I risultati la soddisfano?
“L’euro è nato 15 anni fa. È stato concepito male, come abbiamo scoperto nel 2008, dopo il tracollo della Lehman Brothers. Fin dal 2010 l’Europa ha un atteggiamento negazionista: l’Europa ufficiale ha fatto esattamente il contrario di quanto avrebbe dovuto fare. Un Paese piccolo come la Grecia, che rappresenta appena il 2% del Pil europeo, ha eletto un governo che ha messo in campo alcuni temi essenziali, cruciali. Dopo sei mesi di lotte siamo davanti a una grande sconfitta, abbiamo perso la battaglia. Ma vinciamo la guerra, perché abbiamo cambiato i termini del dibattito”.

Lei aveva un piano B: una moneta parallela, in caso di chiusura delle banche. Perché Tsipras non ha voluto premere quel pulsante?
“Il suo lavoro era quello di un premier. Il mio, nella mia qualità di ministro, era di mettere a punto i migliori strumenti per quando avremmo preso quella decisione. C’erano buoni argomenti per farlo, come c’erano per non premere quel pulsante”.

Lei lo avrebbe fatto?
“Chiaramente, e l’ho detto pubblicamente, ma ero in minoranza. E rispetto la decisione della maggioranza”.

Tsipras ha ribadito che non esistevano alternative al terzo riscatto; mentre lei, col suo piano B, sosteneva che un’alternativa c’era.
“Fin da quando ero giovanissimo, ho sempre respinto nella mia concezione politica il discorso thatcheriano dell'”assenza di alternative”. C’è sempre un’alternativa”.

Quale sarà l’eredità di Angela Merkel per l’Europa?
“L’idea europea non era quella di punire una nazione orgogliosa per intimorire le altre. Non è questa l’Europa di Gonzales, Giscard o Schmidt. Abbiamo bisogno di ricuperare il significato di ciò che significa essere europei, trovare le vie per ricreare il sogno di prosperità condivisa nella democrazia. L’idea che la paura e l’odio debbano essere le pietre a fondamento della nuova Europa ci riporta al 1930. l’Europa corre il rischio di trasformarsi in una gabbia di ferro. Spero che la cancelliera non voglia lasciarci un’eredità come questa”.

© El País. Traduzione di Elisabetta Horvat

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L’originale su EL Pais
di  – 1 agosto 2015

“El despotismo sádico de la ideología dominante”. “La lectura moral de esta crisis”. “El abrazo mortal de la deuda”. Yanis Varoufakis (Atenas, 1961) recibe a EL PAÍS en su céntrica casa de la capital griega, con su famosa moto aparcada en la esquina. En las distancias cortas, el ya exministro se muestra amable y desenvuelto. Acerca al periodista una taza de café, se sirve otra y al asomar la grabadora demuestra por qué se le considera una de las lenguas más afiladas de la izquierda europea. 45 minutos después, duele dejar fuera de este texto un puñado de frases como las que sirven para arrancar el párrafo.

De su cabeza perfectamente rasurada no dejan de brotar ideas y alguna que otra contradicción. El tercer rescate a Grecia, vaticina, no va a funcionar; “está diseñado para fracasar” y es el punto final a una especie de “golpe de Estado” de los acreedores. Berlín tiene un plan para llevar a la troika hasta París, “el premio gordo”. Y la Europa que atemoriza con la salida de Grecia del euro, sostiene, va camino de convertirse en una idea siniestra, con fuertes dosis de prejuicios morales y un pésimo diagnóstico de la crisis que ha llevado a recetar políticas profundamente equivocadas una y otra vez.

Pregunta. Dejó el ministerio hace poco. ¿Cómo es su día a día?

Respuesta. Los periodistas sospechan que estoy desanimado, pero no entré en política para hacer carrera. Entré para intentar cambiar las cosas. Y hay que pagar un precio por tratar de hacerlo.

P. ¿Cuál es ese precio?

R. El desdén, el profundo odio del establishment. Si uno llega a la política sin querer hacer carrera acaba metiéndose en problemas.

P. ¿Tiene la sensación de haber logrado cambiar las cosas?

R. Por supuesto. ¿Por qué si no ha venido usted a verme? El Gobierno griego fue elegido para negociar duro, con argumentos que no eran aceptables para la eurozona. El mandato de Syriza era claro: conseguir un pacto con Europa con la idea de decirles a los socios que no podían seguir ahogando a Grecia de esa forma inhumana. Los griegos nos lanzamos con una fuerza imparable contra un Eurogrupo con una lógica inamovible e irracional. El resultado ha sido un montón de ruido. Y espero que también algo de luz.

España y el riesgo de ser como Grecia

C. P., ATENAS

Preguntado por las declaraciones en las que Mariano Rajoy sugiere que otros países pueden tomar la misma deriva que Grecia si ganan peso opciones similares a Syriza, Varoufakis apunta que el país heleno “se ha convertido en una especie de pelota de fútbol para los políticos de derechas, que insisten en asustar con Grecia a la población”.

“Los españoles tienen que mirar su situación económica y social y sobre eso valorar qué es lo que su país necesita independientemente de lo que pase en Grecia o donde sea.

El peligro de convertirse en Grecia siempre sigue ahí y se hará real si siguen repitiéndolos mismos errores que se impusieron en Grecia”, dice el exministro. “Castigar el orgullo de un país para atemorizar a otros no es la idea de Europa por la que lucharon Felipe González, Valéry Giscard d’Estaing o Helmut Schmidt. Tenenos que recuperar el significado de ser europeo, encontrar maneras para recrear el sueño de combinar prosperidad con democracia”.

Varoufakis no cree que Podemos haya perjudicado a su Gobierno: “Nunca diría que Podemos ha sido un problema para nosotros. Puede haber intensificado el proceso. Pero sin Podemos, Europa habría usado la misma estrategia del miedo”.

P. En su último libro, Economía sin corbata, le explica la crisis a su hija. Con el tercer rescate, Grecia seguirá bajo tutela de la extroika hasta mediados de siglo; hasta que su hija tenga más o menos su edad. ¿Cómo lleva eso?

R. Se equivoca. No es la antigua troika: la troika ha vuelto.

P. ¿Y qué le parece que los hombres de negro vayan a seguir en Atenas hasta que sus nietos sean adultos?

R. No lo harán. El acuerdo no tiene futuro. Se basa en proseguir con la farsa de la patada hacia adelante: prorrogar la crisis con nuevos préstamos insostenibles, y fingir que eso resuelve el problema.

P. ¿Qué espera entonces de los próximos meses? ¿Nada bueno?

R. El tercer rescate está diseñado para fracasar. Seamos sinceros: el ministro alemán, Wolfgang Schäuble, nunca estuvo interesado en pactar nada que pueda funcionar. Su plan es rediseñar la eurozona: parte de ese rediseño es echar a Grecia. Creo que está completamente equivocado, pero tiene mucho poder. Una de las falacias de estos días es presentar el pacto entre Atenas y los acreedores como una alternativa al plan de Schäuble. No es así: el acuerdo es parte del plan de Schäuble.

P. ¿Da por seguro el Grexit?

R. Ojalá no sea así. Pero habrá mucho ruido, retrasos, incumplimiento de objetivos, más recesión, problemas políticos. Cuando llegue el momento se verá si Europa quiere o no seguir adelante con el programa de Schäuble.

P. Berlín acaba de sugerir un plan para aplicar las reglas del euro aún con más dureza.

R. Schäuble quiere dejar de lado a la Comisión y crear una especie de autoridad fiscal con capacidad para echar abajo los presupuestos nacionales, incluso en países que no estén bajo programa. Es como poner a todos los socios bajo programa. El plan Schäuble es imponer la troika en todas partes. En Madrid y en Roma. Pero especialmente en París.

P. ¿París?

R. París es el premio gordo, el destino final de la troika. El Grexit se usará para crear el miedo necesario en Madrid, Roma y París.

P. ¿Sacrificar Grecia para cambiar la fisonomía de Europa?

“El ‘plan Schäuble’ es imponer la troika en todas partes. Sobre to, en París”

R. Es una demostración: esto es lo que pasa si no os sometéis a la troika. Lo ocurrido en Grecia es un golpe de Estado: la asfixia de un país a través de restricciones de liquidez. En Bruselas nunca hubo interés por ofrecer un pacto mutuamente beneficioso. Las ayudas no llegaban; había que hacer frente a continuos pagos al FMI y al BCE, y al final nos quedamos sin dinero. Luego nos dieron un ultimátum y nos vimos obligados a cerrar los bancos. El resultado es el mismo que haber derrocado a un Gobierno o haberle forzado a derrocarse a sí mismo.

P. ¿En qué lugar queda Europa en ese relato?

R. Nadie puede ser libre si una sola persona está esclavizada: esa es la paradoja de Hegel. España y los demás socios no pueden prosperar, ser libres o cuidar de su soberanía y sus democracias si se impide a otro socio la prosperidad, la soberanía o la democracia.

P. Nadie discute que la austeridad era excesiva ni la necesidad de reestructurar la deuda: se discute su estrategia negociadora.

R. Nada de lo relacionado con la austeridad y el alivio de la deuda era indiscutible en enero: es indiscutible ahora, porque pusimos ese debate sobre la mesa. A todos los que me dicen que hemos fracasado, les diría que hemos logrado abrir un debate no solo sobre Grecia, sino sobre Europa, que vale su peso en oro.

P. ¿Le satisface el resultado?

R. El euro estaba mal diseñado, como se vio tras el colapso de Lehman. Desde entonces, Europa vive en estado de negación y ha hecho lo contrario de lo que debía. Un país como Grecia, con apenas el 2% del PIB europeo, eligió a un Gobierno que ha puesto sobre la mesa asuntos cruciales; tras seis meses de lucha hemos perdido la batalla. Pero ganamos la guerra: hemos cambiado el debate.

P. ¿Entonces le basta con eso?

“En Bruselas nunca hubo interés en un pacto mutuamente beneficioso”

R. Por supuesto. No puedo cuantificar ese resultado; no puedo decirle cuántos miles de millones vale transformar el debate. Pero hay cosas que se miden por su valor, no solo por su precio.

P. Usted tenía un plan B: una moneda paralela dentro del euro. ¿Aún puede activarse?

R. Vamos a separar dos cosas. Había un esquema, denominado plan X, un plan de contingencia para responder a los actos de agresión por parte del BCE, el Eurogrupo y demás instituciones. Y un diseño para un nuevo sistema de pagos a través de la oficina de impuestos. Este sistema se debería haber aplicado de todos modos; debería aplicarse mañana. Pero el plan X ya es historia.

P. Según Tsipras, no había alternativa al pacto. ¿Con el plan B está usted diciendo lo contrario?

R. Desde joven he rechazado esa idea thatcheriana de que no hay alternativa. Siempre la hay.

P. Ha hablado de terrorismo monetario y de tortura fiscal. ¿Esa retórica no fue muy nociva?

R. Esa idea de la tortura fiscal es una descripción exacta de lo sucedido. La idea es que al torturado se le mete la cabeza en el agua; antes de que se asfixie, se le permite respirar para después volver a sumergírsela, y así hasta que confiese. A Grecia se le asfixia con la falta de liquidez. Incluso tras el rescate, los socios han dado solo 7.000 millones, lo justo para pagar al FMI y al BCE: de esa manera el Gobierno sigue bajo absoluto control. En cuanto al terrorismo, el 25 de junio los acreedores nos obsequiaron con una propuesta para cinco meses, a sabiendas de que era imposible cumplir las condiciones. Decidimos someterla a referéndum, y pedimos una extensión del rescate de dos semanas para votar en paz. El Eurogrupo nos negó esa ampliación; nos obligó a cerrar los bancos. En una economía moderna, cerrar los bancos es la peor forma de terrorismo monetario. ¿Qué es el terrorismo, sino perseguir una agenda política mediante el miedo? Eso hicieron: aterrorizar a la gente sobre los efectos de votar no. Si en Bruselas se hubieran abstenido de asustar a los griegos, yo no habría usado esa palabra.

P. ¿Llamar criminal al FMI, como hizo Tsipras, favoreció en algo las condiciones del acuerdo?

“Lo ocurrido es un golpe de Estado:la asfixia de un país a través de restricciones de liquidez”

R. Seamos precisos: Tsipras habló de un programa de negligencia criminal que impuso a los griegos una crisis monumental, incluida una crisis humanitaria. No subimos el nivel de nuestra retórica hasta final de junio. Hasta ahí fuimos extremadamente corteses, pese a la increíble hostilidad del Eurogrupo. Para entonces, Tsipras había acordado el 90% del programa. ¿Qué hicieron los acreedores? Dar marcha atrás y volver a plantear medidas inaceptables, por ejemplo en el IVA. Ese fue un acto de agresión: ahí hablamos de negligencia criminal.

P. Si el acuerdo es tan malo, ¿por qué lo aceptó Tsipras?

R. Eso debe preguntárselo a él.

P. ¿Por qué no consiguió un solo aliado en el Eurogrupo?

R. Esa idea de que el Eurogrupo son 18 contra uno es ilusoria. Hay una pequeña minoría que cree en la austeridad. Hay un grupo mayor de Gobiernos que no creen en la austeridad, pero están obligados a defenderla porque la impusieron. Y todavía un tercer grupo, con Francia, que ni cree en la austeridad ni la practica.

P. ¿Los griegos que votaron a un partido de izquierdas entienden las fotos en Paris Match?

R. Dese un paseo conmigo por las calles y verá. Aun así, me arrepiento de esa sesión fotográfica, por lo demás estéticamente terrible. Puede que no me crea, pero cuando acepté no conocía Paris Match. Cometí el error de aceptar la sesión de fotos. Pido disculpas.

P. Una vez dijo que el legado de Thatcher fue la peligrosa financiarización de la economía y, sobre todo, Tony Blair. ¿Qué legado dejará Angela Merkel?

R. Europa corre el riesgo de convertirse en una jaula de hierro: espero que la canciller Merkel no quiera dejar esa herencia.