Uomini e caporali

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 8 agosto 2018

La colpa è tutta del ‘caporalato’. Che recluta gli operai, che li obbliga a pagare vitto e trasporto nei furgoncini della morte, e che rinchiude i lavoratori neri nei ghetti. Resta il fatto che la stragrande maggioranza delle aziende agricole che lavorano l’oro rosso lo fa fuori di ogni regola di tutela e di sicurezza. Lo dicono le forze dell’ordine. Che c’è una legge sul caporalato, ma sembra disapplicata. E che tutto questo non è emergenza di queste ore, ma è la regola di sempre che, se ancora prospera, qualche ragione di fondo, nemmeno troppo recondita, dovrà pure esserci. Il ministro Salvini ha detto che stroncherà il caporalato. E che, per farlo, svuoterà i ghetti. Che vuol dire, che li sgombererà come se la ragione dello sfruttamento dei braccianti neri fossero i braccianti neri stessi, così che tolti loro tolto il problema? Un po’ come accade coi campi rom, che vengono sgomberati, e poi disperse le persone in altri campi peggiori dei primi, e quindi nulla cambia? Perché l’idea che sia tutto un problema di ordine pubblico oscura le considerazioni a latere, che concernono la questione sociale, il tema dello sfruttamento della manodopera, la riduzione degli uomini a bestie da soma, l’oltraggio dell’umanità.

Un’altra deve essere invece la soluzione, ben oltre le questioni securitarie e di criminalità (pure ineludibili). Bisognerebbe affermare che si svuotano i ghetti ma per fornire alloggi decenti, che la paga deve essere giusta non sotto il minimo di sussistenza, che le tutele e la sicurezza sul posto del lavoro non discriminano tra bianchi e neri, che una società che sfrutta il lavoro non è degna di considerazione anche nel caso fosse capace di battere la criminalità organizzata. Bisognerebbe dire che, se ci sono ghetti e mafia, la responsabilità non è mai dei lavoratori che ne subiscono invece gli effetti nefasti e che semmai ne sono vittime, le prime vittime. È questo uno dei casi in cui dire: ‘prima gli italiani’ è una spaventosa scempiaggine. Se la sinistra dicesse invece: “prima gli sfruttati, prima i subordinati, prima gli ultimi, prima i più poveri”, senza mostrarsi nemmeno per sbaglio neosalviniana, sarebbe la cosa migliore. Sarebbe davvero l’unico modo per affermare quella identità che tutti dicono di voler affermare, ma che poi smarriscono per la loro cattiva strada.

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