Fonte: Il Manifesto
L’arte della guerra. Non basterà la Conferenza internazionale sulla Libia, che dovrebbe svolgersi in autunno in Italia, prima delle «elezioni» libiche sponsorizzate dalla Francia che dovrebbero tenersi in dicembre. Occorrerà da parte italiana un impegno militare direttamente sul campo, dai costi umani e materiali e dagli esiti imprevedibili.
di Manlio Dinucci – 4 settembre 2018
Il polverone politico-mediatico sollevato dallo scontro tra «europeisti» e «sovranisti» nasconde quella che invece è la realtà: un europeismo senza Europa e un sovranismo senza sovranità.
A innalzare strumentalmente la bandiera dell’europeismo è in questo momento il presidente Macron, per far avanzare la potenza francese non solo in Europa ma in Africa. La Francia, promotrice con gli Usa della guerra Nato che nel 2011 demolì lo Stato libico (nella quale l’Italia svolse un ruolo di primo piano), cerca con tutti i mezzi di controllare la Libia: le sue ricche risorse – enormi riserve di petrolio, gas naturale, acqua fossile – e lo stesso territorio libico di grande importanza geostrategica. A tal fine Macron appoggia le milizie che combattono il «governo» di Fayez al-Serraj, sostenuto dall’Italia che con l’Eni mantiene grossi interessi nel paese.
Questo è solo uno degli esempi di come l’Unione europea, fondata sugli interessi delle oligarchie economiche e finanziarie delle maggiori potenze, si stia sgretolando per contrasti di natura economica e politica, di cui la questione dei migranti è solo la punta dell’iceberg.
Di fronte al predominio di Francia e Germania, il governo 5 Stelle-Lega ha fatto una precisa scelta: accrescere il peso dell’Italia legandola ancora più strettamente agli Stati uniti. Da qui l’incontro del presidente Conte col presidente Trump, a cui i media italiani hanno dato scarso rilievo. Eppure in quell’incontro sono state prese decisioni che influiscono notevolmente sulla collocazione internazionale dell’Italia.
È stato anzitutto deciso di creare «una cabina di regia permanente Italia-Usa nel Mediterraneo allargato», ossia nell’area che, nella strategia Usa/Nato, si estende dall’Atlantico al Mar Nero e, a sud, fino al Golfo Persico e all’Oceano Indiano. La regia in realtà è in mano agli Usa, in specifico al Pentagono, mentre all’Italia spetta qualche compito secondario di assistente alla regia e genericamente il ruolo di comparsa. Secondo Conte, invece, «è una cooperazione strategica, quasi un gemellaggio, in virtù del quale l’Italia diventa punto di riferimento in Europa e interlocutore privilegiato degli Stati uniti per le principali sfide da affrontare». Si annuncia così un ulteriore rafforzamento della «cooperazione strategica» con gli Stati uniti, ossia del ruolo «privilegiato» dell’Italia quale ponte di lancio delle forze statunitensi, anche nucleari, sia verso Sud che verso Est.
«All’Italia l’amministrazione americana riconosce un ruolo di leadership come paese promotore della stabilizzazione della Libia», dichiara Conte, annunciando implicitamente che l’Italia, e non la Francia (meno affidabile agli occhi di Washington), ha avuto dalla Casa Bianca l’incarico di «stabilizzare» la Libia. Si tratta di vedere come.
Non basterà la Conferenza internazionale sulla Libia, che dovrebbe svolgersi in autunno in Italia, prima delle «elezioni» libiche sponsorizzate dalla Francia che dovrebbero tenersi in dicembre.
Occorrerà da parte italiana un impegno militare direttamente sul campo, dai costi umani e materiali e dagli esiti imprevedibili.
La scelta «sovranista» del governo Conte riduce quindi ulteriormente la sovranità nazionale, rendendo l’Italia ancora più dipendente da ciò che decidono a Washington, non solo alla Casa Bianca, ma al Pentagono e alla Comunità di intelligence, composta da 17 agenzie federali specializzate in spionaggio e operazioni segrete.
La vera scelta sovranista è l’attuazione reale del principio costituzionale che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.