UN’IDEA DI FELICITA’ – di LUIS SEPULVEDA e CARLO PETRINI – ed. GUANDA
La felicità è ancora di questo mondo? In un’epoca frettolosa e spesso cupa, dai ritmi di vita e di lavoro innaturali, dov’è finito il tempo per la vita, per la persona, per la condivisione? C’è ancora, è la risposta di Luis Sepúlveda e Carlo Petrini, purché sappiamo trovarlo, rubando ai nostri giorni frenetici lo spazio per far germogliare un seme, per scambiarci un aneddoto spezzando il pane, o per fare la nostra parte nella battaglia per un mondo più sostenibile e generoso. Dall’Amazzonia al cuore dell’Africa, dall’esperienza amara dell’esilio all’abbraccio collettivo di Terra Madre, ricordi e pensieri di due autori d’eccezione si intrecciano in una conversazione che attraversa attualità e letteratura, gastronomia e politica, difesa della natura e della tradizione. Tra incontri e racconti, storie di grandi leader e di piccoli eroi del quotidiano, Petrini e Sepúlveda ci guidano alla ricerca di quel diritto al piacere che è oggi il più rivoluzionario, democratico, umano degli obiettivi. Con la lentezza e la saggezza della lumaca, però. Perché anche noi possiamo smettere di correre verso una destinazione ignota, e ricominciare pienamente a esistere.
Da Slow Food a Terra Madre. Da Il vecchio che leggeva romanzi d’amore a Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, questo libro è il punto di arrivo di due personalità che hanno a lungo riflettuto sul destino della Terra, degli uomini, sull’importanza dell’ecologia, sul lungo tragitto di diseguaglianza tracciato dal capitalismo e dalla finanza internazionale.
Il risultato è un libro necessario per chiunque non abbia ancora perso la speranza di credere in un mondo migliore.
“La vita è breve, buona, e c’è un diritto fondamentale: il diritto alla felicità. Che non si manifesta e non si deve confondere con una sorta di diritto naturale a diventare ricco, o a soverchiare gli altri. Parliamo di un’altra felicità. Delle soddisfazioni piccole, che però valgono molto.”
Luis Sepúlveda
“La rivendicazione, decisa, del diritto al piacere è stata sempre per noi croce e delizia. Croce perché ci ha subito posto nella categoria dei previlegiati, di quelli che grazie ai soldi possono mangiare meglio rispetto agli altri. E delizia perché io penso che il diritto al piacere sia un diritto universale di tutta l’umanità.”
Carlo Petrini
INTERVISTA A LUIS SEPULVEDA
da www.cadoinpiedi.it 11 maggio 2014
Luis Sepùlveda, scrittore cileno di nascita, apolide per costrizione e combattente per vocazione, torturato e imprigionato dal regime di Augusto Pinochet, parla di Un’idea di felicità (Guanda), scritto a quattro mani con Carlo Petrini, padre di Slow Food e culturalmente affine a Sepúlveda in molte delle sue battaglie. Per esempio nell’elogio del valore del tempo e nella ricerca della consapevolezza come guida di ogni azione. «La felicità è un concetto individuale, non universale», ha detto Sepúlveda a Cadoinpiedi.it, «ma per me essere felici significa vivere con la coscienza tranquilla, pensando di fare le cose che sono giuste e che mi sembrano giuste».
DOMANDA. Essere felici è un risultato o un percorso?
RISPOSTA. Un risultato. L’essere umano ha sempre considerato la felicità come una meta da raggiungere, nei molti modi in cui si può manifestare: nell’amore, nella vita sociale, nei risultati raggiunti.
D. Cosa aiuta a trovare la felicità?
R. Vivere in armonia con la famiglia e le persone alle quali si vuole bene. È questo il modo per farsi forti per la grande sfida: quella con la società.
D. La società è un nemico?
R. No, non credo.Ma ci sono cose da cambiare…
D. Cosa?
R. Siamo a rischio di perdere tutto, la libertà civile, la libertà di espressione, il diritto a essere informati, il diritto di decidere come deve essere la propria alimentazione… Oggi non c’è un solo fronte aperto, ce ne sono mille.
D. Qual è la priorità?
R. Abbiamo bisogno di cominciare a pensare se vogliamo diventare cittadini o consumatori.
D. Siamo già diventati consumatori.
R. Quasi tutti, quasi. Quasi tutto nel primo mondo: in Africa, in Asia, in grandi regioni dell’America latina la gente non ha nessuna idea del consumo. Bisogna chiarire il concetto di cosa è un consumatore.
D. Cos’è?
R. Io non mi sento consumatore se vado in farmacia e compro un’aspirina, e non compro aspirine compulsivamente. Non mi sento consumatore quando prendo un caffè equo e solidale fatto da una piccola cooperativa centro-americana. Tanta gente che conosco vive così, evitando la compulsività: ha scelto e sviluppato un consumo ragionato.
D. Il consumo ragionato non è però un po’ un lusso per chi se lo può permettere?
R. Dipende. Io conosco una grande regione del mondo, che è il Sud America, in cui la forma di consumare tradizionale, cioè ragionata, si conserva. Penso per esempio alla piccola provincia nella gran parte del territorio argentino e cileno, ma anche a molti Stati del Brasile. Qui si mantiene un modo diverso di consumare e produrre, che è anche una forma di difesa.
D. Difesa da cosa?
R. Si tratta di sviluppare una forma di educazione creata su altri valori: certo, è un processo lento e pieno di particolarismi, non si può darne una visione generale. Si può darne una visione generale della società dei consumi, ma non di una società che le preferisce un’alternativa, perché quest’alternativa si sviluppa in posti e in maniere diverse.
D. A ognuno la propria rivoluzione?
R. Sì, penso che si debba partire dalle specificità delle singole realtà. Non credo in un cambiamento globale, ovunque identico, perché il mondo è diverso, ed è anche qui la sua bellezza.
Resta il nocciolo della questione: il modello imperante cerca di convincerci che c’è una sola possibilità di vita: questa.
D. Ma c’è un ma vero?
R. Ma le esperienze umane in molti altri posti dimostrano che è possibile vivere in modo molto più ragionato e migliore. Bisogna chiedersi: qual è il mio ruolo nella società e in questo mondo? Si tratta di una rivoluzione, di una rivoluzione dell’immaginario.
D. Quanto tempo ci vorrà per vederla realizzata?
R. Tanto: penso almeno due generazioni.