Nicola Boidi
Una tragedia nell’etico. Su Bibbiano, La Bassa Modenese e dintorni.
«E’ bello per me morire in questa impresa. Cara a lui che mi è caro giacerò, per un santo crimine: perchè ben più a lungo dovrò essere cara ai morti che ai vivi. Laggiù infatti riposerò per sempre; ma, se credi, disonora ciò che fra gli dei ha onore».
Antigone , Sofocle, vv 73-77.
« L’adozione provvisoria o definitiva che sia di un minore, è sempre una tragedia; almeno si tratti di una tragedia necessaria».
Francesco Morcavallo, avvocato civilista, ex giudice del tribunale minorile di Bologna.
E’ possibile ricondurre particolari fatti di cronaca nera , saliti alla ribalta mesi or sono, sotto il nome dell’inchiesta giudiziaria Angeli e Demoni sul comune di Bibbiano, sotto il concetto filosofico , coniato a suo tempo da Hegel, di «una tragedia nell’etico»? E , analogamente,vi potrebbero essere ricondotti altri fatti più lontani nel tempo , risalenti a vicende di oltre un ventennio fa , relativi ad alcuni comuni della Bassa modenese ( Somma finalese e Mirandola), fatti riemersi come da un oscuro, minaccioso e inquietante passato, e riportati alla luce dalla paziente e meticolosa inchiesta giornalistica intitolata dal suo autore, Pablo Trincia, Veleno?
Potremmo anticipatamente rispondere in modo affermativo, sottolineando che ciò che è in gioco in queste vicende , riportandole alla prospettiva più ampia del filosofo tedesco, è il vitale rapporto tra individuo e comunità, rapporto decisivo nel campo dell’etica. Ma , per comprendere meglio la posta in gioco, rammentiamo dapprima i fatti in questione.
Angeli e demoni è il nome che ha assunto l’inchiesta giudiziaria avviata dalla procura della repubblica di Reggio Emilia ormai più di un anno fa e che riguarda l’insolito numero di affidi di minori determinato da un corrispondente numero di segnalazioni di abusi su minori da parte dei servizi sociali della Unione Val d’Enza, un distretto del reggiano composto da sette comuni e facente capo al comune di Bibbiano.
L’«affido » è un importantissimo e delicatissimo istituto giuridico-sociale, che consiste nell’allontanamento di un minore dalla propria famiglia di origine nel caso di una constatazione oggettiva di avvenute violenze o addirittura abusi di natura sessuale da parte di uno o più dei propri famigliari, in particolare da parte di uno o di entrambi i genitori. Si tratta evidentemente, o si dovrebbe trattare, di una decisione per causa di forze maggiori, di una necessità dolorosa ma imprescindibile. In questi casi è in gioco, o perlomeno dovrebbe esserlo, la salvaguardia dell’integrità fisica e morale o psichica della persona, e nella fattispecie di un soggetto debole e indifeso quale è un bambino o adolescente. L’affido è di conseguenza una sorta di assegnamento in adozione provvisoria a una famiglia affidataria del minore, in attesa che la situazione nella sua famiglia di origine venga chiarita o risolta in modo determinato e certo.
L’affido avviene per decisione di un tribunale dei minori su segnalazione però dei servizi sociali locali, gli assistenti sociali, e degli psicoterapeuti di riferimento. Nei casi in fattispecie relativi a Bibbiano e dintorni, il numero di fascicoli aperti per abusi su minori su segnalazione di assistenti sociali e psicoterapeuti di quel comprensorio, negli ultimi due anni raggiungeva l’elevato , anomalo ammontare di 70.
Dai sospetti suscitati da questo numero anomalo presso la Procura della Repubblica di Reggio Emilia e dalle conseguenti intercettazioni telefoniche ambientali autorizzate dalla medesima, sarebbe emersa una realtà relativa a questi procedimenti di natura socio-assistenziale che lo stesso procuratore capo della procura di Reggio Emilia Marco Mescolini ha definito« umanamente devastante».
In tutti i casi ( dieci in tutto) di minori dati in affido, presi in oggetto dall ‘indagine giudiziaria, dalle intercettazioni telefoniche e dalle carte delle relazioni di assistenti sociali e psicoterapeuti, emergerebbe una sorta di copione comune: tutto inizia con una segnalazione, che in alcuni casi parte dai parenti del bambino o della bambina, in altri dagli insegnanti del minore, ma che secondo l’ordinanza giudiziaria poteva riguardare “comportamenti interpretabili, e di fatto interpretati puntualmente dagli assistenti sociali e psicologi indagati, in termini di erotizzazione precoce”. Una frase ambigua , un disegno ritenuto rivelatore o un comportamento giudicato anomalo erano sufficienti a mettere in moto la macchina dei servizi sociali, un processo che nella maggior parte dei casi culminava con un provvedimento di allontanamento del minore. Per allontanare un minore dal nucleo familiare , come detto, è necessario un provvedimento disposto dal Tribunale per i minorenni che si serve di un indagine psicosociale che la procura minorile affida al servizio sociale competente, deliberando poi collegialmente. C’è anche la possibilità di ricorrere, da parte dell’assistente sociale, a un intervento urgente di messa in sicurezza del minore ai sensi dell’articolo 403 del codice civile– secondo le indagini , molto utilizzato dai servizi sociali dell’Unione Val d’Enza – ma anche in questo caso è necessaria la convalida del Tribunale dei minorenni.
Quale grado di veridicità potevano avere le relazioni con cui i servizi sociali decidevano le sorti dei minori? Per gli inquirenti nullo, evidentemente, se i capi d’imputazione da loro mossi, sulla base del complessivo materiale d’indagine da loro raccolto, contemplavano: frode processuale, depistaggio,testimonianze dei minori false o volutamente decontestualizzate, omissioni colpevoli e manomissioni vere e proprie, fino alle lesioni personali per i traumi provocati ai bambini . Queste accuse hanno portato il Tribunale dei minori di Bologna a considerare il suo ufficio” parte offesa, in quanto depistato e frodato, al pari dei minori”.
Di conseguenza, in seguito a quella ordinanza giudiziaria , il Tribunale dei minori di Bologna ha deciso di rimettere mano a tutti i procedimenti partiti su segnalazione dei servizi sociali oggetto dell’indagine, ricontrollando circa 70 fascicoli prodotti in appena due anni.
Secondo l’ordinanza d’incriminazione, tutte le storie messe in scena da assistenti sociali e psicoterapeuti erano orientate «a rappresentare il nucleo familiare come inadatto alla permanenza del minore ,avvalendosi di accuse costruite ad arte , virgolettati inventati», e, in almeno un caso, « di un disegno modificato in modo tale da rafforzare l’ipotesi di un abuso».
Dopo l’allontanamento, i minori venivano destinati a una struttura pubblica,la casa famiglia La Cura, assegnata però in gestione a una onlus privata, la Hansel e Gretel di Moncalieri. E’ presso questa struttura che, secondo le indagini, sarebbe avvenuta un ulteriore contaminazione delle storie personali dei minori coinvolti, attraverso un metodo di ascolto in grado di modificare gli stessi ricordi dei bambini. Nelle carte della procura si legge che avvenivano «significative induzioni , suggestioni, contaminazioni» che «rischiano fortemente di contribuire alla costruzione di falsi ricordi».
Questo stesso metodo, pratica o tecnica psicoterapeutica di ascolto e di colloquio era stata al centro, qualche anno fa, dell’inchiesta giornalistica Veleno, il podcast in sette puntate( poi riprodotto in libro) realizzato da Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, che riapriva il caso giudiziario dei Diavoli della bassa modenese. Questo fu il titolo di un inchiesta giudiziaria che tra il 1997 e il 1998 allontanò dalle loro famiglie sedici bambini di Massa finalese e Mirandola, comuni della bassa modenese,su segnalazione dei servizi sociali locali. Anche lì assistenti sociali e psicoterapeuti applicarono quella tecnica di ascolto, fortemente minoritaria all’interno della comunità scientifica internazionale, considerata “altamente suggestiva” per il rischio di impiantare falsi ricordi.
E’ dunque una tecnica che, in entrambi i casi in questione, non rispetta le linee guida della Carta di Noto per« l’esame del minore in caso di abuso sessuale», e preferisce rifarsi a quella dottrina psicoanalitica preconcetta secondo cui ogni segno di disagio dei bambini è un sintomo di loro precoce erotizzazione e secondo cui«i bambini non mentono mai». Tra i principali sostenitori di questa dottrina alternativa c’è l’associazione privata Cismai, di cui il centro studi Hansel e Gretel ha fatto parte fino al 2015, e, come sottolinea Trincia, le psicologhe che avevano interrogato i bambini protagonisti di Veleno, provenivano proprio dall’ Onlus piemontese.
Nel più lontano caso delle vicende della Bassa Modenese le rivelazioni ottenute dai minori da parte di psicologi e assistenti sociali di presunti maltrattamenti e abusi sessuali portavano molto più in là : ricostruivano tutta una rete e setta di pratiche e rituali pedofili e satanici che sarebbero stati compiuti nei cimiteri locali, rituali in cui bambini e adolescenti sarebbero stati abusati, torturati, violentati e uccisi, fatti di sangue di cui però nessun riscontro oggettivo risultò agli atti dei processi intentati nei confronti dei genitori. Fatto sta che bastarono i cosiddetti incidenti probatori delle registrazioni delle interviste, colloqui e rivelazioni compiute dai minori, per determinare condanne penali pesantissime in primo e secondo grado di giudizio processuale, condanne che colpirono venti persone; una mamma a cui era stata sottratta la figlia finirà morta suicida, (scriverà prima di compiere il gesto estremo “Sono innocente”), altre persone cadranno morte o colpite da malori (come il parroco don Giorgio Govoni, accusato di essere il leader di questa “setta”).
Una storia dai contorni inquietanti, al punto che nel tempo intercorso da allora i gradi di giudizio o processi sono saliti al numero di cinque , e nei gradi successivi ai primi due alcune delle persone condannate in primo o secondo grado sono state riconosciute innocenti, anche se nel frattempo alcune di loro o sono morte in carcere o hanno trascorso un lungo periodo di detenzione nelle patrie galere. Sono tutt’ora in corso richieste di riapertura dei processi da parte dei legali delle famiglie coinvolte nella vicenda.
Le conseguenze per i minori e le loro famiglie d’origine, in seguito all’ operato di assistenti sociali e psicoterapeuti nei casi in esame, operato sulla cui base i giudici dei tribunali minorili competenti hanno formulato le loro sentenze giudiziarie,hanno mostrato gradi di gravità e drammaticità differenti nei due casi.
Ma gli elementi che accomunano i due casi in questione sembrerebbero non essere limitati solo a tali casi e non essere episodi sporadici, se è vero che segnalazioni analoghe provenienti da più parti, da familiari di minori dati in affidamento e da avvocati civilisti di parte , indicano il manifestarsi di tali fenomeni«anomali» in diverse località d’Italia.
In particolare l’ avvocato civilista Morcavallo, ex giudice del tribunale minorile di Bologna, l’avvocato Miraglia, difensore di altre famiglie coinvolte in analoghe vicende , e l’avvocato Gianfranco Amato, membro di un pool di avvocati, Giuristi per la vita, segnalano ad es. che istituzioni preposte a vigilare sull’applicazione rigorosa e imparziale della legge sugli affidi, i Garanti regionali per l’Infanzia, non sempre adempiono al loro compito. Inoltre i collegi giudicanti dei tribunali dei minorenni solo in minima parte sono composti da giudici veri e propri, mentre in gran parte sono costituiti da giudici onorari( 1082 in Italia). I giudici onorari sono per lo più medici, psicologi, assistenti sociali, sociologi.
I magistrati sono solo 196. Il rapporto è di 1 a 6. Si configura una situazione diffusa di conflitto d’interessi perchè una quota importante di questi giudici onorari gestiscono delle case di cura o di accoglienza dove vanno poi affidati i bambini in attesa di famiglia affidataria. L’avvocatessa Cristina Franceschini qualche anno fa ha censito , caso, per caso, tribunale per tribunale quanti erano in Italia i conflitti d’interesse o le incompatibilità che riguardavano i giudici onorari in quanto contemporaneamente coinvolti nella gestione di case famiglia di affidamento di minori.
Sul totale di 1126 Giudici onorari ben 211 presentavano questa anomalia. Vi è qui una buona e una cattiva notizia allo stesso tempo : la buona notizia è che la grande maggioranza dei collegi giudicanti i casi di minori hanno agito in buona fede; la cattiva notizia è che per circa un quinto di questi collegi c’è il fondato sospetto che tali procedimenti non siano avvenuti in maniera limpida e cristallina. Ci ricorda la pedagogista Vincenza Palmieri che la legge sull’affido approvata nel 2001, secondo cui l’affido« in teoria» non può superare i 2 anni, fu preceduta da altre due leggi altrettanto importanti. La legge fatta approvare da Livia Turco nel 1997, aveva l’ottima finalità di attivare anche nei piccoli comuni un finanziamento dello Stato a sostegno delle famiglie in difficoltà.
Congiuntamente a questa legge fu approvata però anche la riforma del servizio socio-assistenziale in Italia, una riforma del 2000 che istituiva in ogni comune il servizio socio-assistenziale, i servizi territoriali. Ma per reclutare il personale necessario a coprire i servizi sociali e di psicoterapia di sostegno per ogni piccolo comune il legislatore varò una variante di natura pratica: si concedeva ai piccoli comuni di convenzionarsi con cooperative e con privati allo scopo di offrire questo servizio.
Da allora in circa 6.000 piccoli comuni italiani il servizio di tutela dei minori fu devoluto ai privati, fu privatizzato. Si è costituita una sorta di filiera che prevede un primo livello di cooperative di assistenza sociale; a questo primo livello se ne affianca un secondo livello di cooperative di assistenza psicoterapeutica, costituito da psicologi, neuropsichiatri, psicometristi, etc. che devono valutare sia il disagio del minore preso in esame che l’idoneità genitoriale dei suoi genitori e parenti più stretti; segue il terzo livello delle cooperative dell’educatore genitoriale; vi è infine il livello delle cooperative delle case famiglia o centri religiosi di accoglienza di minori in attesa di affido. Ci ricorda la Palmieri che questo sistema o filiera di devoluzione al privato della tutela dei minori di famiglie in difficoltà o presunte tali crea un giro di finanziamenti pubblici a livello nazionale di circa 5 miliardi di euro, assommando il numero di affidi, «legittimi o meno» in Italia, una cifra intorno ai 50.000.
Chi legge queste righe si renderà conto che abbiamo qui solo grattato la superficie del iceberg delle problematiche del sistema affidi in Italia; non è nostro intento approfondire ulteriormente l’indagine in merito,indagine che valorosi e coraggiosi giuristi, psicologi, pedagogisti , sociologi e giornalisti stanno portando avanti da anni, e qualunque sarà l’esito del dibattimento processuale di Bibbiano,gli elementi oggettivi emersi in quel caso e in altre vicende analoghe sparse per l’Italia, mettono in evidenza la dimensione della questione. L’intento che qui si vuole perseguire è cogliere in tale fenomeno, qualunque sia la sua dimensione effettiva, lo Zeit geist,«lo spirito del tempo».Gli elementi che abbiamo qui riportato sono comunque tali che già fanno intuire che cosa potesse intendere per«una tragedia nell’etico », in una prospettiva più generale dei rapporti tra individuo e comunità, il filosofo Hegel quando per primo la formulò e per cosi dire coniò.
Il tema viene affrontato per la prima volta compiutamente da Hegel nella Fenomenologia dello Spirito . Nel capitolo sesto, intitolato Lo spirito, egli ci presenta il suo ideale di«eticità naturale » quale realtà effettiva della vita etica, che nella sua immediatezza è la vita etica di un popolo. E’ il modello dell’eticità dell’antica polis greca vagheggiato non solo da Hegel ma da tutti gli idealisti classici e i protoromantici tedeschi . Tale vita etica immediata o naturale comprende il rapporto tra i sessi, la famiglia, il popolo appunto e la comunità delle antiche poleis in generale. Questo ideale classicistico dell’eticità del mondo greco antico trova uno snodo fondamentale della sua rappresentazione nella tragedia sofoclea Antigone , per cui si potrebbe parlare anche in termini rovesciati di« etico nella tragedia classica».
L’Antigone viene assunta da Hegel come il luogo in cui si rappresenta tanto lo sviluppo dell’eticità antica quanto il suo punto di rottura, il suo andare in crisi. I protagonisti della vicenda , la fanciulla Antigone e il re di Tebe Creonte, diventano infatti le personificazioni del dividersi della sostanza etica dello spirito elevata a coscienza in due masse, ciascuna delle quali però avvoca a sè l’intera eticità o l’etica dell’assoluto: la massa«patriarcale » della legge umana impersonata dall’uomo, il re Creonte che pone per legge il divieto di dare sepoltura al fratello di Antigone, Polinice, e la massa«matriarcale » della legge divina personificata dalla donna, Antigone stessa, mossa dalla pietà fraterna a voler contravvenire a tale divieto.
La prima è la legge del giorno o legge nota, il costume dato, il governo dello Stato. La seconda è invece la legge del regno delle ombre perché esprime la continuità della famiglia, i« penati», al di là dell’esistenza fisica o delle attività politiche e sociali dei suoi membri; essa afferma la legge dei legami di sangue. Lo scontro tra i personaggi avrà conseguenze tragiche proprio perchè essi aderiscono completamente, come caratteri, alle leggi da loro personificate, e non costituiscono delle moderne coscienze soggettive travagliate da conflitti interiori tra principi diversi. Nella prospettiva di Hegel una coscienza soggettiva moderna dovrebbe trovarsi dilaniata o divisa interiormente tra questi due principi, tra queste due leggi, la legge di cittadinanza, di diritti e doveri della persona formale giuridica, e la legge naturale, immediata e spontanea, dei legami, affetti e rapporti familiari.
Invece i personaggi tragici, in quanto caratteri o maschere, aderiscono completamente alla loro rispettiva legge di riferimento. La posizione di ciascuno dei due caratteri è vista dall’altro come qualcosa di semplicemente negativo e incomprensibile. Così Antigone vede in Creonte una forma di prepotenza e violenza sotto forma d’imposizione di leggi, mentre Creonte vede in Antigone una semplice manifestazione di capriccio femminile. La tragedia è data dal fatto che la legge della città e quella del cuore non possono integrarsi tra di loro ma debba compiersi l’azione che comporta una loro reciproca esclusione; tale azione si configura di conseguenza come« destino». L’opera del destino consiste dunque nell’assumere in modo assoluto il proprio principio e nell’escludere il principio opposto come un nemico, da cui la sofferenza che ne deriva diventa la prova di una colpa.
La consapevolezza del significato del conflitto tra le due leggi rimane oscura ai personaggi tragici ( in termini moderni potremmo dire che il significato sia il seguente: non può esistere un’etica assoluta o totalitaria che rivendichi per sè l’intera sostanza etica, nè quella formale della politica, nè quella familiare dei legami di sangue). Per lo Hegel della Fenomenologia dello spirito quando sopravviene la consapevolezza del significato del conflitto tra le due leggi è perché entrambe sono già perite e tramontate, e con il loro tramonto hanno portato a quello della bella eticità antica.
Nella prospettiva storica di lungo periodo Hegel vede il tramonto dell’eticità antica, dettato dalla colpa e dal destino,avvenire sotto la forma di un azione individuale disgregativa che si connota o si trasforma in frammentazione della sostanza etica in una pluralità atomistica di persone regolate da uno Stato giuridico che ne riconosce l’universalità astratta. Si tratta dello Stato del diritto personale o formale, che va storicamente dall’antico diritto del Cives romano al moderno diritto del citoyen della Rivoluzione francese , codificato poi definitivamente dal codice napoleonico. Questo Stato giuridico, nell’interpretazione di Hegel, prevede la dispersione atomistica delle persone , a cui, come esito finale del processo politico tanto dell’antica repubblica romana, che della moderna repubblica rivoluzionaria francese, per contrappeso si propone la concentrazione di tale condizione formale in una« persona assoluta», il« signore del mondo», che si oppone come forza negativa a« tutti» mostrando la sostanziale vuotezza della loro singolarità( da Augusto a Napoleone).
Nella più matura opera Lineamenti di Filosofia del diritto Hegel cercherà una soluzione o sintesi dialettica al conflitto tra la sostanza etica della famiglia e la sostanza etica della società civile degli individui, citoyen pubblici e hommes privati allo stesso tempo, in un modello di Stato nazione che contempli , per così dire, il meglio delle due eticità e moderi o escluda del tutto la« tragicità destinale» dell’assunzione assoluta di uno dei due modelli.
Infatti l’opera, suddivisa in tre parti – Il diritto astratto, La moralità, L’eticità – vede il traguardo della liberazione del soggetto nell’Eticità, come campo di relazione concreta tra individuo e comunità, nelle cerchie relazionali della famiglia, della società civile , dello Stato.
La famiglia per Hegel è il momento naturale e immediato dell’eticità,guidato dal sentimento amoroso tra i coniugi, , ma dove il rapporto tra i sessi si trasforma in amore autocosciente, cioè in consapevole realizzazione concreta di un unione che non è un contratto ma semmai l’uscita dal punto di vista della personalità singola, che è invece il punto di partenza di ogni rapporto contrattuale privato( di ogni rapporto dentro la società civile). Qui la specifica figura dello«spirito oggettivo » che deve essere il traguardo dell’eticità nel suo complesso, viene così formulato da Hegel:« il punto di vista oggettivo è il consenso libero delle persone a costituire una sola persona, ad abbandonare la propria personalità naturale e singola in quella unità, la quale da questo aspetto è un autolimitazione ; ma essa acquistando nell’autolimitazione( all’astrazione del soggetto che è l’individualità , ndr, ) la sua autocoscienza sostanziale, è appunto la sua liberazione».
Di conseguenza la natura etica della famiglia si articola nel matrimonio, nel patrimonio della famiglia e nell’educazione dei figli. La procreazione, educazione e crescita dei figli è il momento dell’eticità familiare che conduce a un tempo al compimento e alla disintegrazione della famiglia, con la formazione o ( potremmo dire) il ritorno a nuove persone giuridicamente autonome ( l’homme e il citoyen) della società civile, ossia di un sistema atomistico di rapporti particolari ed estrinseci.
En passant vediamo dunque come niente di più lontano vi possa essere dalla concezione etica della famiglia in Hegel di quella ideologia dell’associazione piscoterapeutica Cismai che vede invece necessariamente sempre i rapporti familiari come potenziale sentina di vizi, di perversione di rapporti affettivi in precoce erotizzazione del fanciullo, un ambito familiare sempre e comunque da indagare come luogo potenziale di abusi sessuali e di rapporti violenti.
La società civile, da cui provengono gli individui che si costituiscono in famiglia e a cui ritornano i nuovi individui frutto di quelle relazioni sessuali tra i coniugi, riceve anch’essa il riconoscimento di uno statuto specifico di eticità, di campo relazionale tra individuo e comunità, ma , ancora una volta in Hegel, di un’eticità relativa, circoscritta.
Si tratta di un ‘eticità del tutto particolare, quella dettata al primo livello dal« sistema dei bisogni», e cioè di un sistema di rapporti economici e sociali particolari , estrinseci e egoistici, che Hegel chiama « sistema dell’atomistica» dandone la seguente definizione:« :«Nella società civile ciascuno è fine a sè stesso, ogni altra cosa per lui è nulla. Ma senza il rapporto con gli altri, esso non può conseguire l’ambito dei suoi fini: pertanto questi altri sono mezzo al fine del particolare: ma il fine particolare, mediante il rapporto con gli altri, si dà la forma dell’universalità e si appaga, poichè esso insieme , appaga nello stesso tempo il benessere altrui….La particolarità , limitata dall’universalità, è unicamente il modo con il quale ogni particolarità promuove il proprio benessere».
Recependo in una certa misura la prospettiva dell’economia politica di Adam Smith, Hegel vede nella società civile come sistema dei bisogni l’operare raziocinante e strumentale dell’intelletto nella rete di rapporti che derivano dai bisogni e dagli interessi. E’ già presente qui l’intreccio della società come dipendenza reciproca degli individui per la soddisfazione dei bisogni attraverso una loro preventiva moltiplicazione, differenziazione e sofisticazione.
Lo strumento per ottenere ciò è il lavoro quale mezzo di educazione degli individui, e in sovrappiù la divisione sociale del lavoro con una sempre maggiore specializzazione e la possibilità che l’uomo venga sostituito dalla macchina. L’egoismo soggettivo si rovescia così necessariamente nel contributo della persona all’appagamento dei bisogni altrui, che non si risolve in una pura e illimitata frantumazione sociale ma , al contrario, trova dei contenitori di aggregazione nelle«classi » sociali. In questo campo sociale legge fondamentale è quella del diritto alla proprietà privata.
E’ qui che la società civile si trova già in sè intrecciata, anche in maniera conflittuale, con il terzo stadio dell’eticità, lo Stato politico, che si manifesta come esterno e come Stato della necessità e dell’intelletto rispetto alla società. Infatti perchè il sistema di dipendenza onnilaterale dei bisogni economici e dei rapporti sociali riconosca l’individuo come persona universale di diritto, homme privato e citoyen pubblico allo stesso tempo( in maniera dicotomica), e il diritto alla proprietà privata sia sanzionato come sua legge fondamentale, esso necessita di essere regolamentato da parte delle istituzioni pubbliche o statuali dell’amministrazione della giustizia ( della giustizia civile o penale), della polizia , e dei corpi intermedi della società delle corporazioni( che noi oggi chiameremmo sindacati).
La giustizia rappresenta la restaurazione del diritto di una«cosa universale» – l‘homme e le citoyen – rispetto alla sua lesione in casi particolari, da parte di un ‘autorità ; la polizia costituisce quel complesso delle attività dello Stato che intendono garantire protezione e sicurezza allo sviluppo degli interessi privati e alla soddisfazione dei bisogni collettivi; la corporazione invece ha la funzione di promuovere positivamente la realizzazione di tale complesso di interessi e bisogni.
La corporazione è così per Hegel la«seconda radice etica dello Stato», dopo la famiglia, in quanto unifica i momenti che inizialmente nella società civile si sono scissi, e in questa unificazione il benessere particolare sussiste come diritto e come realizzato. Parrebbe qui che lo Stato politico possa per Hegel confondersi con la società civile , con le istituzioni pubbliche che realizzano e proteggono la proprietà privata e la libertà formale della persona, per cui l’interesse degli individui in quanto tali sarebbe il fine estremo per il quale sono uniti. Se così fosse la partecipazione allo Stato o comunità politica sarebbe soggetta all’arbitrio e al piacere personali ( nei casi di«devianze istituzionali» da noi in questo luogo richiamati le istituzioni pubbliche sarebbero costitutivamente, nella loro propria natura, soggette all’ideologia, ai desideri e agli interessi affaristici di potenti lobbies).
Ma Hegel fuga ogni possibile interpretazione in tal senso, osservando che :« Lo Stato ha un rapporto del tutto diverso con l’individuo( con la sua volontà particolare, ndr.); poichè lo Stato è spirito oggettivo( la volontà portata al suo diritto o libertà autentica, cioè alla sua razionalità universale, ndr.) l’individuo stesso ha oggettiva verità ed eticità soltanto in quanto è membro del medesimo».
Per Hegel lo Stato deve essere l’autentica incarnazione dello spirito oggettivo o volontà universale, la realizzazione razionale dell’idea etica. Tale esito può essere solo il frutto di un processo di razionalizzazione della storia. La volontà universale qui richiamata non può di conseguenza venire ridotta a ciò che è in comune tra le volontà singole, che da esse viene riconosciuto, e così è soggetto al loro arbitrio; neppure essa corrisponde alla posizione tradizionalistica e teocratica che si rifà all’individualità non come volontà singola razionale ma semplicemente accidentale, una volontà forte piuttosto che debole.
Hegel respinge qualsiasi concezione atomistica del diritto e della partecipazione alla vita politica , come se dipendesse esclusivamente dagli individui e non fosse invece mediata dalle strutture dell’eticità – famiglia, società civile, Stato – le uniche per cui il singolo giunge ad apparire come membro di un universale. Lo Stato di conseguenza è un ‘organizzazione delle«cerchie» ( familiari , sociali, politiche ed istituzionali) di questi singoli membri , e non degli individui inorganicamente intesi.
La vita dello Stato per Hegel si concretizza in tre momenti: 1) il diritto statuale interno o diritto costituzionale; 2) il diritto statuale esterno o diritto internazionale; 3) la storia del mondo quale realizzazione dello spirito sul piano oggettivo. Per la nostra riflessione sono qui importanti i primi due momenti. Il primo momento considera l’ articolazione dei poteri esecutivo e legislativo, e analizza le diverse forme di costituzione e di governo. Secondo Hegel non bisogna astrattamente porsi il problema della scelta tra le diverse forme di costituzione ma cercare di comprendere storicamente il processo razionale per cui lo Stato è andato evolvendo verso la forma più alta e perfetta di costituzione, incarnata a suo dire dalla monarchia costituzionale.
Nel quadro della sua costituzione lo Stato articola la sua vita nei tre poteri del principe( che svolge un ruolo meramente rappresentativo e di garanzia), del governo( potere esecutivo) e del parlamento(potere legislativo). Ma lo Stato a sua volta costituisce un individuo o persona escludente le altre ( gli altri Stati) ciascuna delle quali è reciprocamente autonoma. Questa è la sovranità dello Stato ancora una volta da distinguere dalla società civile e dai suoi scopi.
Troviamo qui quello che può apparire un tratto dogmatico e astratto della concezione hegeliana dello Stato. Per Hegel infatti non è compito dello Stato difendere in termini assoluti la vita e la proprietà degli individui, ma al contrario sono quest’ultimi che , in quanto membri dello Stato hanno il dovere di difenderne e conservarne la sovranità.
Questa astrazione della concezione della sovranità dello Stato in Hegel, può però trovare due giustificazioni, una interna al suo pensiero filosofico, l’altra nel confronto con gli articoli fondativi della Costituzione della Repubblica italiana.
La prima è relativa alla concezione generale della filosofia del diritto in Hegel . La scienza del diritto in Hegel solo in minima parte coincide con il campo tradizionale del diritto positivo ( quello che Hegel chiama Il diritto astratto o formale) ossia il codice di leggi e norme formalizzato e sanzionato come vigente, a cui ricondurre un corpus giuridico unitario , dal diritto privato,al diritto civile e penale, al diritto pubblico. Per Hegel il diritto è la scienza della libertà della volontà che a sua volta solo in minima parte, al suo stadio embrionale e primitivo, coincide con la volontà dell’individuo; nella sua essenza si tratta invece della libertà del soggetto, che coincide con lo spirito oggettivo o eticità. Ci dice Hegel che da una parte il movente della libertà è innato già al livello della volontà dell’individuo, ma che, dall’altra parte, la stessa volontà non è più riducibile al solo complesso psicologistico di pulsioni ,istinti, passioni, sentimenti e affetti.
La libertà come stella polare della volontà si può dare solo in un processo storico della sua «liberazione», ossia di razionalizzazione delle istituzioni sociali , economiche , politiche e giuridiche dell’uomo, e solo questa complessiva architettura storica è la libertà o volontà in sè e per sè, dunque universale, ma in senso oggettivo ( di istituti concreti del processo storico dell’umanità) e non in senso meramente soggettivo o di universalità astratta e formale.
Potremmo dire che la libertà del soggetto per Hegel coincide con la sostanza oggettiva della volontà individuale, dunque con l’ossimoro per cui il singolo o individuo è sè stesso solo fuori da sè, oltre sè stesso, solo così egli diventa soggetto. Tale definizione non dovrebbe suonare strana o inaudita a chi ha qualche familiarità con i fondamentali della filosofia hegeliana: la sua filosofia dello spirito, si riferisce a quello« spirito » o autocoscienza soggettiva capace di estraniarsi o alienarsi nell’esperienza oggettiva dei processi storici, per poi essere in grado , al termine di tale«erranza dialettica» nel mondo, al culmine del superamento delle esperienze contraddittorie del processo storico , di recuperarsi e«ritornare in sè o al sè» della padronanza soggettiva.
Si tratta dunque dell’ aprirsi dell’autocoscienza metafisica a una sua propria origine processuale , a una sua costitutiva alienazione o all’ «essere autocoscienza al lavoro o in divenire». Sul concetto dello spirito, la stessa Filosofia del diritto di Hegel , in un celebre passo della sua Prefazione, ribadisce che :« La forza dello spirito è grande quanto la sua estrinsecazione; la sua profondità è profonda soltanto in quella misura secondo la quale esso ardisca di espandersi e di perdersi( alienarsi da sè, ndr.) mentre dispiega sè stesso ».
Anche Hegel si pone l’antico compito filosofico della conoscenza di sè( il«conosci tè stesso») , ma questo per lui può avvenire solo tramite la trasposizione verso l’esterno della soggettività. La soggettività deve essere manifestata, non deve essere o rimanere un tessuto interiore sia pure capace di esistere come tale.
Il diritto in Hegel non sfugge a questa concezione generale. La liberazione o razionalizzazione concreta della volontà, che ha il soggetto autocosciente come sua meta ( nel campo dell’etica lo« spirito oggettivo»), si sviluppa progressivamente, mediante il metodo della negazione dialettica, a partire dal complesso della volontà individuale, che di tale sviluppo costituisce solo il primo gradino, il grado inferiore del libero arbitrio o giudizio, un grado in sè ancora contraddittorio, poichè da un lato astrae come libera riflessione da tutto, ma dall’altro lato è ancora dipendente dal materiale o contenuto della volontà dato esteriormente o interiormente( costituendo così una relazione dualistica con tale materiale).
La realizzazione del diritto s’incammina dunque attraverso i suoi tre stadi o gradi interni al soggetto.Lo stadio del Diritto astratto dell’individuo homme privato e citoyen pubblico corrispondente all’individuo atomistico dei rapporti economici e sociali. Sorge poi , per negazione dialettica del primo, lo stadio della Moralità, corrispondente alla filosofia morale kantiana, in cui la volontà nega la sua natura pulsionale particolare e individuale, si riflette in sè stessa come ragione universale ma ancora formalistica e astratta, come legge dell’interiorità autonoma e indipendente, in cui la soggettività si sente formalmente libera in quanto astratta e distaccata da ogni oggetto materiale o empirico, e qui enuncia il principio moderno della libertà.
L’assunzione della natura universale della legge interiore o morale ( la formulazione e assunzione di postulati, assiomi, principi e imperativi categorici) fa sì che la volontà si senta soggettività che si autodetermina, e sia in modo innato portata all’astrazione, al contrasto con la natura particolare del soggetto, con i suoi fini e i suoi interessi, con la ricerca del loro appagamento, e dunque con la loro felicità relativa. L’imperativo del dovere morale però, osserva Hegel, non necessariamente deve essere un compito spiacevole e opposto agli impulsi, proprio perchè, contrariamente al rigorismo morale, non ci deve essere un contrasto di principio tra fini soggettivi ed oggettivi, contrasto affermato solo dall’intelletto astratto. Una coscienza morale astratta, separata dal contenuto che essa deve realizzare, non può in alcun modo derivare tale contenuto da criteri puramente formali. Essa non è ancora il soggetto autenticamente autocosciente e libero.
Esso si affaccia solo là dove benessere oggettivo e soggettività ( legislazione universale dell’intelletto) s’integrano come autenticamente universali, nella sintesi tra il bene come fine assoluto e la coscienza morale. Da qui il sorgere necessario del terzo stadio della liberazione dell’autocoscienza soggettiva, lo stadio dell’ Eticità o spirito oggettivo.
L’ Eticità è dunque la piena liberazione del soggetto o l’ autocoscienza oggettiva , nella sua trascorrenza tra le potenze etiche del mondo storico della Famiglia, della Società civile e dello Stato quale sintesi o conciliazione delle prime due. Da qui deriva la prima giustificazione della dogmatizzazione hegeliana del concetto della sovranità dello Stato quale principio assoluto. La seconda , come accennavamo in precedenza, la possiamo derivare invece dal confronto con gli articoli fondativi della Costituzione della Repubblica italiana . In particolare richiamando l’ Articolo 1 ,la dove si dice:«L’Italia è una repubblica democratica….La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione» dove si dichiara che il popolo è il sovrano dello Stato italiano e che delega l’esercizio di tale sovranità ai principi scritti ( la Costituzione) e alle istituzioni dello Stato stesso.
Una sovranità democratica, e cioè sullo Stato e dello Stato a un tempo. Senza la sovranità dello Stato, affermata in tutta la sua sacralità dall’Eticità hegeliana, non potrebbe esservi nemmeno la più sobria e prosaica , concreta, sovranità del popolo sullo Stato, e cioè la democrazia.
L’eticità hegeliana contempla questa dialettica nella concezione della sovranità dello Stato . Niente potrebbe esservi di più lontano da tale eticità del modello dello Stato totalitario. Infatti uno Stato che negasse al soggetto, hegelianamente inteso, i suoi diritti individuali, sarebbe uno Stato totalitario. Ma , reciprocamente, uno Stato che negasse al soggetto, hegelianamente inteso, la sua natura e i suoi legami innatamente comunitari, a cominciare dalla sua comunità originaria della famiglia per arrivare alla comunità politica, sarebbe uno Stato ugualmente totalitario .
Il primo modello di Stato totalitario è quello che abbiamo storicamente conosciuto nel ventesimo secolo. Il secondo modello di Stato totalitario è quello che si sta affacciando in questi ultimi anni e con cui è urgente che ci familiarizziamo. Non è più un totalitarismo«statolatrico», in nome del partito unico, dell«’ uomo nuovo» o della comunità razzialmente pura. Si tratta invece del totalitarismo dell’individuo astratto, atomistico , irrelato , della monade senza finestre , che si erge a homo hominis lupus nel campo delle relazioni sociali ed economiche, della sopraffazione del più forte sul più debole. In un precedente scritto lo abbiamo definito il« totalitarismo nichilista» del 21° secolo , nichilista perchè fa sprofondare tutto il mondo dei valori tradizionali rendendolo un deserto in cui si afferma l’individuo forte, in realtà maschera ideologica di lobbies , consorterie e cricche di potere . Questo totalitarismo ha anch’esso il suo nome politico e storico, al pari del fascismo, del nazismo o del comunismo; esso si chiama« neoliberismo» quale ultima fase, storicamente data, del liberalismo.
Finalmente, tra le due polarità dell’eticità hegeliana, da una parte, e del totalitarismo nichilistico dall’altra parte, trova la sua piena collocazione l’iniziale definizione di « una tragedia nell’etico» da noi attribuita alle vicende precedentemente narrate. Se istituti sociali e giuridici fondamentali quali quelli dell’assistenza ai minori e alle loro famiglie deviano dalla loro«missione» costitutiva , la pervertono per inseguire ideologie che attaccano il concetto stesso di famiglia tradizionale, o per meri scopi affaristici di lucro, ci troviamo di fronte a fenomeni di« devianza istituzionale», sicuramente riconducibili allo zeit geist del totalitarismo nichilista contemporaneo ( così come lo erano altri fenomeni sociali di«devianza criminale minorile» da noi analizzati in altra sede) . Ma rispetto ai fenomeni sociali le deviazioni istituzionali si presentano con un grado di gravità ancora maggiore che ci obbliga a interrogarci sulla natura dello Stato in cui viviamo.
Mettere in evidenza quelle distorsioni non significa ovviamente rinnegare quegli istituti e la loro funzione fondamentale, o disconoscere i molteplici casi in cui essi adempiono pienamente al loro dovere, ma semmai esortare a vigilare affinchè quelle distorsioni istituzionali non possano più avvenire , anche a costo di riformare nel suo complesso, in tutte le sue componenti, l’istituto dell’affido dei minori in Italia.
Mettersi all’opera culturalmente, socialmente , giuridicamente e politicamente perchè tale situazione sia sanata, sarebbe un prezioso tassello nell’opposizione al dilagare più generale del totalitarismo nichilista. Come ci ricorda l’avvocato Morcavallo :« l’adozione provvisoria o definitiva che sia di un minore, è sempre una tragedia, almeno che si tratti di una tragedia necessaria».
Questo perchè questo tipo di tragedia sia conforme a criteri di eticità e non si tratti invece , nell’accezione hegeliana, di«una tragedia nell’etico».
Bibliografia
Bibbiano e dintorni. Bambini strappati alle famiglie. Uno scandalo annunciato, un cinico «business» da fermare.
Maurizio Tortorella
Veleno , Una storia vera
Pablo Trincia
Convegno: I figli Sottratti, Imola, luglio 2019
Conferenza: ” Angeli e demoni” , parliamo di Bibbiano, Modena , gennaio 2020
Fenomenologia dello Spirito,
G. W. F. Hegel
Lineamenti di filosofia del diritto
G.W. F. Hegel
Soggetto-oggetto, commento a Hegel
Ernst Bloch