Una piccola proposta

per Luca Billi
Autore originale del testo: Luca Billi

Dobbiamo riconoscerlo: l’Italia non ha una vera festa civile nazionale.

Ha naturalmente le feste cattoliche, tutte quelle canoniche come Natale, Pasqua, Carnevale, e anche diverse altre che sono state aggiunte negli anni, un po’ forzando la mano, come l’Immacolata concezione – introdotta da Pio IX in funzione antirisorgimentale – o come santo Stefano e il Lunedì dell’Angelo, introdotte dai governi democristiani del dopoguerra per allungare un po’ le ferie degli italiani. E poi ci sono una miriade di feste locali, che affondano spesso le loro radici nelle tradizioni pagane e sono legate ad un mondo contadino, in cui il tempo era scandito dal sorgere e dal tramontare del sole e dal susseguirsi delle stagioni.

Ovviamente nessuna di queste può diventare festa nazionale perché non siamo tutti cattolici, come invece sembrano credere i nostri politici baciapile, mentre ci siamo anche noi atei e quelli che hanno altre fedi – e altre feste – e perché siamo campanilisti; pensate che solo in Emilia-Romagna abbiamo una dozzina di nomi diversi per indicare la pasta per il pane fritta, figuratevi se possiamo condividere una stessa festa.

L’Italia non ha una festa perché è un paese nato da poco e non bastano 150 anni per fare una nazione; anzi credo che i festeggiamenti per il centocinquantesimo abbiano contribuito a dividerci ancora di più, con la loro esausta retorica.

La Francia ha il 14 luglio, gli Stati Uniti hanno l’Independence day, il Regno Unito ha il Trooping the Colour. In Italia ne avremmo perfino due di feste nazionali: il 25 Aprile e il 2 Giugno, ma non sono mai diventate vere feste, ma soltanto due ghiotte occasioni di vacanza, specialmente quando è possibile “fare il ponte”, una specialità tutta italiana.

I fascisti ovviamente non gradivano festeggiare la Festa della Liberazione, visto che ci eravamo liberati proprio da loro e di loro, e quindi, per non urtare troppo la loro sensibilità, visto che erano tanti, anche se non erano disposti ad ammetterlo, in molti hanno cominciato a considerare il 25 Aprile come una festa “nostra”, ossia una festa dei comunisti – al massimo degli antifascisti – lasciando a noi la gioia – e anche l’onere – di festeggiare. Il 2 Giugno pare ancora più difficile da celebrare, visto che la repubblica ha vinto per un soffio il referendum e, secondo alcuni, solo grazie ai brogli. E poi si trova sempre qualche motivo per criticare questa festa: da qualche anno il tema dominante è la critica alla parata militare sui Fori, ma si tratta evidentemente di un pretesto per non festeggiare.

In sostanza queste sono feste che dividono, mentre le feste nazionali dovrebbero unire. Immagino che ci sia ancora in uno sperduto villaggio della Francia qualche reazionario vandeano che tuona contro la Rivoluzione dell’89, ma il 14 luglio è una festa anche per la grande maggioranza della destra francese, perfino per quella nazionalista, anche se gli ideali della rivoluzione poco hanno a che fare con loro. I Le Pen, padre e figlia, cantano la Marsigliese, con la stessa enfasi con cui la cantiamo noi giacobini, anche se diamo alla parole di quell’inno un significato ben diverso da quello che danno loro. Mentre nella televisione italiana è sostanzialmente – anche se non formalmente – vietato cantare Bella ciao.

Comunque sia, io credo che il problema dell’Italia sia quello che nessuna delle feste civili finora considerate rappresenta davvero il nostro paese. Io ho una piccola proposta che ho maturato negli anni e che adesso ho finalmente l’opportunità di condividere con voi. Anzi voglio cominciare una campagna in rete per sostenere questa mia proposta. Mi è venuta anche una bellissima idea per promuoverla: voglio fare un video in cui, dopo aver descritto la mia idea, mi getto adosso un secchio di acqua ghiacciata, invitando gli altri ad imitarmi. Però non sono sicuro che possa funzionare: mi sembra una cosa troppo sciocca.

In sostanza la mia idea è far diventare l’8 Settembre festa nazionale, il Giorno dell’Armistizio. E’ una data perfetta, che rappresenta il vero spirito di questo paese. Come noto l’armistizio fu firmato alcuni giorni prima, il 3 settembre, ma chi allora governava il paese preferì mantenere segreta la notizia: la prima di una lunghissima serie di bugie dei nostri governanti. Con questo sotterfugio cercarono di barcamenarsi, come avevano fatto nelle settimane precedenti, ma soprattutto prepararono la propria fuga. La ritirata precipitosa del re e del governo, la diserzione scomposta degli alti comandi militari, la disfatta di un’intera classe dirigente che ha pensato soltanto a salvare se stessa: cosa c’è di più italiano di questo colpevole scaricarsi delle proprie responsabilità.

Certo nei giorni immediatemente seguenti all’annuncio dell’armistizio ci furono anche degli atti di eroismo, ma furono pochi, episodi giustamente circoscritti: il nostro non è un popolo di eroi e soprattutto non li ama. Mentre furono innumerevoli gli episodi di viltà, in cui il nostro popolo ha potuto dar prova di meschinità e di bassezza. Quanti furono i fascisti che si finsero all’improvviso antifascisti? Moltissimi; ecco finalmente l’8 Settembre, nuova festa nazionale, potrebbe essere l’occasione per onorare tutti i voltagabbana, gli opportunisti, i trasformisti. E cosa c’è di più italiano della “borsa nera”, che proprio in quei mesi prosperò come non mai? Lì c’è il vero spirito imprenditoriale di noi italiani, e la nuova festa nazionale potrebbe essere anche un insegnamento per l’oggi e e per il futuro: dobbiamo saper riscoprire quelle qualità, quel pelo sullo stomaco, che fecero ricchi tanti italiani.

Un paese smarrito, confuso, senza ordini, in balia delle sue caratteristiche peggiori: questo è stato in sostanza l’8 settembre. Un grande artista ha raccontato quel mondo smarrito e perduto, in uno dei testi teatrali più importanti della nostra letteratura: Napoli milionaria.

E troppo spesso sembra che quella fuga disordinata, per salvare il salvabile, continui ancora, tra i pochi che fanno il proprio dovere, nonostante tutto, e i moltissimi che si fanno sempre gli affari loro, che si arrangiano come possono, che danno sempre la colpa agli altri, che chiudono un occhio, che pensano di avere tutti i diritti e non non hanno mai nessun dovere.

E’ l’8 settembre: tutti a casa. E’ festa nazionale.

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