Di fronte all’enigma della morte ci si dibatte tra pregiudizi e desideri, mentre l’idea è mantenere la visione neutra. Il corpo cadrà ineluttabilmente in balia del mondo esterno e di leggi del tutto estranee all’esperienza interiore. Questo pensiero va formulato nella sua imparzialità e potrà illuminare l’enigma della vita, l’essenza della morte potrà informarci sulla vita. Quindi non si tratta di ciò che l’anima senta come desiderio ma di ciò che il corpo ci riveli. E il corpo fisico è tratto dal mondo esterno. I miei 70 kg di peso che la bilancia indica sono una miriade di sostanze aggregate saggiamente, sono il mio veicolo terrestre, sono un elemento preso dal mondo esterno aggiunto a me. Alla morte sarò “consegnato” a quelle leggi scientifiche che si studiano al liceo.
Il mondo esterno, dopo la morte, accoglie le sostanze e le forze del corpo, quando queste soggiacciono a leggi proprie della fisica e della bio chimica del tutto indifferenti e neutrali como solo esse sanno esserlo. Pure, furono incapaci di dissolverlo mentre durava la vita. Tali leggi agiscono nei riguardi del corpo in modo simile a qualsiasi altro oggetto. È mai possibile pensare che questo comportamento nei confronti del mio corpo abbia inizio solo con la morte, e non sussista anche ora mentre scrivo? Non sarà che durante la vita il corpo fisico venga preservato dalla distruzione da una poderosa azione cosmica? Debbo allora spingermi oltre, passare i confini della vita, arrivare al tempo in cui non disporro’ più di quello che ora mi fa sperimentare la coscienza ordinaria. Solo dopo la morte si rende evidente e manifesta la partecipazione del mondo esterno al corpo umano, e non trovo insopportabile l’idea che le mie sostanze siano soggette a processi del mondo esterno che non hanno nulla a che fare con la mia vita interiore
La dissoluzione dopo la morte non mi risulta sgradevole, il pensiero che il corpo vada dissolto negli elementi non ha nulla di assurdo. Per il mio proseguire come anima il corpo fisico una volta compiuto il suo corso diviene prescindibile. Le forze che se ne impadroniranno quel giorno per annientarlo sono presenti anche ora, quando mi sento in vita pienamente. Attribuire al mondo esterno una partecipazione diversa a seconda che il corpo sia vivo o morto è semplicemente assurda e va negata. Il corpo vive e risponde al mondo esterno così come risponde all’anima. Per i movimenti del sangue è influente sia il caldo e il freddo, così come lo sono la vergogna o la paura che hanno sede nella anima e che mi fanno arrossire o impallidire.
L’esperienza che facciamo con il pensiero, il sentire e il volere è vincolata naturalmente all’organizzazione corporea e da essa dipende. Ma se pensassi di conoscere la reale vita dell’anima osservandone le manifestazioni del corpo, cadrei nello stesso errore di chi crede che la propria figura sia opera dello specchio che gli è posto di fronte. Questa immagine certamente dipende dalla forma e curvatura dello specchio, se esso è opaco o terso. Ma ciò che essa rappresenta rimanda in ogni modo all’essere che si trova di fronte
La scienza spiega come le leggi del mondo esterno agiscano nell’organizzazione corporea, e ci aspettiamo che penetri più a fondo. Ma ciò non modificherà il modo dell’anima che medita sul proprio corpo. I processi del corpo non sono i generatori della vita dell’anima ma offrono solo lo specchio dove essa si riflette. Approfondire lo studio dei processi corporali è il cammino giusto della scienza, ma l’anima lì sentirà sempre estranei alla sua vita, come quelli che si svolgono nel corpo che si decompone dopo la morte.
FILOTEO NICOLINI
Immagine: REMEDIOS VARO