Un po’ di sana fantapolitica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook
Url fonte: http://www.corriere.it/opinioni/14_agosto_05/anatomia-un-patto-fdf287cc-1c5e-11e4-af0c-e165f39759ba.shtml

di Alfredo Morganti – 5 agosto 2014

Il Patto è più di un patto. È una specie di mutuo sostegno tra i due sottoscrittori. Una reciproca garanzia, che fornisce ad entrambi gli strumenti per governare le proprie parti politiche con una certa tranquillità. Lo scrive Antonio Polito sul Corriere della Sera, oggi, definendo il patto “vero capolavoro politico di Matteo Renzi”. Uno strumento di stabilizzazione del potere, quindi, più che un progetto di riforma. Una stretta di mano, che vale ben più di una mera riforma istituzionale. Semmai questa riforma va letta nel contesto di quella stabilizzazione, come una sorta di tassello istituzionale destinato a lasciare in campo soltanto il PDR e il centrodestra berlusconiano. Uno strumento di conservazione imperitura degli attuali equilibri.

L’osservazione di Polito sulle larghe intese è esplicativa. Renzi nasce come nemico delle grandi intese, ma costruisce poi una grandissima di intesa, un vero e proprio asse di ferro col presunto avversario politico. Un patto in cui gli interessi discordi diventano interessi comuni. Non più una grande intesa, dunque, ma una specie di connubio. Una disinvolta, persino sfacciata, mescolanza di reciproci interessi. È un paradosso solo apparente, solo nel caso si definiscano ‘grandi intese’ entrambi le fasi (quella montiano-lettiana, e questa renziana). Dietro il nominalismo, tuttavia, c’è uno scarto fortissimo: il profilo istituzionale tipico delle grandi coalizioni cede completamente il passo al patto extraistituzionale, alla stretta di mano tra gentiluomini, alla visione comune tra uomini di mondo, che con gli arcani del potere dimostrano di avere una dimestichezza più forte di chiunque altro, a onta del loro antipoliticismo di facciata.

E qui azzardo una ipotesi. Solo un’ipotesi, nulla più. Provate a combinare assieme il Patto così come descritto or ora (connubio di interessi, mutuo sostegno, visione comune), la ‘larga intesa’ che sostiene la riforma costituzionale, i frequenti ‘caminetti’ tra Berlusconi e Renzi, i confini politici che sbandano e si slabbrano continuamente, il ‘saltacarrismo’ della fase, il cinismo anche, i reciproci attestati di stima tra i due, le frasi di Berlusconi su Renzi quale perfetto leader di un centrodestra rinnovato, nonché fuoriclasse della comunicazione (che per Berlusconi è politica tout court), la proposta forse fatta ad Arcore, la prima volta, di lasciar perdere il PD di Bersani e di prendere invece la guida di un grande partito (della rinascita nazionale?). Prendete tutto questo e guardate le cose sotto un’altra angolazione, non la solita dei partiti tradizionali, delle democrazie normali, della classicità istituzionale. Liberatevi dell’idea che vi siano, oggi, partiti davvero distinti tra loro, davvero ‘parti’ autonome operanti dentro il complesso articolato stato-società. Immaginate, inoltre, che sia in corso una grande ristrutturazione politica, dove i vecchi equilibri cedono il passo a nuovi connubi a geometria variabile. Ebbene, detto ciò, vi sembra così azzardato sostenere fantapoliticamente che Renzi oggi è il vero leader del grande partito che va dal PDR a FI? Un partito sui generis, postpartitico, volubile e variabile a seconda dei contesti, ma un partito, sì, una congrega di interessi che regge ai sussulti istituzionali e si ricompatta alla luce dell’idea guida che lo sostiene, simboleggiata dal Patto (nulla di scritto forse, ma molto di sentito): traghettare l’Italia verso una democrazia ‘verticale’, leaderistica, decisionistica, populista. Una rinascita nazionale, appunto?

Ecco, se quel partito esiste, oggi sta preparando l’elezione del futuro Capo dello Stato e presto tenterà di consegnarci una bella e nuova Repubblica di genere presidenziale, nel tripudio generale ovviamente, perché il Popolo se il Capo chiama risponde sempre con giubilo. Be’, se fosse così, tanto di cappello. Ci avrebbero rigirati come calzini senza rendercene conto. Partorendo un futuro che nessuno di noi avrebbe mai voluto, compresi molti degli attuali ed eccitati pasdaran renziani, dalla prima all’ultima ora possibile.
http://www.corriere.it/opinioni/14_agosto_05/anatomia-un-patto-fdf287cc-1c5e-11e4-af0c-e165f39759ba.shtml

questo l’articolo di Antonio Polito sul Corriere della Sera del 5 agosto 2014

Anatomia di un patto

È ragionevole chiedere a Renzi e Berlusconi di rendere pubblico il Patto del Nazareno. Poiché viene evocato costantemente quasi come una fonte normativa, le colonne d’Ercole oltre le quali il Parlamento non può andare, si capisce che qualcuno ne pretenda un testo olografo.

È ragionevole ma ingenuo. Perché il Patto del Nazareno non contienenient’altro che il patto medesimo, politico e personale, tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. I contenuti sono solo una variabile, e infatti cambiano in continuazione, ogni volta che i due contraenti, o loro delegati, vogliano. All’inizio l’Italicum era senza ballottaggio e con soglie rigidissime, poi entrò il ballottaggio, ora stanno per cambiare le soglie, possono rientrare le preferenze fino a ieri vietate, e neanche il Mattarellum può dirsi escluso. La condizione, più volte esplicitata da Renzi, è sempre e solo una: che i due contraenti siano d’accordo.

Dunque il Patto consiste in una promessa di mutuo sostegno tra i due leader: pensate che possano aver messo per iscritto, nero su bianco, «prometto di esserti fedele, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, finché elezione non ci separi»? Più che un patto è una Entente Cordiale : Matteo garantisce a Silvio di conservare agibilità politica e controllo del centrodestra; Silvio garantisce a Matteo lo strumento per disciplinare la maggioranza ogni volta che si agita. Le minoranze di ogni colore ne sono annichilite. Sulla riforma del Senato ha funzionato. Non è escluso che funzioni anche su altro.

Il Patto del Nazareno è – finora – il vero capolavoro politico di Matteo Renzi. È grazie a quell’accordo che riuscì a buttare giù il governo Letta, presentandosi legittimamente al Quirinale come colui che poteva ciò che al predecessore era negato. E finché l’accordo regge, il suo governo può navigare in un Parlamento a maggioranze variabili, che si formano e si sformano senza mai intaccare l’asse vero su cui si regge la legislatura.

Può certo apparire paradossale che Renzi, il quale si era fatto strada proprio criticando le larghe intese, possa oggi governare grazie a una larga intesa d’acciaio. Ma è un paradosso felice. Innanzitutto perché da troppi anni il bipolarismo di guerra impediva le riforme, e poi perché era l’unico modo di salvare una legislatura che sembrava nata morta.

C’è chi dice che il Patto del Nazareno contenga un accordo sul Quirinale. Ma se le cose stanno come le abbiamo descritte è ovvio che lo contenga. La nuova maggioranza istituzionale, composta da Renzi e Berlusconi, è ora abilitata a eleggere il nuovo capo dello Stato. Ed è altrettanto ovvio che, se così sarà, si tratterà di persona non sgradita all’ex Cavaliere: per lui una ricompensa che vale ogni sacrificio.

È dunque inutile cercare nel Patto clausole inconfessabili sulla sorte giudiziaria di Berlusconi, che Renzi non potrebbe e non vorrebbe siglare. Se poi ci fossero, di sicuro non sarebbero scritte. I contenuti del Patto sono inconfessabili solo perché sono sotto gli occhi di tutti. Come la lettera rubata di Edgar Allan Poe. 

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