di Felice Besostri e Enzo Paolini – 27 dicembre 2017
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale celebrerà il 70° anniversario della firma della Costituzione in Senato alla presenza del Presidente Pietro Grasso, che ha messo a disposizione la Biblioteca del Senato in Piazza della Minerva. Al Presidente del nostro Senato bisogna dar atto, che ha mostrato un’alta sensibilità istituzionale per non aver sconfessato l’altro ramo ammettendo il voto di fiducia sulla legge elettorale, cui era contrario.
Il bicameralismo è stato salvato dal popolo italiano, come una risposta razionale a una società politicamente, storicamente e territorialmente complessa come quella italiana, ma non dovrebbe dare segni di schizofrenia e di fattore di ritardo: sulla questione specifica dell’interpretazione dell’art. 72 c. 4 Cost. spetta al Consulta, già investita da un ricorso, di decidere.
Il convegno del CDC sarà un’occasione importante per ricordare quell’evento, ma anche per celebrare la validità della nostra Costituzione Repubblicana, per due volte difesa dal popolo italiana nei referendum costituzionali del 2006 e del 2016, in quest’ultima occasione con una schiacciante maggioranza. Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, che ha promosso e sostenuto il primo e più diffuso Comitato per il NO, ha svolto un’attività preziosa ed insostituibile con i suoi comitati locali per la sconfitta della deforma costituzionale, tuttavia nessuno può arrogarsi da solo il merito della vittoria, il cui merito principale va ai milioni di elettori ignoti che si sono autonomamente recati alle urne.
Non penso soltanto per difendere la Costituzione, nata dalla Resistenza e dalla Liberazione, ma per attuarla garantendo a tutti i diritti costituzionali fondamentali e riducendo le diseguaglianze provocate da politiche economiche e sociali dettate dall’esterno per salvaguardare gli interessi dei gruppi di pressione, che privilegiano in primo luogo i loro interessi e profitti di breve periodo, anche se in contrasto con l’interesse generale della Nazione, cioè del popolo cui appartiene la sovranità. Dovrebbe esserci una formazione politica e se non c’è nascere da un processo costituente, che conosca uno ad uno queste elettrici e questi elettori ignoti e specialmente quei 4.252.000 in più di quelli che avevano votato nelle elezioni europee del 2014.
L’impossibilità di scegliere i propri rappresentanti esclude che gli interessi, le aspettative, le speranze, financo i sogni delle cittadine e dei cittadini siano decisivi per i parlamentari. La funzione diseducativa delle leggi elettorali incostituzionali ha contribuito al distacco del popolo dalle istituzioni e alimentato le demagogie di un populismo becero ed egoista. Grazie all’iniziativa di avvocati e alla sensibilità democratica di pochi giudici la Corte Costituzionale con le sue sentenze n.1/2014 e 35/2017 ha posto fine ad una zona franca del controllo di costituzionalità, quello delle leggi elettorali nazionali e dettato chiari principi, in primis quello della rappresentanza, che è la pietra angolare dell’intero edificio della nostra Repubblica democratica con forma di governo parlamentare.
La stabilità di maggioranze dovrebbe dipendere dall’introduzione a tutti i livelli rappresentativi dall’istituto della sfiducia costruttiva, piuttosto che da premi di maggioranza abnormi e che non potrebbero garantire, né hanno garantito, la coesione di una maggioranza finché vi è, come è giusto, il divieto di mandato imperativo. La strada dei premi di maggioranza è stata apparentemente abbandonata con l’ultima legge elettorale, la 164/2017, che presenta profili di incostituzionalità con il voto congiunto, la confusione tra collegi uninominali e plurinominali e con l’assenza di scorporo: in poche parole non è garantito un voto eguale, libero e personale.
Basterebbe poco per condurre quella legge alla conformità costituzionale, ma dovrà pensarci ancora una volta la Corte Costituzionale, anzi prima di essa ai cittadini, che si rechino a votare almeno con la stessa percentuale del 4 dicembre dello scorso anno e scelgano tra le liste quelle che si sono opposte alla legge elettorale e che sottoscrivano al loro interno e tra di loro un Patto per la Costituzione per la sua difesa e attuazione a cominciare del secondo comma dell’art. 3, che costituisce di per sé un programma di governo, di più un progetto di società più libera e giusta.