di Luigi Altea 16 giugno 2019
In altri paesi tutto comincia, inizia, debutta, o entra in vigore, in Italia invece tutto scatta.
Ieri è scattato il decreto sicurezza bis.
Da noi scattano le offerte promozionali, scatta la stagione dei saldi, scatta la campagna acquisti, scatta il campionato di calcio, scatta il salone del mobile, scatta la settimana della moda, scattano i lavori e scattano le ferie.
In Italia scatta anche l’ora legale, come se dovesse arrivare prima delle altre.
In alcune località del Veneto, ogni anno scatta perfino la sagra della lumaca…
Che cosa ci induce a ripetere ossessivamente che tutto scatta?
Sarà forse l’inconscia aspirazione verso un’energica prontezza, e una rapida determinazione, che avvertiamo essere carenti nelle nostre pigre vite collettive?
Davvero crediamo di essere un popolo di scattisti?
Con un po’ di attenzione dovremmo accorgerci che ogni giorno scatta, invece, il rinvio di un provvedimento, la sospensione di un lavoro, la chiusura di una fabbrica.
Scattano, più tristi i tutti, gli abbandoni scolastici e le fughe verso l’estero dei giovani.
Nel paese del Gattopardo in realtà non scatta nulla, se non a ritroso…
La Sinistra avrebbe avuto bisogno di uno scatto, ha detto un suo dirigente, accortosi che senza uno scatto il quorum non scatta…
Anche l’Italia avrebbe bisogno di uno scatto.
E’ vero, ci sono tanti bellissimi scatti individuali, o di piccoli gruppi di cittadini.
Manca, però, uno scatto collettivo, generale e risolutivo.
Per un paese dove tutto cominci, abbia inizio, e proceda normalmente, in sobria ed onesta naturalezza.
Senza scatti immaginari e farlocchi.