UN INCONTRO TRASCENDENTE A NAPOLI CENTRALE

per Filoteo Nicolini
Autore originale del testo: FILOTEO NICOLINI

UN INCONTRO TRASCENDENTE A NAPOLI CENTRALE

  Sono in attesa nell’atrio affollato di Napoli Centrale. Il mio sguardo è attratto da un bambino piccolissimo. Cammina incerto tra passanti, poi riattacca spedito, guardando ogni tanto indietro, la manina protesa. Un piccolo foulard gli copre la testa dai capelli biondi chiari, veste multicolore, come del resto la famigliola che siede sulla panchina

  Al vederli, mi dico: famiglia numerosa. Un giovane uomo con barba, aspetto nordico, seduto tranquillamente e indaffarato, due giovani donne in piedi, forse sorelle, altri tre bambini. Sono quelli che potrei chiamare generazione di figli dei fiori, se non fosse abusato il termine da tanti anni. Anche loro vestono con colori allegri, senza problemi di moda, vesti larghe e comode e essenziali. Nordici biondi. Hanno una carrozzella aperta, grande come un carrettino, ricolma di cose che trasportano con sé. Nomadi e giramondo, senza un bagaglio formale. Giovani e quieti.

  Ma la mia attenzione è rivolta al piccolissimo che, si vede, deve aver cominciato a camminare da pochi giorni. Procede tra persone e viaggiatori frettolosi, esplorando. Una delle due donne ogni tanto lo guarda appena, ma anche guarda un altro piccolissimo cuginetto che si mette anche lui in moto, stimolato forse dall’ardire del primo. Io rimango a vedere a pochi metri di distanza, rapito dalla inaudita scena, attento a quell’incedere del bimbo, che va letteralmente in giro tra la folla di quella Stazione Centrale, avanti e indietro, un po’ qua un po’ là. Ne rimango incantato.

  L’altra giovane è attenta agli altri bambini, la prima rimane in piedi e ogni tanto osserva, ma letteralmente lascia fare, lascia che il bimbo esplori i suoi primi passi. Laddove madri meridionali si comporterebbero timorose e super protettive, lei non mostra segni di ansia, anzi sembra quasi incoraggiare il piccolo ormai già a una distanza considerevole. Mi dico: ci sono madri tipo chiocce e madri tipo uccello. Le seconde incoraggiano il figlioletto a lasciare il nido e a volare.

 Mentre continuo a contemplare rapito quel esserino che si sposta tra i viaggiatori dell’atrio, mi accorgo di assistere a una metafora visuale del nostro cammino sulla Terra tra altre persone, alcune frettolose, altre attente.

  E mi ritrovo con l’enigma di come si apprende a camminare. Ma no, non si apprende, si comincia, c’è un impulso a mettersi su in piedi, a ergersi, a tenere la schiena diritta. E’ una impresa sbalorditiva, meraviglioso sviluppo dell’essere umano, che poco prima andava a quattro zampe e poi poco a poco si alza, certamente incoraggiato dalla madre, certamente stimolato dalla presenza di una sedia o una poltrona vicina, ma essi sono in fondo solo degli ausiliari di fronte a una sorta di spinta interna, un impulso. Un impulso spirituale.

Fra poco quel bimbo comincerà a pronunciare delle sillabe, comincerà a esercitare la laringe, a svilupparla, a balbettare per imitazione le prime parole, a chiedere nel suo linguaggio le cose di cui sente bisogno. E poi, in una sequenza incessante, comincerà a sviluppare la capacità di esprimere un giudizio semplice, un sì o un no, un primo abbozzo di pensiero.

  E’ una singolare sequenza quella del cominciare a camminare, a parlare, a rappresentare. Si comincia a orientare il piccolo corpo nello spazio per stare in piedi e camminare. Poi si comincia a parlare, a sviluppare l’uso del linguaggio, vitale mezzo di espressione e comunicazione. Poi, di partecipare in un mondo di pensieri e idee. Quando quel bimbo comincerà ad avere coscienza di sé, quando cominceranno i suoi primi ricordi intorno ai due-tre anni, già si sarà compiuto il più saggio lavoro spirituale su di lui. Tutti noi riandando indietro con la memoria a quando eravamo piccoli arriviamo a un punto che segna l’inizio della nostra coscienza marcata dai primi ricordi. Ebbene, prima di quel momento, già avevamo cominciato a camminare, a pronunciare le prime parole, a esprimere qualche semplice giudizio.

  La visione chiaroveggente rivela che approssimativamente nei primi due anni, l’esserino è molto collegato con i mondi spirituali, i quali si estendono e lo avvolgono conducendolo per mano, per così dire. Il chiaroveggente vede l’aura avvolgere la creatura come un meraviglioso potere spirituale. Poi, tra i due e i tre anni, l’aura penetra più profondamente nell’essere, nei momenti della prima coscienza e della prima memoria. Quella saggezza superiore che ha accompagnato il bimbo nei primi anni si va ritirando ed è scambiata, sostituita per la coscienza che nasce, quando il bambino comincia a percepirsi come una individualità. A questo punto il lavoro per così dire è compiuto, il meraviglioso e grande lavoro che mai più si ripeterà nella vita, quello di cominciare a stare in piedi, a parlare, a formulare i pensieri. Lo spirito ha guidato e ha agito nel profondo, ha orientato nello spazio, ha dato forma e espressione alla laringe, ha plasmato il cervello.

La persona più saggia può metaforicamente apprendere dal bambino

Queste riflessioni, mentre continuo a osservare l’intrepido bimbo che ora si riavvicina alla madre e si fa prendere in braccio, queste riflessioni portano lontano. Perché quell’orientarsi nello spazio, quell’alzarsi da terra e quel camminare, sono il primo formarsi di un embrione di volontà. Indicano simbolicamente la via che la creatura seguirà, il suo cammino nel mondo, così ben indicato in quel girovagare nell’atrio della Stazione Centrale. A questo seguiranno le prime parole, il primo sentire e farsi sentire, e quel bimbo prenderà parte alla vita che lo aspetta. E infine, le prime rappresentazioni, il primo pensare, e quel bimbo cercherà da grande la verità delle cose.

Io sono la via, la verità, la vita, come ebbe a registrare Giovanni 14;6 il mistero dello Spirito in azione. Se non torniamo ad essere come bambini…..

La famiglia si è riunita intorno alla panchina, chissà dove vanno. Sempre tanti turisti a Napoli Centrale. Devo ora allontanarmi per prendere il mio treno. Devo ringraziare per aver assistito al più grande mistero della vita nella mia città, nell’atrio di Napoli Centrale, tra persone frettolose. Questa via, questa vita e questa verità sono nel nostro micro mondo le stesse di cui ci ha parlato Cristo. E’ lo Spirito che dirige e guida all’inizio, poi sta a noi.

Questo è una riflessione che ho scritto anni fa dopo una esperienza reale. L’ho ripresa dopo aver letto l’articolo Diventare grandi come i bambini di Tomaso Montanari sul Venerdì di Repubblica del 27/5 nella rubrica Ora d’arte. In esso si commenta il quadro di Giovanni Lanfranco “Visione di Sant’Agostino” e l’incontro tra Agostino di Ippona e l’angelo in veste di bambino che vuole raccogliere l’acqua del mare con una conchiglia, con la lezione che ne segue per Agostino.

FILOTEO NICOLINI

IMMAGINE:  Bambino conduce adulto

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