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di Luca Billi – 17 novembre 2016
I nomi sono importanti. Lo so: per vivere faccio l’ufficiale d’anagrafe e quindi lavoro con i nomi – e i cognomi – delle persone e per diletto scrivo un dizionario. Dare un nome agli animali e alle cose è il primo – e forse l’unico – potere che il Dio guerrafondaio e assai poco misericordioso dell’Antico testamento dà all’uomo. In questa parola, passata in maniera molto simile in praticamente tutte le lingue indoeuropee, riconosciamo la stessa radice che troviamo nel verbo conoscere, perché in qualche modo chiamare le cose significa conoscerle. Nonostante questo penso che forse i nomi – e i cognomi – siano sopravvalutati.
Francamente se avessi avuto un figlio – o una figlia – mi avrebbe fatto piacere che portasse anche il cognome di sua madre, oltre al mio. O anche solo quello di mia moglie: non ho una particolare necessità di conservare il nome della mia famiglia per i posteri. Anzi più passa il tempo più credo avesse ragione quell’antico eresiarca di Uqbar che diceva che gli specchi e la copula sono abominevoli, poiché moltiplicano il numero degli uomini. Comunque, mi fosse successo l’accidente di trasmettere un po’ del mio codice genetico a un’altra persona, avrei considerato più importanti le idee con cui lo avremmo cresciuto – o cresciuta – piuttosto che il nome che sarebbe comparso sulla sua carta d’identità.
Anche se questo complicherebbe non poco il mio lavoro, penso che una persona, raggiunta la maggiore età, dovrebbe avere la facoltà di scegliere il proprio nome, perché in fondo i cognomi ci servono soltanto a conoscere una storia, che in qualche caso vogliamo giustamente ricordare, ma che in qualche altro preferiremmo dimenticare. E quella giovane persona potrebbe anche scegliere di cominciare una storia del tutto nuova, con un nuovo cognome.
Ho sempre ritenuto la legge spagnola su questo argomento decisamente migliore di quella italiana, anche se ovviamente non basta una legge a modificare una cultura e infatti quel paese non è meno maschilista e misogino del nostro. E comunque non si tratta di una legge nata per sancire un principio progressista; tutt’altro: serviva a definire una sorta di “purezza” che doveva essere garantita sia dal padre che dalla madre. Comunque sia quel doppio cognome – che ora pare finalmente possibile anche in Italia, senza troppe complicazioni burocratiche, ha un significato importante, perché ciascuno di noi è figlio di una madre e di un padre, anche quando è figlio di NN, come si scriveva un tempo. Ed è figlio di una storia che risale per li rami ed è rappresentata da quei cognomi.
Certo se avessi un figlio adolescente – stupido e immaturo come si conviene a quell’età, come eravamo noi a quell’età – anche se avesse entrambi i nostri cognomi, probabilmente farei fatica a convincerlo che donne e uomini devono essere considerati allo stesso modo e che proprio perché è un giovane uomo ha qualche responsabilità in più. Oggi farei, se possibile, ancora più fatica visto che è stato eletto presidente degli Stati Uniti un tizio che pensa e dice l’esatto contrario di quello che io avrei provato a insegnargli, anzi che è stato eletto anche perché è così volgarmente maschilista e perché la sua avversaria era una donna. Figurarsi allora che fatica farei a spiegare la stessa cosa a una mia eventuale figlia adolescente – che pure immagino un po’ più intelligente e matura del suo altrettanto ipotetico fratello, perché in genere le donne sono un po’ più sveglie di noi maschi – che credo avrebbe già capito da sola che, nonostante il suo doppio cognome così politicamente corretto, a lei sarà richiesta più fatica per ottenere gli stessi riconoscimenti di un maschio, che sarà comunque pagata meno rispetto a un maschio per fare lo stesso lavoro, che sarà valutata più per la sua bellezza che per la sua intelligenza e che troppe volte le sarà richiesta una “disponibilità” che non vorrebbe dare. Perché non basta la legge che dice che si possono avere i due cognomi per cambiare le teste di troppi maschi.
Immagino che più del loro doppio cognome garantito dalla legge sarebbe stato necessario il comportamento di noi genitori, il modo di prendere insieme le decisioni importanti che riguardano la famiglia, la considerazione e il rispetto per il lavoro l’uno dell’altra, l’esempio che saremmo riusciti a essere, nel bene – spero – come nel male. Pur sapendo che il mondo là fuori va in direzione opposta, come ogni giorno purtroppo ci viene ricordato.