Fonte: Blog i luoghi ideali - Fabrizio Barca
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di Fabrizio Barca 23 agosto 2014
Nelle pieghe della terra
Clarissa: Abbiamo un appuntamento con una guida storica del Parco, un geologo, geografo, antropologo, giornalista, storico, botanico, fotografo. È una fonte inesauribile di racconti, mentre saliamo con la jeep, e poi ci inoltriamo a piedi. Un giro – con il giallo dei campi acceso dal sole e la brezza piacevolmente fresca del tardo pomeriggio – per la grande conca fra le montagne fra Calabria e Basilicata, verso la Falconara. Il paesaggio è antico quanto sono antichi i problemi delle sue terre e di chi ci lavora. Mancanza di acqua, cattive comunicazioni, liti per confini di proprietà, furti di bestiame, la mezzadria, l’isolamento.
Fabrizio: Impariamo a distinguere le timpe, rilievi con un versante morbido e uno a strapiombo, dalle altre formazioni. Apprendiamo dei grifoni immessi nella gola, con successo dopo che il loro abbondante approvvigionamento di carne ha coinvolto gli interessi della comunità. Capiamo dai colori della boscaglia di quanti ettari si sia ritirata negli ultimi cinquant’anni la superficie coltivata; perché coltivare e tenere qui le bestie è cosa duro, quando la neve ti può tenere isolato per settimane. Decodifichiamo l’altrimenti misterioso segnale “Strada Statale 92″ che campeggia su una carrareccia adatta solo ai fuoristrada: è il tratto mai finito della Statale diretta a Potenza immaginata da Mussolini. Un’incompiuta ante litteram. (Pare che durante la seconda guerra i tedeschi abbiano invano cercato di imboccarla nei loro spostamenti).
Il giorno dopo ci mettiamo nelle mani sicure di una guida che ci insegna il canyoning nelle gole del Raganello.
Dall’alto del giro in auto si vedeva solo l’imboccatura della piega. E il vasto e arido imbuto attraverso cui l’acqua scende da punti diversi della montagna e si infila giù. Ora entriamo dentro la piega.
Il percorso (spettacolare, e non facilissimo) non è regolamentato e, nonostante il rischio, salgono in direzione opposta a noi, ragazzi senza casco, senza corda, senza muta. La nostra guida cerca di mettere loro in guardia dai pericoli, ma lo guardano con sufficienza, come se stesse cercando di proteggere il proprio lavoro, non la loro vita. Capisco che il sistema americano di ingresso nei parchi nazionali programmato, a numero chiuso, per metà a prenotazione e per metà lasciato a chi arriva per primo, sarebbe difficile applicare. Ma almeno assicurarsi che la gente acceda solo con guide ufficiali non si potrebbe fare ?
Le gole sono una fra le moltissime della Calabria, la cui popolarità potrebbe esplodere. E presentano l’occasione per sperimentare soluzioni. Dico “sperimentare”, perché non ci sono soluzioni belle e fatte, adatte per tutte le situazioni. E dunque vanno provate, per poterle aggiustare. Visto da un dilettante, pure del camminare (specie nei torrenti e fiumi), andrebbero tolti i divieti – quelli che spesso si “decretano” per lavarsene le mani. E andrebbe data informazione, agli ingressi (come hanno iniziato a fare le guide con due piccole placche metalliche) e sul web. Dei pericoli, degli incidenti avvenuti, dell’opportunità di avvalersi di guide, della necessità di usare caschi e corde, e del fatto che i costi di ogni intervento conseguente al non rispetto di queste regole sarà a carico dell’escursionista. Sono queste le cose di cui dovrebbe occuparsi un Parco. Sono queste le competenze che dovrebbe mobilitare.