Fonte: Il Manifesto
«Tanti errori, ma #lavittoria #delladestra #sarebbe #unasciagura»
di Mario Di Vito
#Intervista. #RenatoCovino, Docente di Storia contemporanea all’università di Perugia: tra le altre cose hanno annunciato di voler aumentare le quote private nel sistema sanitario. E questo dovrebbe preoccupare tutti quanti.
Assalto alla regione rossa: la Lega punta alla vittoria e la coalizione Pd-M5S prova a resistere. L’Umbria come cartina tornasole di una storia che sta cambiando. Amministrata dal Pci (e dalle sue evoluzioni) più o meno da sempre, in questo giro di elezioni regionali la destra appare favorita. Lo strapotere della sinistra si è eroso con il tempo, tanto che i due capoluoghi di provincia, Terni e Perugia, hanno già visto il Pd perdere i municipi negli anni scorsi. Inoltre, sia alle politiche del 2018 sia alle europee della scorsa primavera è stata la Lega a fare il pieno di consensi, diventando stabilmente primo partito in regione. In sostanza, malgrado la storia e la tradizione, una sconfitta del centrosinistra non dovrebbe rappresentare una sorpresa, ma una logica conseguenza di quanto accade da tempo.
«Diciamo che il centrosinistra si è rovinato da solo. Ormai risulta antipatico soprattutto ai ceti popolari, che votano per lo più a destra già da un po’. A Terni, dove la sinistra è sempre stata fortissima, alle ultime comunali il Pd ha preso appena il 12.5%», spiega Renato Covino, docente di Storia contemporanea all’Università di Perugia, esperto di archeologia industriale e, tra le altre cose, anche collaboratore della rivista Micropolis.
Professore, perché?
Basta guardare i dati: l’Umbria in dieci anni ha perso il 17% del suo Pil e anche i redditi sono calati in maniera molto forte. Inoltre abbiamo 7000 disoccupati in più rispetto alla media strutturale. In tutto questo il centrosinistra, che ha sempre governato, fino all’ultimo ha continuato a ripetere che va tutto bene. Un atteggiamento che sicuramente non genera simpatie nella gente. Infatti hanno dovuto trovare un candidato da fuori…
Come giudica la candidatura di Vincenzo Bianconi?
A me lui sembra una persona seria, uno che prova a ragionare, però ha cominciato a fare politica il mese scorso e non gli si può chiedere di fare miracoli. Ci ha provato, ha girato tanto. Gli va dato atto di averci messo molto impegno. Poi bisogna dire comunque che la candidata della destra è molto peggio: Donatella Tesei era la sindaca di un paesino in cui è riuscita a fare un buco milionario nel bilancio, insomma ha dato prova di essere un’amministratrice incapace. È pessima e una vittoria della destra sarebbe una sciagura per questa regione.
Quanto peserà lo scandalo che ha travolto la giunta di Catiuscia Marini?
Peserà sicuramente, ma il problema risiede anche altrove. Il Pd ormai non è più un partito né un insieme di comitati elettorali, praticamente non ha neanche più sedi e circoli. È una forza politica che si esprime solo quando amministra, ma che succede quando poi non amministra più?.
Che succede?
Che rischia di scomparire, semplicemente. Ormai la maggioranza dei comuni in Umbria è in mano alla destra da diverso tempo, in effetti. Il problema della conquista dei comuni da parte della destra deriva proprio da questo clima di antipatia diffusa verso il centrosinistra e dai vari problemi gestiti male. Anche se poi bisogna aggiungere che le cose quando vince la destra di certo non migliorano, anzi. Il problema serio, in questo senso, è che la destra fa quello che promette il centrosinistra… Il futuro è preoccupante: la destra ha già annunciato che intende aumentare le quote private nel sistema sanitario, tanto per fare un esempio. E questo dovrebbe preoccupare tutti quanti. Voglio dire un’altra cosa su questo tema: il Corriere dell’Umbria ha sostanzialmente fatto campagna elettorale per la destra. L’editore del giornale è Angelucci, che si occupa anche di cliniche private…
Ecco, la destra sembra a un passo dalla vittoria, qui come altrove. Come si può pensare di tornare a sconfiggerla?
Bisogna fare un lavoro di lunga durata, anche perché credo che potrebbero restare al governo della regione per dieci anni almeno. Gente che si muove in giro c’è, ma è troppo sparpagliata e spesso nemmeno si conosce a vicenda. Bisognerebbe tornare a fare cose che non si fanno più: discorsi culturali e politici ampi, e certo anche azioni di disobbedienza civile davanti a certe cose.