Ultimi, populisti, migranti, sinistra e democrazia

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 23 settembre 2017

“Si è fatto bene a bloccare gli sbarchi”. Matteo Renzi stavolta non si nasconde dietro le metafore calcistiche. Lo dice in assoluta chiarezza. La manovra del governo è stata quella di impedire gli sbarchi, punto. Il resto sono chiacchiere, pessima ideologia, circonvoluzioni linguistiche. Il tema epocale delle migrazioni questo governo l’ha affrontato ‘tecnicamente’, come se fosse un tema di ordine pubblico, come se si trattasse soltanto e semplicemente di ‘murare’ la Libia e chi s’è visto s’è visto. E tutto quello che intanto continua ad accadere dietro a quel muro ci fosse indifferente. Al più hanno in mente una politica dei due tempi: primo alzare il muro, tappare il buco libico, ricacciarli indietro; secondo, domani o dopodomani o tra cent’anni, fare un grande piano europeo di aiuti per l’Africa per sostenere dei progetti di sviluppo. Il famoso detto renziano (‘aiutiamoli a casa loro’) mi sembra valido soprattutto per il secondo emistichio (’a casa loro’) piuttosto che per il primo (‘aiutiamoli’), che andrebbe complessivamente riletto come ‘aiutiamoli a restarsene a casa loro’ che sennò i nostri si incazzano e perdiamo voti.

Prendiamone atto. Il nostro ‘popolo’ non è il migliore dei popoli possibili. Ed è così, perché così è stato plasmato dalla crisi e prima ancora dal benessere, non perché ci sia diventato naturalmente, o per grazia di Dio. È un ‘popolo’ che cerca capri espiatori per la disoccupazione di massa, che cerca i responsabili della crisi e li trova nei neri, che pensa sempre meno democraticamente, e spesso scende in piazza non contro il governo ma contro gli ultimi, i più deboli, gli indifesi, quelli senza più storia né paese. La crisi ha ingenerato sofferenza sociale, e i populisti soffiano su questo fuoco per ragioni di consenso. L’errore più grave è ritenere queste tendenze intolleranti come comprensibili, al più come ‘errori’, tipo compagni che sbagliano. No, non è così. La sinistra, il movimento operaio, quello sindacale, i partiti del lavoro hanno sempre sostenuto altro: la solidarietà, il mutualismo, la reciprocità verso i compagni, i disagiati, gli ultimi. Tiburtino III è un altro mondo, è un mondo che non ci appartiene, e così i molti episodi di intolleranza e i giudizi sempre più violenti verso chi pensa e raffigura le migrazioni come un fatto epocale e non di mero ordine pubblico.

E poi un’altra cosa. Questo continuo accennare al ‘popolo’, quest’idea che la politica si faccia per il ‘popolo’, spinti alla ricerca del suo consenso a tutti i costi, mi ha stancato. Il ‘popolo’ è sovrano e legittima le costituzioni, ma la società è fatta di ceti, classi, individui, non di un popolo generico, un’entità che ognuno racconta come vuole e come più gli interessa. Parlare di ‘popolo’ è scadere nel romantico, nel sentimentale, nell’emotivo, che è senz’altro una componente dell’azione politica, ma non l’unica e nemmeno la principale. Esaltare incondizionatamente il popolo, in questi tempi bui anche per la sinistra, è anche svalutare i partiti, le istituzioni rappresentative, le culture politiche, lo sforzo di rappresentanza che ogni giorno si tenta. È cadere nel mito, che certo serve alla politica, ma non può sostituirla. La destra-destra, quella della famosa mucca nel corridoio, è romantica, populista, antiistituzionale, antipartitica, violenta, mitica. Cerca le vie brevi. Perché anche la sinistra dovrebbe mischiarsi in queste cose? Per vincere le elezioni, per catturare consenso, per non lasciare il fascismo ai fascisti, come dice Crozza? Di quale sinistra parlo? Di tutta, perché la crisi non riguarda solo il PD. Per uscire da questa crisi serve una cosa sola: ripensare i tempi nuovi e i fenomeni epocali che si annunciano, senza mai uscire dal seminato. E il seminato è la democrazia: non in astratto, non come mera procedura, non come ‘la parola al popolo’. Si tratta di pensare l’epoca nuova dentro le istituzioni democratiche, ricostruendo il sistema dei partiti, sviluppando le culture politiche, difendendo le libertà, esaltando la partecipazione organizzata. Non ci sono altre strade, credetemi.

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