di Giovanni La Torre – 3 luglio 2018
Il tracollo del Pd non poteva non stimolare vari commentatori a fare diagnosi sulla malattia, che rischia di essere mortale, e dare consigli per una pronta guarigione di quel partito. Ovviamente la maggior parte di questi suggerimenti ripetono la solfa che il Pd per tornare a vincere deve abbandonare quelli che vengono chiamati i valori della “sinistra novecentesca”, come se Renzi non avesse già compiuto autonomamente questa operazione, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, e come se il Pd avesse perso voti a destra e non a sinistra. Tra l’altro, sia detto en passant, proprio questo modo di pensare induce Renzi a non mollare il potere effettivo, al di là delle dimissioni formali, perché lui in fondo dice a chi lo ha sostenuto nella sua ascesa: “la mia mission era quella di distruggere la sinistra tradizionale, il lavoro l’ho svolto più che bene, perché ora dovrei farmi da parte?”.
L’ultimo a dare suggerimenti al Pd è stato Galli della Loggia sul Corriere della Sera di qualche giorno fa. In un articolo, dove passa dai massimi sistemi a proposte più concrete e relative alla quotidianità, sciorina una serie di idee che dovrebbero servire al Pd, anzi addirittura alla “sinistra”, a rigenerarsi e svolgere il compito dell’opposizione (per il momento non si parla di ritorno al governo). L’articolo è lungo e allora ci limitiamo a riportare e commentare solo alcuni spunti.
Per esempio all’inizio viene detto che il Pd ha assistito “compiaciuto (non rendendosi conto di assistere in realtà al proprio suicidio) alla trasformazione dell’antica egemonia culturale all’insegna di Marx e Gramsci nel fighettismo à la page del «ceto medio riflessivo» sotto l’alto patronato di Roberto Benigni e del prof Paul Ginsborg.”, mentre poi parla “di tutte le ortodossie cadaveriche delle varie Sinistre italiane (da quella marxista a quella liberal-democratica) ancora in cattedra a dispetto delle continue bocciature della storia.” Quindi a proposito di quelle “ortodossie”, prima viene detto che il loro abbandono ha provocato il suicidio del Pd, poi vengono definite “cadaveriche”, e quindi letali per una sua rinascita.
Tra l’altro afferma pure che avrebbero subito tutte “continue bocciature della storia”. Non so da cosa abbia tratto questa conclusione, visto che ci mette dentro anche la tradizione “liberal-democratica”. Per GdL Stuart Mill, Keynes, Roosevelt, il laburismo inglese, la socialdemocrazia tedesca e nordica, e l’elenco potrebbe continuare a lungo, avrebbero subito solo sconfitte nella storia? Ma di quale storia parla? La cosa ci preoccupa perché lui mi sembra sia proprio un professore di storia e allora mi chiedo cosa insegni ai nostri giovani.
Si prescrive che il nuovo Pd deve “sentirsi (e magari anche dirsi) culturalmente cristiano” e in questo si appoggia al grillo parlante Cacciari, il quale avrebbe detto che “solo il Cristianesimo può tenere a bada i demoni della scienza, dell’economia e della tecnica” e, aggiunge GdL, “riuniti assieme che incombono sul nostro futuro; e in generale, direi, anche quelli di ogni potere che si pretenda assoluto”. Quindi viene suggerito che per opporsi a ogni potere che si “pretenda assoluto” bisogna affidarsi a un altro potere che è per definizione assoluto: la religione.
E poi quali sono questi “demoni” della scienza e della Tecnica? Quanto poi all’economia anche i responsabili religiosi sono soggetti ai cicli storici. Non bisogna dimenticare per esempio che l’ascesa di Sindona fu favorita dalla Chiesa quando negli anni settanta gli affidò la gestione delle finanze vaticane all’estero dato che in Italia era stata introdotta la cedolare secca sui dividendi (che non voleva pagare). Per non parlare delle vicende di Marcinkus e dello Ior. Sappiamo che il Cristianesimo è una cosa e il Vaticano un’altra, ma vogliamo solo dire che proclamarsi “cristiani” non è sufficiente per un’operatività di valori socialmente positivi. Quanti tangentisti vanno ogni domenica in chiesa a fare la comunione?
Ci sono tanti altri “suggerimenti” che non abbiamo spazio per riportare, citiamo soltanto l’aforisma finale degno del parolaio magico Tremonti: “per essere di sinistra non bisogna essere solo di sinistra”.
Mentre vogliamo citare, prima di chiudere, i famosi “punti” che l’emergente Calenda avrebbe fissato per la rinascita di quel partito, e in particolare uno di essi per il lessico più che per il contenuto. Prima però permettetemi una parentesi. Uno dei modi per dividere in due l’umanità è quello che mette da una parte coloro che quando parlano dei meno fortunati li chiamano appunto “meno fortunati”, e dall’altra coloro che li definiscono “quelli che non hanno avuto successo”. Per esempio Montezemolo appartiene a questa seconda categoria, perché lui ovviamente si mette tra quelli che “hanno avuto successo” nella vita grazie alle proprie qualità. Il Luca nazionale anche se si fosse chiamato Alvaro Proietti o Gennaro Esposito, avrebbe fatto la stessa carriera e avuto lo stesso “successo”, ne siamo tutti certi. Calenda, in questa imbecillità, è riuscito ad andare oltre Montezemolo, addirittura li ha chiamati gli “sconfitti”, ai quali ovviamente ha concesso il diritto a essere aiutati, ma da “sconfitti” appunto. E altrettanto ovviamente il Calenda si sentirà di far parte dei “vincenti” (lessico da anni ottanta, da “edonismo reaganiano”), di quelli però che generosamente porgono la mano agli sconfitti per aiutarli a rialzarsi.
Queste sono le “idee” che dovrebbero consentire al Pd di rinascere. Intanto tutti si guardano bene dal far riferimento alla corruzione.