Siamo tutti persone, siamo tutti froci

per Luca Billi
Autore originale del testo: Luca Billi
Fonte: i pensieri di Protagora...
Url fonte: http://ipensieridiprotagora.blogspot.it/2016/06/verba-volant-280-frocio.html

di Luca Billi – 12 giugno 2016

Ieri non siamo diventati tutti americani, non abbiamo cambiato le foto dei nostri profili su Facebook, non abbiamo acceso candele virtuali. Certo non ha molto senso dire: siamo tutti americani, visto che anche il carnefice era americano, e non solo le vittime. E poi è americano anche Trump e certo noi non vogliamo essere come Trump. Eppure anche gli attentatori di Parigi erano francesi e anche Marine Le Pen è francese, eppure questo non ci ha impedito di gridare per giorni: siamo tutti francesi, di mettere il tricolore un po’ dappertutto, anche sui gattini. Qualche tricolore è ancora in giro, appeso in queste nostre finestre virtuali, uno straccio anacronistico, che non ricordiamo neppure quando abbiamo appeso. Magari in questi mesi siamo diventati più accorti, abbiamo imparato a distinguere tra francesi buoni e francesi cattivi, come tra americani buoni e americani cattivi, e adesso siamo abbastanza furbi da non cadere nella trappola della commozione.
Oppure siamo assuefatti alle stragi, ci sta crescendo nello stomaco una coltre di pelo così folta da impedirci di piangere ancora. O magari non accendiamo nessuna candela perché quelle quarantanove vittime erano froci, che stavano in un bar di froci. Certo che se sai che ti possono ammazzare, non sei furbo se ti raduni con quelli della tua specie e poi metti anche un cartello con la scritta “qui siamo tutti froci”; rischi che arriva un Adinolfi qualsiasi e ti spara, e poi magari succede che l’Isis rivendica quell’attentato, di cui non sapeva nulla, che non aveva programmato, ma di cui può intestarsi i morti. Quarantanove vittime americane in più senza nemmeno dover spendere un dollaro in munizioni: questi del califfato hanno tutte le fortune.
I primi froci sarebbero stati i lanzichenecchi, arrivati in Italia nel 1527, responsabili di quello che è passato alla storia come il sacco di Roma; erano soldati brutali, feroci appunto – da cui froci – che stupravano indistintamente donne e uomini. Anche loro in qualche modo se l’erano cercata. Come i ragazzi che l’altra sera erano al Pulse di Orlando, invece di starsene a casa. Il padre dell’attentatore, come a giustificare il gesto del figlio, ha detto che il ragazzo era rimasto inorridito dalla vista di due uomini che si baciavano. E ha detto questo per scagionare non tanto il figlio, ma la sua religione. Omar avrebbe agito così perché omofobo, non perché musulmano; di omofobi ce ne sono tanti – ha pensato il padre del ragazzo – anche tra i bianchi, anche tra i cristiani, che alla fine mio figlio sarà in qualche modo assolto. Poi, per scagionare se stesso, ha precisato che non spetta agli uomini punire i froci, ci penserà dio. Quello che dicono gli ayatollah cristiani; e quelli ebrei. Se quei ragazzi avessero imparato a dominarsi, a non volersi baciare in pubblico, adesso sarebbero vivi. Come quelle puttane che vanno in giro la sera in minigonna o con i pantaloni attillati e poi non possono lamentarsi se vengono violentate. Se la sono cercata, come i froci del Pulse.

Mi scuso se il linguaggio di questa definizione sta offendendo qualcuno, ma quei proiettili hanno colpito anche noi, perché noi in qualche modo siamo colpevoli dell’ignoranza e dell’ipocrisia delle nostre società. Perché anche noi siamo “feroci” verso quelle persone che consideriamo ancora diverse. Perché possiamo urlare di essere francesi, americani, perfino musulmani, ma non di essere froci.

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