Fonte: Politica prima.it
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di Giangiuseppe Gattuso – 20 marzo 2015
E con quel ricordo ancora vivo è arrivato un nuovo orrore. Un nuovo avvertimento, gravissimo, al mondo occidentale e all’Europa, una scossa per l’opinione pubblica. Questa volta ci tocca da vicino. Sia per la distanza che per le vittime. Quattro turisti italiani uccisi e numerosi feriti. Due giovani terroristi, tunisini, al Museo del Bardo di Tunisi, lo scorso 18 marzo 2015, hanno fatto una strage. Morti anche loro. Un’azione terroristica che ricorda quello dei fratelli Kouachi contro la redazione di Charlie Hebdo. Un totale di 23 morti e circa 50 feriti.
Ma Tunisi non è Parigi e nemmeno Europa. La Tunisia è, però, il paese dove la primavera araba ha dato i frutti migliori. Dove c’è un sistema politico democratico nel quale la coesistenza pacifica tra le religioni e lo stato è realtà. La meta preferita per moltissimi connazionali per turismo, affari. E luogo dove vivere stabilmente grazie al favorevole regime fiscale che spinge numerosi pensionati a trasferirsi per una vita migliore.
Ecco dove è arrivato il terrore e la spinta di quei gruppi di fanatici che hanno il potere di permeare le società, di attrarre i giovani verso un ideale che nulla ha a che fare con quel Dio che rivendicano. Per commettere le nefandezze più riprovevoli, per sottomettere e schiavizzare, per sovvertire la democrazia e imporre il ‘loro’ sistema oppressivo e dittatoriale.
E c’è di che preoccuparsi. Si tratta della sponda meridionale del Mediterraneo, di fronte a noi. Quelle terre da sempre vicine e accoglienti dalle quali provengono migliaia di uomini e donne stabilmente presenti nel nostro Paese. Dove vivono e lavorano integrati nella nostra società. Esempio per tutti Mazara del Vallo. Ma che possono trasformarsi in una polveriera e, in un attimo, in un inferno.
Ma oltre la preoccupazione e la paura cosa c’è? Possiamo immaginare azioni preventive di chiusura delle frontiere, di controlli ferrei degli sbarchi, di blocchi navali. E, magari, come qualche benpensante scrive, poiché siamo arrivati al punto di “non ritorno”, sospendere il recupero delle imbarcazioni e i salvataggi in mare, per scongiurare il rischio di “importare” estremisti, fanatici e terroristi o simpatizzanti. Insomma, in buona sostanza, per la salvaguardia del nostro territorio e della nostra cultura, dovremmo, “organizzarci” alla difesa, con le armi?. Non è dato sapere. Quelle armi che cinicamente ci piace produrre e vendere per fare profitti milionari a prescindere dal sangue versato.
Non c’è dubbio però che bisogna fare qualcosa. Ma gli interventi non possono che essere di dimensione europea. Questo è il momento di dimostrare che l’Unione non è solo monetaria ma un insieme di popoli che hanno nella dignità umana, nella democrazia e nella libertà i loro caratteri fondamentali. E per questo bisogna attivare tutte le opzioni per difendere quelle democrazie, come la Tunisia, che rappresentano l’esempio vivente di come possano coesistere pacificamente uno stato laico e una popolazione a maggioranza islamica.
Gli interventi devono essere rivolti a rimuovere gli ostacoli che frenano la crescita e l’evoluzione culturale, partendo dalla madre di tutte le battaglie che è quella contro la povertà e la disperazione. Non potrà esserci democrazia e libertà, e quindi l’antitesi del terrorismo, fin quando non verranno riconosciuti i diritti fondamentali di ogni essere umano. La prima è la dignità. Il valore dei valori che non si acquista per meriti ma è insita nella persona. E, ancora, fin quando ogni uomo non avrà il diritto di spostarsi e abitare ‘liberamente’ in ogni angolo di questo nostro pianeta.