Fonte: popoff
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TTIP. L’ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO TRANSATLANTICO. QUANDO LO CONOSCI LO EVITI – di Elena Mazzoni, Monica Di Sisto, Paolo Ferrero – ed. DeriveApprodi
introduzione di Paolo Ferrero
Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP): nessuno sa cos’è ma con questo trattato le multinazionali stanno per stravolgere la nostra vita se non verrà bloccato dalle mobilitazioni
Durante le vacanze natalizie ho fatto una «inchiesta sul campo». Sono andato al mercato della cittadina dove abito – Pinerolo – e ho chiesto a una ventina di persone se sapevano cos’era il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). Di queste una sola ne aveva sentito parlare.
Non si tratta certo di un campione statisticamente significativo, ma ho come il sospetto che il risultato che ho ottenuto al mercato di Pinerolo non sia così diverso dal complesso della realtà italiana: Quasi nessuno – in ogni caso meno del 10% della popolazione – sa cosa sia il TTIP o ne ha mai sentito parlare.
Il primo compito che si prefigge questo libro è quello di informare. Oggi viviamo infatti dentro un paradosso: siamo bombardati da una quantità enorme di informazioni ma sovente non sappiamo nulla delle questioni essenziali.
Tutti noi abbiamo una televisione, spesso accesa per molte ore al giorno, guardiamo i telegiornali, assistiamo a un numero incredibile di talk show, ma sappiamo solo quello che vuole farci sapere chi organizza le nostre serate. Se i Tg parlano soprattutto di fatti di cronaca nera tutti penseranno che la loro vita è in pericolo. Che gli omicidi in Italia tra il 1991 e il 2014 siano passati da 1916 a 468 – avete letto bene, da millenovecentosedici a quattrocentosessant’otto – con una riduzione che ha dell’incredibile, non cambia nulla: se i telegiornali parlano solo di morti ammazzati tutti avranno paura, metteranno antifurti e porte blindate e faranno un pensierino a votare i nazisti di casa nostra.
Inoltre, diamo alla televisione un potere enorme: quante volte ci siamo sentiti dire o abbiamo detto noi stessi «l’ha detto la televisione!». La televisione ha il potere di certificare quello che è vero ufficialmente: se lo dice la televisione una cosa esiste, se non lo dice sarà perché è poco importante o perché non esiste.
La televisione del TTIP non ne ha praticamente parlato, così come non ha parlato delle manifestazioni italiane ed europee che il TTIP hanno contestato. Quindi il TTIP non esiste.
Come se non bastasse, larga parte delle scelte che incidono pesantemente sulla nostra vita vengono oggi apparentemente dettate dall’economia. Nella comunicazione di massa si è passati dalla centralità della politica – che implica la possibilità di cambiare le cose – alla centralità delle regole da rispettare, dei compiti da fare a casa, dell’economia. Siamo passati dalla discussione su cosa fare alla necessità di «rispettare le regole». Mentre la politica era argomento da bar in cui tutti potevano dire la loro, l’economia è vista come scienza da specialisti, infarcita di incomprensibili termini inglesi che rendono pressoché impossibile capire cosa succede, dove sono i problemi e cosa stanno realmente facendo quelli che ci governano. Un terreno, quello economico, che assume i contorni del soprannaturale. Addirittura i «mercati» vengono trattati come divinità: quante volte ci siamo sentiti dire che «non bisogna spaventare i mercati» per evitare il «giudizio negativo» che, com’è noto, possono «portare il paese alla rovina». Il messaggio che viene veicolato è: del calcio possiamo occuparcene tutti, per quanto riguarda le scelte che determinano la nostra vita è bene lasciar fare a chi se ne intende. Per confondere la gente, obbligandola ad accettare scelte antipopolari favorevoli alle multinazionali e alle banche, hanno spostato il terreno di discussione dalla politica – comprensibile – all’economia, incomprensibile. Se il terreno dell’economia è un terreno complicato da lasciare agli esperti, figuriamoci cosa può essere un trattato internazionale come il TTIP!
Questo libro si prefigge quindi innanzitutto di accendere una lampada, di puntare un fascio di luce su alcune informazioni che normalmente non avete: che cos’è il TTIP.
Accanto a questo primo compito di informazione, il libro se ne prefigge un altro: quello della controinformazione. Infatti, il materiale informativo dell’Unione europea o del governo italiano, di Confindustria o di qualche sedicente «studio indipendente» di economisti liberisti, magnifica il TTIP in modi vergognosi. Si va dalle previsioni di aumenti esponenziali dello sviluppo economico e dell’occupazione fino a un’attività più subdola di «contestazione della contestazione», in cui si spiega che quanto affermano movimenti di lotta, sinistra e associazioni ambientaliste o sindacali, sono fesserie. Interessante a questo riguardo il materiale prodotto dall’Unione europea sul TTIP: è fatto appositamente per confutare le critiche dei movimenti di lotta, le cui argomentazioni vengono raggruppate sotto la colonna «timori», a quale viene contrapposta la colonna «vantaggi», che riguarda ovviamente l’applicazione del TTIP. In generale il messaggio che viene proposto dalle istituzioni italiane ed europee è il seguente: le contestazioni sono frutto di fraintendimenti, di una scarsa informazione, oppure di teorie del complotto che vedono in tutto quello che si muove un disegno satanico. I contestatori sono quindi o un po’ sciocchi e disinformati, oppure semplicemente paranoici e complottisti.
Questi materiali prodotti dai governi che vogliono la stipula del TTIP, e cercano di orientare favorevolmente l’opinione pubblica, in genere non fanno affermazioni false. Dicono mezze verità giocando molto sulle parole e sul loro significato: per questo motivo serve la controinformazione.
Questo libro – scritto in larga parte da Elena Mazzoni e con un capitolo sull’agricoltura scritto da Monica Di Sisto – cerca quindi di combattere l’assenza di informazione e di fornire gli strumenti per non farsi prendere in giro dall’attività di disinformazione fatta dai governi.
Brevemente.
Nel primo capitolo viene spiegato per linee generali che cos’è il TTIP – questo nuovo trattato sulla libertà di commercio e investimento – che Stati Uniti e Unione europea stanno discutendo e vorrebbero firmare entro l’autunno del 2016 – da dove arriva e quali problemi solleva.
Nel secondo capitolo si fa una panoramica su come è stata costruita la globalizzazione dei mercati. Essa non è avvenuta naturalmente, ma attraverso una fitta rete trattati e la costruzione di organismi sovrannazionali che hanno progressivamente messo in concorrenza i lavoratori dei diversi paesi. È infatti evidente che l’unificazione dei mercati è un’enorme arma in mano alle banche e alle multinazionali per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri: cinesi, italiani, polacchi, tutti in gara a chi lavora a minor costo.
Nel terzo capitolo si entra nel merito specifico del TTIP segnalando come il trattato che i governi degli Usa e dell’Europa vogliono firmare sarebbe solo una cornice che prevede la successiva redazione di regolamenti specifici scritti al di fuori di qualsiasi regola democratica da «tecnici». Scelte che cambiano la vita a milioni di persone – perché fornirebbero direttive a cui gli Stati devono sottomettersi – sarebbero così «appaltate» a illustri sconosciuti facilmente comprabili dalle multinazionali interessate.
Nel quarto capitolo si tocca il cuore del TTIP, l’istituzione degli ISDS, veri e propri tribunali privati che dovrebbero dirimere le controversie tra le multinazionali e gli Stati. Questo è il cuore del TTIP, perché prevede che le leggi degli Stati siano sottoposte al giudizio insindacabile di questi tribunali speciali nel caso in cui qualche multinazionale si ritenesse penalizzata dalle stesse. In questo modo gli Stati da sovrani diventano sottoposti.
Nel quinto capitolo si spiega attraverso quali meccanismi il TTIP porterebbe alla progressiva e obbligatoria liberalizzazione e privatizzazione di tutti i servizi pubblici appetibili per i privati. Sottolineo obbligatoria perché il trattato avrebbe carattere vincolante per tutti gli Stati firmatari.
Nel sesto capitolo si evidenzia come il TTIP inciderebbe negativamente sulle questioni ambientali e della salute delle persone.
Nel settimo capitolo – curato da Monica Di Sisto – si analizza infine come il TTIP inciderebbe negativamente sull’agricoltura di qualità, favorendo l’agricoltura industriale, chimica e geneticamente modificata. Già le normative europee hanno fatto parecchi danni, ma con il TTIP la sovranità alimentare del popolo italiano verrebbe colpita mortalmente e con essa l’agricoltura italiana. Stiamo parlando qui dei fondamenti della vita sul pianeta – senza cibo non si vive – che vengono messi in mano alle grandi multinazionali che producono sementi Ogm, fertilizzanti, anticrittogamici ecc.
Le conclusioni, scritte dal sottoscritto, cercano di individuare gli obiettivi del TTIP e quale ruolo fondamentale abbia nel governo della crisi economica e della globalizzazione. In altre parole vi propongo una lettura generale di cosa vogliono fare le classi dominanti di Europa e Stati Uniti attraverso il TTIP.
In primo luogo il TTIP ha l’obiettivo di chiudere il ciclo storico aperto dalla Rivoluzione francese con la proclamazione della sovranità dei popoli. A fine Settecento la borghesia ha preso il potere superando le istituzioni monarchiche in nome della democrazia e dei diritti dell’uomo. Oggi ci troviamo dinnanzi a un capitalismo che mantiene la forma della democrazia ma la racchiude all’interno delle regole del capitalismo neoliberista fissate dal TTIP. Il capitalismo si separa quindi decisamente dalla democrazia e la rinchiude nella gabbia d’acciaio delle regole volute dalla grandi multinazionali. Conseguentemente la politica viene ridotta a rappresentazione teatrale di un conflitto che non riguarda mai le questioni fondamentali.
In secondo luogo il TTIP ha l’obiettivo di chiudere il ciclo storico novecentesco caratterizzato dal perseguimento della giustizia sociale. Dalla Rivoluzione russa alla costruzione del welfare nel secondo dopoguerra, il Novecento è stato caratterizzato dalla lotta per la giustizia sociale e dalla conquista di diritti civili fino ad allora inimmaginabili. Il TTIP ha l’obiettivo di chiudere questa fase della storia dell’umanità impedendo agli Stati di svolgere una funzione pubblica e riducendoli ad attori interni alle regole del mercato voluto dalle multinazionali.
In terzo luogo il TTIP rappresenta il tentativo di disegnare un nuovo governo del mondo dentro la crisi della globalizzazione. I padroni del vapore, dopo aver posto con la globalizzazione neoliberista le condizioni per una guerra economica globale, di una disperata guerra tra i poveri, cercano oggi di produrre una nuova divisione del mondo in blocchi, dando vita a una nuova Guerra fredda.
Il TTIP quindi, se da un lato vuole chiudere il ciclo lungo della Rivoluzione francese – la democrazia – e quello più breve della Rivoluzione russa – la giustizia sociale – dall’altro riapre la possibilità della guerra mondiale tra blocchi economici. L’Occidente da un lato – definito dal TTIP e dal TPP – e Cina e Russia dall’altro.
Il TTIP è quindi la metafora del carattere barbarico che ha assunto il capitalismo odierno. Un capitalismo che ha «esaurito la sua spinta propulsiva» e, non essendo in grado di valorizzare l’enorme ricchezza che ha prodotto, imbocca nuovamente la strada della guerra economica che, come sappiamo, è parente stretta delle guerra guerreggiata.
Di tutto questo parliamo nel libro con una certa apprensione: il TTIP lo vogliono firmare entro l’autunno del 2016. Occorre mobilitarsi!
Nel giugno 2013, il presidente degli Stati Uniti Obama e il presidente della Commissione europea Barroso hanno lanciato ufficialmente i negoziati per l’Accordo di libero scambio transatlantico: il TTIP. Un trattato che, attraverso liberalizzazioni e privatizzazioni, porterebbe a una ulteriore riduzione dei diritti dei lavoratori, del welfare, della tutele dell’ambiente e della salute. In questi anni si sono svolti dieci round negoziali nella più assoluta segretezza, con l’intenzione, da parte di Stati Uniti e Unione Europea, di arrivare alla firma del trattato entro l’autunno 2016. Le ragioni di tanta fretta e mancanza di trasparenza sono semplici: i contenuti del TTIP, man mano che le opinioni pubbliche ne vengono a conoscenza, incontrano una sempre maggiore opposizione. L’obiettivo dell’accordo è infatti duplice: da un lato ridisegnare la mappa del mondo, che sfocerebbe in una nuova Guerra fredda; dall’altro creare una super-costituzione transnazionale che metta la libertà di commercio e di investimento al di sopra di ogni diritto sociale, costituzione statale e al riparo da ogni forma di controllo democratico. Questo libro è un contributo alla conoscenza di un trattato, non ancora ratificato, del quale occorre impedire la firma: con un’estesa mobilitazione.
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Un Assaggio
«Il TTIP si pone l’obiettivo di rendere stabile l’abolizione di ogni limite alla libertà del capitale. Con l’assolutizzazione della piena e sovrana libertà di commercio e investimento non esisterebbero più limiti «esterni» alla dittatura che le grandi imprese esercitano, attraverso il mercato, sulla maggioranza delle popolazioni. Assumendo il criterio della libertà di commercio e di investimento come principio cardine, come super legge da cui discende tutto il resto, è evidente che la follia delle politiche neoliberiste verrebbe codificata senza possibilità di future modifiche. Non mi voglio qui dilungare, ma è evidente che la proibizione dei soli investimenti che siano in modo chiaro e provato nocivi per la salute sovvertirebbe completamente il principio di precauzione che ci ha sin qui guidati. Anziché partire dalla certezza della nocività di un prodotto o di una lavorazione, si ribalta l’onere della prova di nocività a carico degli Stati: è del tutto evidente che così avremo una serie infinita di disastri ambientali e di catastrofi sanitarie. Anche perché, con il potere e le risorse che hanno le multinazionali, ci saranno sempre scienziati disposti a negare il vero per poter sdoganare questo o quel prodotto. Basti pensare al dibattito sugli ogm o a quello sull’aumento della temperatura del pianeta: molti esponenti della comunità scientifica negano che ci sia un rapporto causale tra le attività industriali dell’umanità e l’aumento della CO2 e della temperatura del pianeta. In questo modo costruiscono un facile alibi alle industrie estrattive che vogliono continuare a guadagnare dallo sfruttamento dei loro giacimenti di petrolio e carbone, anche se questo determina un disastro per l’umanità e per il pianeta.
Il ttip si pone quindi l’obiettivo di impedire che l’intervento pubblico possa ripresentarsi come intervento organico e fisiologico. Il TTIP vuole abolire la possibilità di dar vita a un welfare che garantisca diritti sociali a tutti e tutte».