di Fausto Anderlini – 28 dicembre 2017
Per uscire dalla buca dello jus soli ieri il quotidiano renziano ha scomodato e posto in bella vista tal Tommaso Cerno, fresco condirettore de La Repubblica, il quale in una furibonda sequela di invettive morali ha trovato il luogo per accusare Grasso di non aver riconvocato il Senato. Naturalmente, a suo dire, e senza tema del ridicolo, per sudditanza servile verso D’Alema.
Ormai non c’è giorno che non spunti dal backstage del giornale renziano lo zelota di turno ad attivare il ventilatore messo a punto per schizzare di merda Grasso e/o D’Alema. Una sorta di ossessivo perpetuum mobile. Solo qualche giorno prima di Natale Messina aveva stigmatizzato D’Alema come ‘lanciatore di coltelli’ perchè a Circo Massimo aveva ricordato all’insinuante intervistatore di Radio Capital che “abbiamo una banca” di Fassino, ora autorevole mediatore coalizionale del Pd, era una battuta.
Ma è con Grasso che si consuma una pantomima che più isterica e paradossale non si potrebbe. A giorni alterni lo si censura per non aver dato le dimissioni dalla Presidenza del Senato, mentre nel mezzo lo si accusa di non imporre brevi-manu dall’alto della sua autorità istituzionale leggi che il Pd non è in grado di promuovere. Così sui vitalizi cari a Richetti come sullo Jus soli, per fare da stampella a Renzi, che a detta di Giannini (oggi sulle stesse pagine) ha dovuto ‘subire’ le divisioni nel Pd. Insomma o dimissionario dal ruolo o in palla come sorta di dittatore del Senato. Grasso forever, qualunque cosa faccia o non faccia, ‘purchè se ne parli male’.