TRAGEDIA DELLA MEDICINA, VULNERABILITA’ E MEDICALIZZAZIONE
Il sistema di salute è balzato alla nostra attenzione dall’inizio dei contagi divenendo riferimento costante, alimentato da bollettini, restrizioni, campagne vaccinali e avvicendamenti di esperti. Si è conquistato uno spazio nel nostro immaginario e quindi possiamo riflettervi su. L’impressione che ho è che la percezione dei fatti e delle narrazioni debba essere rieducata, che devo apprendere a vedere una forma nuova nel mondo che mi apparso familiare per un verso. Si sono fatte avanti delle idee peregrine. Una di esse da tempo circola in me, quella della vulnerabilità delle persone sul piano della salute, una fragilità diffusa che mi è apparsa manifestata drammaticamente dall’inizio della pandemia. Questa idea è balzata alla mia attenzione come un fatto repentino e non elaborato, un cambio della forma (Gestalt) di vedere, come se mi cadessero dagli occhi delle bende e si illuminasse l’enigma di tanta tragedia. Una società vulnerabile, ovvero una società malata dove si corre ai ripari per limitare i danni.
Allora mi sono chiesto quali delle analisi contenute nel polemico saggio di Ivan Illich (1925-2002) del 1975 “ Nemesi della medicina. L’espropriazione della salute” abbiano conservato attualità e possano corroborare queste due idee sulla vulnerabilità e sulla manutenzione continua. Mi limito quindi a segnalare le tesi più salienti di Illlich. Si tratta di un saggio controcorrente e dai toni polemici che osservava una tendenza evolutiva. Il saggio, di ampio respiro geografico e geopolitico, dunque non limitato a una regione o area, partiva dall’individuazione di una tendenza riconoscibile nelle società : l’irruzione della produzione industriale nel campo dei servizi di salute, dei trasporti, della scuola. Tutti e tre campi si caratterizzavano per la crescita della produzione di servizi ed offerte diversificate che rasenta valori iper trofici.
Nel caso della medicina, Illich parlava di una forma di colonizzazione della vita che aliena dagli individui gli strumenti delle terapie. Il suo agire in regime di monopolio professionale impediva che la conoscenza fosse condivisa, quindi costituendo una “minaccia” alla salute integrale in quanto si dota del potere di somministrare sistematicamente ai suoi pazienti terapie che esse stesse hanno appreso a desiderare.
La medicalizzazione della vita sarebbe malsana per almeno tre motivi. In primis, l’intervento tecnico sull’organismo, al di sopra di un certo livello, toglie al paziente quelle caratteristiche che vanno sotto il nome di salute. Inoltre, l’organizzazione che sostiene questo intervento si trasforma in maschera sanitaria dall’aspetto benefico; infine l’apparato biomedico, mentre si incarica a tempo pieno dell’individuo-paziente, gli toglie ogni potere come cittadino per controllare politicamente tale sistema. La medicina diviene una officina di manutenzione e riparazione destinata a conservare in funzionamento il paziente.
La salute dell’individuo soffre per il fatto che la medicalizzazione ad oltranza si svolge in una società che a tutti gli effetti appare “malata” per volumi di interventi e di diagnosi secondo i canoni della stessa medicina. Qui viene usato il termine Iatrogenesi sociale, ovvero l’effetto sociale dannoso dell’impatto della medicina, più ancora della Iatrogenesi clinica derivante dalla sua azione diretta, da ciò che è causato dal medico e dalla medicina, e quindi le patologie e gli effetti collaterali, le complicazioni dovute a farmaci o trattamenti. Quest’ultima è in un certo modo riconosciuta dal pubblico ed è evidente per innumerevoli episodi. Il dolore, le disfunzioni, l’invalidità e l’angoscia risultanti dagli interventi medici fanno parte della pratica della medicalizzazione e come tale “accettati” come effetti collaterali e rischi. Buona parte della spesa medica viene destinata a diagnosi e terapie il cui beneficio è a volte dubbioso, perché a volte il suo effetto in caso di successo è trasformare la patologia in un’altra, prolungando e intensificando sofferenze.
Continuo con le tesi di Illich. La Iatrogenesi sociale è in essenza una penosa disarmonia tra l’individuo e l’ambiente sociale e fisico che tende ad organizzarsi senza di lui e contro di lui. In pratica, fa credere a un pubblico abbagliato dalla tecnologia medica che la salute di una società aumenti nella misura che i suoi membri dipendano da medicine, terapie, ospedalizzazioni e controlli. Il Cittadino perde progressivamente il dominio della salubrità nel luogo di lavoro e nella città, nel tempo libero, nel riposo, nella alimentazione e produzione di alimenti. Ne risulta una crescente perdita di adattamento al proprio ambiente sociale e geografico.
Le medicine sempre sono state considerate potenziali veleni, ma i loro effetti secondari non desiderati sono aumentati con l’estensione dell’uso. Alcuni individui assumono farmaci che non sono stati sottoposti a test sufficienti per provarne efficacia e innocuità, oppure medicine scadute o contraffatte. A volte farmaci associati indebitamente divengono pericolosi. Certe medicine producono assuefazione, altre possono produrre lesioni, altre hanno azione mutagenica se entrano in sinergia con l’effetto sul paziente di un colorante alimentare o un insetticida. Sono noti gli effetti che gli antibiotici producono sulla flora intestinale e di lì si può originare una super infezione che dà luogo alla proliferazione di microorganismi resistenti. Invalidità, esclusione dalla vita sociale e disfunzioni a volte sono causate da diagnosi e prescrizioni errate, o da errori di laboratorio di analisi, o da malintesi col paziente.
La crescita del bilancio relativa al settore medico costituisce un indicatore globale del declino della autonomia degli individui riguardo la propria salute. L’inflazione delle voci di bilancio destinate alla salute è paradossalmente un indicatore della bassa qualità della salute generale.
E’ il mercato in cui agiscono un insieme di professionisti che si riservano il diritto esclusivo di valutare i loro effetti e che fanno divenire il consumo dei loro prodotto praticamente obbligatorio, utilizzando il loro prestigio per screditare scelte alternative.
Questo effetto paradossale è paragonabile per Illich agli effetti di super produzione e di super consumo nella altre istituzioni. E’ il volume globale dei trasporti che limita la circolazione, E’ il volume globale dell’insegnamento che impedisce ai giovani studenti di espandere la loro curiosità, il coraggio intellettuale e la loro sensibilità. E’ il volume soffocante delle informazioni che produce confusione e superficialità, è il volume globale della medicalizzazione che riduce il livello di salute. Ogni aumento di spesa manifesta il declino della salute e influisce su di esso. Mentre tendono a scomparire le visite senza prescrizione farmaceutica, il numero di ricette prescritte cresce continuamente, mentre il numero di sostanze chimiche prescritte aumenta, e la farmacopea cresce a dismisura, e spesso ogni nuova medicina è più cara di quella che sostituisce.
Gli strali di Illich non risparmiano la medicina preventiva. Dice esplicitamente che il consumo di attenzioni preventive ha origine nello status sociale delle classi alte, quando per stare alla moda era necessario consumare check-up. L’estensione dei controlli professionali di cure dirette a persone in perfetta salute era vista negli anni 70′ da Illich come una nuovissima manifestazione della medicalizzazione della vita. D’ora in poi non fu necessario essere malato per trasformarsi in paziente. Il concetto di malattia fu semplicemente esteso fino a coprire situazioni dove non c’è una malattia vera e propria, ma la probabilità che una tale patologia possa apparire in un certo tempo.
Il costo molto elevato dei check-up fino allora riservati a classi benestanti sarebbe stato ovviamente un ostacolo per lo sviluppo di una medicina preventiva di alta tecnologia, se non si fosse riuscito ad automatizzare alcuni esami biologici e biofisici. Oggi come oggi è possibile disporre di una vasta batteria di test complessi ed automatici che contengono un alto numero di parametri, a prezzi contenuti o bassi. L’obbiettivo di tutto ciò è offrire a milioni di potenziali pazienti la rilevazione delle loro necessità terapeutiche occulte. Ma la verità è che la diagnosi precoce trasforma persone che si sentono bene in pazienti ansiosi.
Alcuni di questi esami non sono privi di rischi, in altri l’informazione che offrono è scarsa e potrebbe essere ricavata da esami più semplici, meno invasivi o mutilanti. L’ironia è che malattie gravi senza sintomi precursori apparenti e che solo queste apparecchiature possono rilevare sono in generale incurabili, e la terapia precoce aggrava lo stato psichico del paziente. La pratica degli esami di routine e di diagnosi precoce su un vasto numero di individui ha garantito al medico scientifico materia prima abbondante per la sua attività e la varietà delle terapie e l’approfondimento delle ricerche statistiche. Ma questa pratica rinforza la convinzione nelle persone che esse sono macchine la cui durata dipende dalla frequenza delle visite nell’officina di manutenzione. L’assicurazione o la Sanità pubblica è obbligata a pagare affinché l’istituzione medica possa fare i suoi studi di mercato e svolgere la sua attività commerciale.
Un aspetto da non trascurare, secondo Illich, era la crescente importanza che acquistavano gli aspetti simbolici e non solo tecnici dell’apparecchiatura medicale. Grembiuli bianchi, ambienti sanificati ed asettici, ambulanze, ebbero un impatto non trascurabile sul piano del rituale e del simbolo. (Per inciso, faccio notare come le immagini di TV abbiano continuato a mostrare al tele spettatore sbigottito continue immagini di terapie intensive e e poi ora di iniezioni nel braccio in una ossessiva ripetizione).
Il paziente cominciava ad essere uno spettatore muto e mistificato dal rituale che potremmo definire magico. I rituali secondo Illich e i suoi collaboratori hanno la caratteristica di creare dissociazioni cognitive. Quelli che vi partecipano divengono capaci di far convivere in loro la speranza irreale con la realtà indesiderabile. Esempio: gli alunni che di forma regolare e prolungata partecipano del rito dell’istruzione scolare sono in grado di accettare il mito che lo Stato darà a ciascun cittadino uguali opportunità, mentre apprendono simultaneamente a riconoscere a quale classe sociale appartengano. Più una società dispone di scuole, più persone ci sono che finiscono per credere nel progresso di tutti, sebbene si possa mostrare che il principale prodotto della scuola sia una gerarchia di ripetenti e riprovati scaglionati. Allo stesso modo, i, rituali della medicina fanno credere alle persone che le terapie a cui vengono sottoposte faranno bene alla loro salute, nonostante il risultato più evidente sia quello di privarle della volontà di esercitare controllo sulle loro condizioni di lavoro e di habitat.
I medici si comportano come sacerdoti, magi e agenti del potere politico. Quando un medico realizza una operazione, separa il paziente dai familiari, parla una lingua strana, inculca l’idea che l’integrità del corpo può essere violata da estranei per motivi conosciuti solo da essi, e rende il paziente orgoglioso di appartenere a una Nazione dove la previdenza sociale o il conto in banca finanza lo status quo.
Il risultato tecnico dell’operazione, a volte rischiosa e di valore dubbio, è eclissato davanti al valore simbolico. I medici, quali stregoni contemporanei, rivendicano autorità sul paziente, anche se lo studio delle cause morbose è incerto, la prognosi riservata o sfavorevole e la terapia si trova in uno stato sperimentale. Osserva sarcasticamente Illich: la speranza di un miracolo medico è la migliore protezione contro un fallimento, perchè se possiamo sperare in un miracolo, non possiamo per definizione contare su di esso.
Catalogare i portatori di una malattia, siano essi cardiopatici, depressi o diabetici, significa estendere il controllo e ridurre l’ansia della società di fronte all’anormalità. Grazie alla moltiplicazione illimitata dei ruoli di ammalati si elimina dall’immaginario lo status di salute. Il malato-paziente non è responsabile di esserlo divenuto né è capace di recuperarsi da solo. Gli si riconosce la condizione di legittimo portatore di anormalità sempre e quando ricerchi l’assistenza tecnica di riparazione nel sistema medico. È dunque trasformato in un paziente che la medicina testa e ripara, ma anche in soggetto amministrato dalla burocrazia medica e spesso in cavia inconsapevole su cui sperimentare nuovi farmaci e terapie.
Di questo passo, la salute non è più la condizione naturale e proprietà inalienabile di cui ognuno è dotato.
Le persone finiscono per riconoscere questo diritto dei professionisti della salute di intervenire nella sua vita in nome della loro stessa salute. In una società malata, la maggior parte delle persone perde il potere e la volontà di essere auto sufficiente, e finisce credendo che ogni azione autonoma non è praticabile. Persone che non sono malate si sottomettono alla Istituzione medica per il bene della loro salute futura, e il risultato è una società malata che esige una medicalizzazione universale e una Istituzione che certifica la malattia generalizzata.
Il verbo curare è usato solo nel suo impiego transitivo, non è più compreso come una attività del malato ma sempre più l’atto di chi si incarica del paziente. Quando il senso del transitivo domina il linguaggio il funzionario ottiene il monopolio. La capacità di curare sé stessi, abbondante, gratuita e di grande valore, diviene scarsa; invece curare ha un costo monetario e un prezzo di mercato.
La nostra civiltà ha trasformato l’esperienza del dolore e della sofferenza colonizzando la cultura tradizionale, ha privato la sofferenza del suo significato intimo e personale e lo ha trasformato in un problema tecnico-materiale. La sofferenza quindi non è più accettata come contro partita dell’adattamento dell’individuo al suo ambiente ma segnale di allarme che chiama per la medicalizzazione, ma riduce la capacità di ciascuno di affermarsi di fronte all’ambiente e assumere la responsabilità della sua trasformazione e conformità con la società e l’ambiente, ovvero di essere in salute.
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Le tesi illuminanti di Ivan Illich si estendono fino a intravedere forme di trasformazione etiche e politiche rispetto alla riparazione precaria e perpetua, alla manutenzione continua, alla custodia, all’affido fiduciario alla Istituzione medica. Le sue tesi sono frutto di un lavoro collettivo e documentato che ha dato vita a una interpretazione differente dei dati oggettivi per cambiare il punto di vista di fronte alla stessa costellazione di fatti. E’ un cambio di paradigma su cui vale la pena meditare.
FILOTEO NICOLINI
Immagine: Stetoscopio
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