Totò, Renzi e l’opposizione 2×1

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 20 ottobre 2015

“C’è una parte del Pd che si oppone, direbbe Totò, a prescindere. Mi aspetto una dura opposizione persino sul colore delle cravatte”. Si tratta di una recentissima dichiarazione di Renzi contro la minoranza PD. È noto. Al premier non piace chi fa opposizione, forse non ne contempla nemmeno il concetto. A lui piace chi dice ‘sì’, chi ‘impara’ a dire ‘sì’. Piacciono gli ‘yesman’, quelli che si schierano a favore, chi fa quadrato, chi mette il cervello a bagnomaria. I conformisti, insomma. E il consenso, quello sì, a prescindere. E l’Italia, che già lo era, oggi è sempre più un paese di conformisti, composta in buona parte da chi ritiene che abbia più senso (e sia più vantaggioso) andare in soccorso dei vincitori che esprimere un’autonomia di pensiero, anche a costo di rimetterci un po’ di persona.

Detto ciò, io credo tuttavia che l’opposizione debba essere sempre ‘a prescindere’, perché è una funzione democratica, un contrappeso fondamentale e strutturale. Un po’ come l’avvocato in un processo: la verità è sempre processuale, d’altronde, e la difesa concorre a produrla apportando il proprio contributo essenziale e insostituibile. Se si facesse opposizione solo a comando, o solo nel caso uno lo desiderasse soggettivamente, staremmo freschi, saremmo preda della volontà di taluni e non godremmo stabilmente degli indispensabili equilibri istituzionali. Nel PD deve essere eguale. Avete voluto il partito contenitore, il partito sommatoria? È giusto allora che dentro a quella sommatoria vi sia spazio strutturale per una opposizione che conti i peli alla maggioranza, e faccia le bucce a garanzia di tutti. Siete contro le pastette? Bene, desiderate allora come vostro più grande desiderio che qualcuno getti più luce possibile sulle scelte di chi comanda. Desiderate un’opposizione a prescindere. Ed evviva Totò.

La intemerata polemica di Renzi appare ancor più curiosa, poi, perché in questo momento assistiamo a un fenomeno che solo la temporalità e la storia politica possono rappresentarci adeguatamente. Avete presente la decisione del governo sull’IMU e per la sua abolizione sulla prima casa? Be’, un paio di anni fa Renzi si è opposto ante litteram proprio a questa decisione, che oggi è scritta sulla sua legge di stabilità, pronunciando queste parole che appaiono davvero una specie di requisitoria contro se stesso: «Ma il problema centrale nella battaglia di Berlusconi non è la tassa sulla casa, che esiste in tutto il mondo e che, a maggior ragione, deve esistere nel Paese in cui l’81% dei cittadini ha un’abitazione di proprietà. Non è questo. Il vero punto di svolta è il ragionamento culturale che lo sostanzia. Proponendo l’abolizione dell’Imu, Berlusconi gioca la carta della pancia». Ecco un bell’esempio di opposizione ‘a prescindere’, strutturale, ‘a priori’ perché antecedente alle proprie decisioni e rivolta contro se stesso!

C’è una verità logica, ed è questa: io sono l’opposizione di me stesso. È il massimo che vi posso concedere, dice Renzi. Vi faccio persino opposizione ‘a prescindere’, a priori e contro i miei stessi provvedimenti: però non chiedetemi di più. E contentatevi così. L’opposizione è in me, e io sono l’opposizione. Tutto si raggruma nella mia figura, e si esaurisce in una sorta di ascesi spirituale. ‘L’Etat c’est moi’, diceva già Luigi XIV, a indicare che in lui c’era tutto e tutto si riassumeva nella sua figura: decisione e non decisione, governo e opposizione. E questo ben prima di Totò. Renzi dovrebbe solo averne piena consapevolezza, anche se siamo sulla buona strada. Ma vi rendete contro che risparmio di costi? Invece di un Parlamento e di infinite assemblee elettive, avremmo un unico sovrano assoluto che si fa anche opposizione da solo. Un ‘peso e contrappeso’ riassunto in alcune decine di chili e in unico stipendio politico. Un unico ‘costo’ con dentro pure l’opposizione. Una specie di offerta da supermercato: un 2×1, o anche un 3×1 se fossimo spinti a scomodare per Renzi anche la Trinità. È una cosa grossa. Una sorta di signoria, come a Firenze. Vedremo.

peppino

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