di Roberta De Santis – 29 febbraio 2016
Anch’io, come è stato detto da commenti “di minoranza”, trovo stucchevole la coltre di ipocrisia che scorre a fiumi in questi giorni sulla vicenda di Tobia. Non ho certezze ed è un tema pieno di chiaroscuri ma nel sentire/leggere molte opinioni -anche di persone che stimo- ho la sensazione del moralismo del PCI o della DC negli anni ’50.
1) Il desiderio di maternità/paternità a tutti i costi è lo stesso che muove la funzione riproduttiva nelle persone che non hanno bisogno di ricorrere alla procreazione surrogata. Ovvero, identico movente di proiezione del sé, di desiderio di continuazione.
2) In più, immagino che la maternità/paternità per chi fa ricorso alla surrogazione sia un atto meditato e consapevole – in media, più di quanto sia in molte coppie che si riproducono in modo canonico -, cioè non credo sia come andare a fare la spesa al supermercato. Invece sui media la loro scelta è banalizzata e ridotta a un mero, cinico atto di acquisizione.
3) Se una delle obiezioni è che si forza la natura in modo intollerabile, facciamocene una ragione: la dimensione biologica, psicologica e sociale dell’essere umano ha da sempre piegato la natura alle ragioni umane.
4) Se una delle obiezioni è l’accessibilità in base al reddito, la stessa cosa è – con le dovute proporzioni – per la fecondazione assistita, che non so se è erogata dal SSN ma credo di no o, comunque, lo è in misura marginale rispetto alle richieste (sicché la gran parte deve rivolgersi a centri privati). Ed è lo stesso per molte cure mediche, ad esempio.
5) Se una delle obiezioni è lo sfruttamento del corpo delle donne, forse si possono fare alcuni distinguo. Se non sbaglio – ma non sono molto informata – in Canada e in UK è vietato retribuire la donna per la surroga: analogo a quello che avviene in Italia per la donazione di un rene, che è legale solo se è consapevole e spontanea (cioè non contro pagamento). Ben drammatica è invece la situazione in Paesi dove la povertà è molto diffusa e le giovani donne sono indotte dalla miseria a surrogare. [Ma allora la nuova frontiera del classismo sarà la possibilità di maternità surrogata negli Stati ricchi, mentre in India o in Ucraina andranno gli occidentali che non sono abbastanza ricchi….]
A mio avviso, la questione della maternità surrogata andrebbe guardata con un po’ più di umiltà, empatia, laicità e senso della complessità da parte dei suoi detrattori.