Sui giornalisti e sui blogger…

per Davide Morelli
Autore originale del testo: Davide morelli

Credo nel giornalismo partecipativo. Non credo nella indipendenza dei giornalisti professionisti. Un giornalista spesso la sua libertà di pensiero la paga a caro prezzo. Ma non c’è solo questo. I giornalisti professionisti sanno tutto ma anche niente. Sono costretti ad essere, volenti o nolenti, dei tuttologi. Una volta un tale mi disse che non si può immaginare quante cose si imparano lavorando in una redazione di un quotidiano. Personalmente ritengo che possa impararle altrettante un disoccupato che legge libri presi a prestito dalla biblioteca comunale, anche se non gode di fonti riservate. Montanelli dichiarò che i giornalisti spesso scrivono di cose di cui non sono competenti. Perciò – dico io – possono imparare l’arte dell’improvvisazione anche i famigerati blogger. Possono essere tuttologi anche i cittadini comuni. Non solo ma il grande Claudio Perroni tempo fa mise alla berlina gli strafalcioni dei giornalisti. Non si trattava di semplici refusi, ma di corbellerie che denotavano talvolta incompetenza. In definitiva di cose abborracciate se ne trovano anche nei quotidiani. Intendiamoci: mai generalizzare, ma non bisogna neanche considerare i giornalisti una ristretta cerchia di eletti. Sul giornalismo italiano ci sono luci ed ombre. Da una parte per fare l’esame da giornalista pubblicista bisogna aver scritto una certa quantità di articoli per una testata giornalistica. Ma i criteri di selezione dei praticanti non sono chiari. Alcuni probabilmente a torto per questo motivo  li considerano dei privilegiati. Un difetto evidente dei giornalisti è senza ombra di dubbio il sensazionalismo, che talvolta fa venire voglia di ascoltare “C’è un’aria” di Giorgio Gaber. Un’altra cosa discutibile? I finanziamenti statali di cui godono i giornali. Si tratta di grandi cifre. Però la democrazia ha i suoi costi. D’altra parte è anche vero che molti giornalisti sono precari e sottopagati. Inoltre la libertà di stampa in Italia è pura utopia e alcuni professionisti della carta stampata vivono sotto scorta. Come se non bastasse la vita nelle redazioni non è facile. Talvolta ci sono casi di mobbing, nonostante la cultura dei giornalisti. A tal riguardo basti pensare che secondo alcuni “Il deserto dei Tartari” simboleggiava proprio la redazione de “Il Corriere della Sera” in cui lavorava Buzzati. In America ci sono blogger di ogni tipo, spesso un poco folli e molto complottisti. Ricordiamoci però che ci sono anche blogger lucidi e che sanno usare i congiuntivi. La categoria ad ogni modo gode di scarsa credibilità. D’altronde la società americana è malata e piena di contraddizioni. Sforna pensatori disturbati e serial killer ad ogni ora, nonostante l’America sia la più grande democrazia del mondo, in cui sono tutelati discretamente i diritti civili. Lo stesso Pasolini intervistato da Oriana Fallaci ammetteva ciò senza alcun dubbio. Qui in Italia ci sono poche blogstar. Forse l’epoca delle blogstar non è mai nata e siamo subito entrati nell’epoca delle influencer. Vi lamentavate tanto di chi voleva competere con i giornalisti a suon di post ed ora beccatevi tutte queste aspiranti fotomodelle, che guadagnano migliaia di euro per ogni fotografia in abiti succinti! Non è questione di fare il moralista. Non lo sono affatto. È questione di buon senso e di non prendere per i fondelli chi lavora sul serio ed anche chi non ha un lavoro. Ma torniamo ai blog ed ai blogger. Ciò di cui  l’Europa ha paura è la libertà di espressione dei cittadini. Per questo motivo a mio avviso l’osservanza del gdpr del 25 maggio 2018 comprende anche i piccoli blog senza alcun fine di lucro con multe da capogiro. Naturalmente il garante della privacy per ora ha mostrato molta ragionevolezza, chiudendo un occhio di fronte ai molti blog non in regola(ad esempio su WordPress, su blogspot, eccetera eccetera). Ma non bastava forse che gli stessi blogger fossero punibili per i reati di diffamazione o di diffamazione aggravata come i giornalisti? Oppure probabilmente chi ha fatto le leggi voleva favorire i quotidiani di tutta Europa, che vendono molte meno copie da quando c’è il web. L’editoria deve essere tutelata legittimamente, prendendo provvedimenti legali nei confronti di certi canali Telegram, ma di fronte ad avversari anche essi legittimi come i giornalisti partecipativi deve raccogliere la sfida e saper dimostrare di stare sul pezzo con versioni online dei quotidiani all’avanguardia ed altre iniziative meritevoli. Lo snobismo di alcuni giornalisti di un tempo potrebbe essere controproducente. Oggi un giornalista deve guardare quel che succede in rete.

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