SUGGERIMENTI AGLI SCIENZIATI

per Filoteo Nicolini
Autore originale del testo: FILOTEO NICOLINI

SUGGERIMENTI AGLI SCIENZIATI E AI FILOSOFI

OVVERO, COME CAMBIARE ROTTA.

Immaginiamo un folto gruppo di scienziati e filosofi, equanimamente scelti tra donne ed uomini, ai quali vengono fatti quattro suggerimenti ragionati su come svolgere il loro lavoro, per poi tener conto delle risposte. Non hanno né volto nè nome, sono un campione di chi pensa, ricerca, studia, vive nei laboratori, dà classi universitarie. Si tratta naturalmente di un esperimento mentale, immaginato, un gioco da non prendere troppo sul serio, ma che è però serissimo. In quel che segue, gli appunti della relatrice che ha illustrato i consigli.

Partiamo dalla filosofia, dal fatto che nella Grecia si raccomandava di prendere le mosse dalla meraviglia per indagare la realtà. Se si parte dalla meraviglia di fronte alla Creazione e le cose del Mondo, da null’altro che la meraviglia, si mette un seme nella terra e poi da quel seme nasce una pianta. Ogni sapere ed ogni studio deve in un certo senso aver per inizio la meraviglia. Ma è ben diverso se si parte, non dalla meraviglia, ma da abitudini mentali accademiche o di tradizione, perchè in quel caso c’è il rischio di costruire una pianta di cartapesta invece di farla sbocciare da un seme.

Buttato lì, questo primo consiglio ha lasciato l’uditorio perplesso, ed si ascoltano alcuni brusii. Ma filosofi e scienziati nella stragrande maggioranza hanno annuito e riconosciuta giusta l’idea della meraviglia come passo iniziale; solo qualcuno si è detto in disaccordo.

A questi pochissimi riluttanti ho spiegato che si può essere il più acuto pensatore, si può avere una intelligentissima concatenazione di idee, e tutto sarà giusto, ma il giusto pensare può essere un freddo gioco di concetti che non coinciderà necessariamente col reale. Lo stato di meraviglia sempre rinnovato predispone invece a quell’atteggiamento di profondo interesse, di spontanea ammirazione per l’oggetto di studio. Ma ostinatamente quei pochi si sono ritirati scandalizzati.

Dopo lo stadio della meraviglia, il secondo suggerimento è stato che il pensare debba mettere radici nel sentimento della venerazione.

Qui, una volta placate alcune reazioni immediate di insofferenza nella platea, si è spiegato educatamente che, anche se il pensare è partito dalla meraviglia e si hanno disposizioni naturali perchè esso divenga acuto, può facilmente subentrare la superbia, per cui si gode dell’acume e si mira solo a sviluppare l’intelligenza con sentimenti egoistici . Allora quella meraviglia iniziale non basterà per penetrare la realtà. La raccomandazione data è che alla meraviglia si aggiunga la venerazione per quello a cui il pensare si dirige. Il pensiero cioè non deve vagare per proprio conto e alla leggera ma avere radici nella rispetto riverente per l’indagine che si sta svolgendo. In qualche modo, il suggerimento mira ad accrescere umiltà d’animo e modestia.

A questo secondo consiglio, alcuni partecipanti si sono burlati dell’idea, perchè dal punto di vista della scienza non è possibile riconoscere che la venerazione abbia a che fare con la ricerca, la conoscenza e la verità. Qualcuno al massimo ha concesso che nel suo laboratorio ci si può entusiasmare per gli esperimenti, ma solo come una faccenda personale. Gli interventi si sono susseguiti, fino a quando il gruppo iniziale si è ridotto di un bel po’. Rimane solo uno manipolo disposto a seguire, che si dichiara d’accordo con quanto si è suggerito finora.

A questo gruppettto ora viene detto con le dovute cautele che…. seppur accettati i sentimenti di meraviglia e venerazione, purtroppo non si progredirebbe più di tanto. Ci si troverebbe con un pensare giusto e permeato di molti argomenti, ma comunque il tutto sarebbe assai incerto e insufficiente. E qui come suggerimento viene avanzata una terza condizione da raggiungere nell’anima: quella di sentirsi in armonia con le leggi del mondo, il mettersi in armonia con la realtà. Il gruppetto residuo ha mostrato segni di insofferenza, agitandosi e chiedendo ripetutamente la parola.

Ascoltati alcuni dubbi iniziali, si è replicato che bisogna saper osservare il mondo esterno e che oggi si dà molta importanza al fatto di appropiarsi rapidamente di questa o quella conoscenza, senza dare maggiore valore al come rendersi maturi per poi arrivare a comprendere certe verità. Per quanto ci si sforzi, un errore può sempre avvenire. Un giudizio giusto può risultare solo quando si sia raggiunto certo grado di maturità e si sia aspettato che esso stesso possa venirci incontro, possa essere percepito intuitivamente.

Ciò ha causato stupore nel gruppetto, ma la spiegazione ha proseguito così. Al giudizio giusto potrà sperare di giungere chi si applichi con cura a rendersi sempre più maturo ed attendere che i giudizi gli fluiscano incontro grazie alla maturità. In ogni singolo caso un giudizio generico può non significare nulla, invece bisogna aprirsi senza preconcetti né unilateralità e lasciare che il giudizio sia pronunciato in un certo senso dai fatti stessi che si svolgono davanti a noi.

In altre parole, chi è divenuto maturo sarà sempre riservato nel giudicare, anche se pensa di avere ragione, ed aspetterà saggiamente che il mondo esterno dia il giudizio. Goethe diceva che i fenomeni sono le teorie, esprimono da sé le loro idee quando ci si è resi maturi, e questo è porsi in armonia con le cose.

Di fronte a questo terzo motivato suggerimento, quel gruppetto ridotto si è assottigliato ancora, nuove defezioni si sono aggiunte. Rimangono in pochissimi, disposti ad ascoltare il quarto ed ultimo consiglio. Dopo una breve pausa caffè, si riprende in una assemblea ridotta al lumicino.

Si è illustrato il quarto suggerimento della devozione. E’ necessario qualcosa d’altro se il pensare deve giungere al reale, e ciò si chiama devozione nell’anima. Questo stato si raggiunge se continuamente si mediti sull’insufficienza del pensare e si dia vita al sentimento che il pensare possa solo educarci e farci divenire più saggi. Il pensare è in fondo un libero gioco di combinazione e concatenazione di idee e concetti.

Si è accennato all’idea che siamo liberissimi nell’elaborazione dei concetti perchè….la realtà è indifferente alle nostre elaborazioni e non ci costringe all’inizio in modo assoluto. Se continuamente venissimo corretti dalla realtà, non avremmo nella concezione delle idee il mezzo per auto educarci e per crescere spiritualmente. Così possiamo fare errori su errori nel nostro pensare, e se più tardi li correggiamo perchè la realtà così ce lo mostra, ci saremo educati da noi stessi, saremo divenuti più saggi. Naturalmente, dobbiamo pur sempre giudicare nella vita quotidiana, ma di fronte ad ogni giudizio dovremmo creare in noi certa prudenza nel tener per vero ciò che giudichiamo, dobbiamo renderci conto che dovunque applichiamo il nostro ingegno andiamo tuttavia a tentoni e possiamo sbagliare.

A questo punto, uno degli ultimi rimasti ha gettato la spugna ed ha esclamato:” Io sono sicuro di me nella vita. Non potrei andare avanti se mi trovassi costretto a dubitare del giudizio che applico ad ogni evento ed ogni fatto.” La risposta è stata: accogliere sempre con certa riserva qualsiasi giudizio e servirsene in quanto la vita lo renda necessario, ma non in quanto si stia riconoscendo con certezza il vero. E molti errori si eviterebbero se si lasciasse che la realtà ci istruisse e ci dicesse i suoi segreti. C’è in altre parole una differenza tra il giudicare e il lasciarsi istruire dalla realtà. La devozione a cui si accenna è proprio quel coglierne la differenza ed agire nella direzione dell’auto educazione. E’ quindi ben distante dallo stato di chi vuole, ad ogni costo e a qualsiasi gradino, penetrare con violenza nella ricerca della verità. Non si vuole screditare la ricerca in assoluto, solo indicare un cammino per ampliarne la portata e la profondità.

* * * * * * *

Quel nutrito gruppo iniziale si è ridotto a una sola donna. Tutti gli altri si sono ritirati perchè in aspro disaccordo con i consigli e le motivazioni presentate. E’ un magro risultato che sgomenta, o l’inizio di un cambio di rotta da coltivare? La donna e la relatrice si rincuorano a vicenda e si dispongono ad approfondire il tema. Ecco alcune conclusioni a cui giungono.

Seppur le raccomandazioni siano state dirette in principio a scienziati e filosofi, non è difficile riconoscerc che esse siano valide per chiunque sia impegnato nella vita quotidiana, la quale richiede continuamente giudizi e valutazioni. L’impressione è che le reazioni avverse dei partecipanti siano dovute a una prevalenza di egoismo, una preponderanza egoistica che i quattro consigli vorrebbero equilibrare. L’essere umano è più egoico di quanto dovrebbe essere. Ammetterlo non è facile, nel campo intellettuale ancora meno.

Che vuol dire? Significa che ci siamo immedesimati in eccesso con il nostro pensiero, coi sentimenti, con la volontà, ci siamo impigliati in queste attività dell’anima, amalgamati con esse. I miei pensieri, i miei sentimenti, la mia volontà: ecco la nostra identificazione possessiva col pensare, col sentire e col volere. In questo modo abitudinario ci sperimentiamo interiormente, col quel senso di possesso, di proprietà esclusiva. Dovremmo invece giungere al punto di essere spettatori di noi stessi, ma è straordinariamente difficile immaginarlo. I consigli proposti vanno appunto continuamente rivisitati nell’anima e compresi nella loro valenza trasformatrice. Il futuro è difficile da immaginare perchè siamo abituati ad andare per il mondo portando con noi un secondo individuo che pensa, sente e vuole accanto a noi.

Le quattro raccomandazioni, se comprese e vissute con intensità nell’anima, possono emendare quella superbia della ragione che si crede capace di comprendere tutto e subito. La conoscenza umana non è limitata, ma la ragione come tale sì, se rimane così come è. Si tratta di risalire faticosamente la china.

(Fondato sull’Antroposofia di Rudolf Steiner)

FILOTEO NICOLINI

Immagine: Acqua salata, tacuinum sanitatis casanatense, XIV secolo

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