Fonte: La stampa
Il dietrofront di Gianni Letta e la fine di una stagione
Caro direttore, la vita del consigliere del principe è lastricata di ansie, sospetti e veleni. Pier delle Vigne, che pure teneva “ambo le chiavi del cor di Federigo”, venne processato in base alle dicerie dei cortigiani della sua epoca. E Rasputin, che pure aveva saggiamente consigliato al suo zar Nicola II di evitare di entrare in guerra, fu ucciso dai notabili della corte che non lo avevano mai sopportato. Nelle loro sorti, e in quelle di un’infinità di altre figure di ogni epoca e ogni regime, si può ravvisare quasi un destino. Che i tempi moderni hanno reso più gentile ma forse non meno controverso.
Si svela così la doppia anima del consigliere. Che per un verso si fa d’ombra ed evita ogni forma di sovraesposizione. E per un altro invece è chiamato a illuminare i tratti oscuri della foresta politica che il suo leader cerca di dominare anche attraverso i consigli che gli vengono offerti. Così è stato appunto Gianni Letta nei molti anni di Berlusconi. Pronto a mettere in evidenza i rischi di certe forzature. E prontissimo a fare proprie le opposte conclusioni a cui inesorabilmente approdava il Cav.
Il fatto è che la vita del consigliere è sempre più grama di come la immaginiamo. Egli è oggetto di molte invidie, come è ovvio. Contro le quali però non può mai scendere in campo aperto. Le sue regole d’ingaggio implicano infatti una sorta di voto del silenzio. La sua parola viene appena sussurrata all’orecchio del principe. Ma è bene che nessun altro la ascolti, e tantomeno la interpreti. E se poi qualcuno la decifra a modo suo, e magari in modo distorto, ne nascono equivoci che il consigliere non potrà mai chiarire del tutto e da cui invece il principe potrà infine trarre sospetti.
Il buon consigliere non si mette mai in proprio. Egli non può peccare di vanità e si spera che abbia la tempra giusta per resistere alle maldicenze che da che mondo è mondo lo accompagnano. Ma è proprio quel suo accorto defilarsi -figlio insieme di un’etica e di un’astuzia- che rende un certo onore al suo merito e offre un riparo al suo rischio.
Ora, non è dato sapere come Letta continuerà se stesso. Ma quelle voci che lo accompagnano verso il disimpegno da Forza Italia sembrano annunciare anche la fine di una stagione. All’indomani della quale si intravedono leader di nuova generazione che non ascoltano volentieri i consigli controversi e vanno in cerca di collaboratori più prontamente allineati.Anche questo, alla fine, appare come un passaggio quasi epocale. Laddove tramonta una politica fatta di strategie meditate e si afferma in suo luogo una politica fatta di impulsi più diretti e qualche volta nervosi e imperiosi. I nuovi prìncipi si sentono forti ora che tramontano i consiglieri di una volta. La loro velocità può finalmente farsi più spedita e la rotta del giorno può essere tracciata senza rimuginare troppo. Così, l’equazione è diventata più facile e la raffinata e maliziosa capacità di calcolo del consigliere può lasciare il campo libero per il leader dei nostri giorni. Il quale però non sa che proprio il piccolo intralcio del suo consiglio di guerra era quello che infine gli consentiva di darsi la strategia più accorta.