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di Ivana FABRIS – 12 maggio 2017
La Signora Serracchiani, nonché presidente della regione Friuli Venezia-Giulia, due giorni fa e addirittura con una nota stampa (!) si è prodotta in uno dei passaggi più VERGOGNOSI della storia del nostro paese in questi ultimi anni.
Non esagero.
Per il contenuto violento, meschino, infimo e rivoltante della sua esternazione, le sue parole sono state uno schiaffo in piena faccia.
Per chi ha subito uno stupro.
Per chi, tra i migranti, è potenzialmente considerato dal pensiero dominante uno stupratore unicamente per la sua provenienza geografica.
Per chi, tra le vittime, ora saprà di aver subito un insulto meno grave per il solo fatto che a compierlo è stato un italiano e non un migrante.
In più, tanto per non farsi mancare nulla, sono state un aggravio anche sul piano del ‘divide et impera’: stuprate di serie A e stuprate di serie B.
La Signora Serracchiani non solo ha insultato tutte le donne nel loro essere esposte di continuo alla violenza fisica, ma ne ha insultato anche l’intelligenza ed ha alimentato un vergognoso sistema propagandistico che vuole come assodata, logica, normale e conclamata, la violenza contro le donne da parte dei migranti.
Non basta il razzismo della Lega, non basta la xenofobia dilagante nel paese, ci mancava lei.
Dall’alto del suo arrogante quanto vacuo linguaggio da lacchè del sistema renziano, ha osato alzare lo sguardo sulle vittime della violenza.
Ci dovrebbe anche spiegare, la Signora Serracchiani, in che misura uno stupro da parte di un migrante possa essere più grave di quello perpetrato da parte di un italiano.
Come se uno stupro non fosse uno stupro in sé, ma potesse essere davvero meno grave se a compierlo fosse un laureato alla Bocconi piuttosto di un letterato o di un impiegato solo perché nativi sul suolo italiano.
O voleva forse dire che se ad abusare, magari di una ragazzina, sono un padre, uno zio, un fratello, un conoscente, un parente o un perfetto sconosciuto, solo perché italiani, fa meno male?
Dall’alto della sua piccola torre d’avorio, ricavata grazie al divenire la favorita del re Sole Matteo, così incapace e disinteressata al compenetrarsi nel dolore di quel popolo che dovrebbe governare non solo in Friuli ma anche come appartenente al PD e quindi come forza di governo, lo sa la Signora Serracchiani cosa significhi essere stuprata?
Evidentemente no.
Così come è evidente che ogni argomento – senza minimamente preoccuparsi del danno che farà a chi è già stato danneggiato – è buono come strumento per procurarsi visibilità e fare audience prima di tutto per sé e, nel contempo, per il suo indegno partito pieno di indegni figuri.
D’altro canto non ci stupisce e neanche ci aspettiamo niente di meglio o di diverso dagli appartenenti ad un partito che, contro le donne, agisce ormai quotidianamente in ogni ambito in cui si esprima con leggi, decreti, provvedimenti e proclami.
Tuttavia non si può tacere dinnanzi alla protervia di simili affermazioni pronunciate solo per protagonismo viscerale associato al propagare una diffusa cultura dell’odio e della divisione.
La nostra Debora, evidentemente caduta ormai nel cono d’ombra che ha investito il suo re, doveva in qualche modo assurgere nuovamente all’attenzione del mainstream e poco conta se per farlo abbia vergognosamente violato, abusato, lei stessa, di tutte le vittime di stupro.
Certo, come donna, in politica se non assumi il dettato patriarcale, se non fai del maschilismo la tua cifra, nessuno ti considera.
Questa è la norma nel PD e nel sistema politico italiano.
Adesso si smentiranno le sue parole, si dirà che abbiamo tutti capito male.
Beh, lo sappia la Signora Serracchiani che a nulla varranno le giustificazioni che saranno diffuse a mezzo stampa sulle sue squallide parole.
A nulla servirà tentare di convincerci che ancora una volta abbiamo frainteso il loro senso.
A nulla servirà dire che lei voleva semplicemente asserire che proprio perché ospiti di un paese, si debba aver maggior rispetto anche in virtù dell’integrazione.
Se proprio fosse una questione di onorare l’ospitalità, inizi la Signora Serracchiani a levare i suoi piedi dal nostro corpo e dalla nostra intelligenza – visto che la stiamo ospitando nelle Istituzioni del nostro paese – risparmiando parole che sono in sé, un’istigazione alla violenza efferata su una violenza altrettanto efferata a prescindere da origine, etnia e posizione sociale.
Il corpo di una donna, violato da chicchessia, cara Signora Serracchiani, non è come entrare in casa d’altri.
Non basta infilarsi le pattine per non sporcare il pavimento giusto per non offendere l’accoglienza della padrona di casa.