Strage di piazza Fontana: Lotta Continua e la CIA

per Gabriella
Autore originale del testo: Marco Nozza
Fonte: Il Giorno
Url fonte: http://www.webalice.it/gangited/_L/LottaconCIA.html

di Marco Nozza, pubblicato su Il Giorno del 31 luglio 1988

Nell’articolo pubblicato ieri dal “Giorno”, col titolo suggestivo “caro direttore, io c’ero”, articolo molto bello soprattutto perché molto sincero, e coraggioso, Adele Cambria ha raccontato come accade che, all’indomani dell’omicidio Calabresi, dovette subire un processo per “apologia di reato e istigazione a delinquere”, dato che il suo nome figurava alla “direzione responsabile” del quotidiano fondato da Adriano Sofri. Come tanti altri giornalisti che si succedettero a quella direzione, anche la Cambria aveva prestato il proprio nome perché la legge di allora, anacronistica, impediva ai non giornalisti di firmare un quotidiano. “Non condividevo minimamente quelle parole” (e cioè i commenti sulla morte di Calabresi). “La mia firma era un tributo alla garanzia di libertà d’espressione”.

“Fui, insieme a due militanti che avevano venduto, quel 18 maggio 1972, le copie incriminate del quotidiano “Lotta continua” – così racconta la Cambria -, l’unica a essere processata, e per direttissima, a causa dell’omicidio Calabresi”.

Per la storia, altri quattro imputati aderenti a Lc furono processati a Torino, proprio il giorno del processo alla Cambria. E quelli si beccarono un anno e quattro mesi di reclusione, senza la condizionale. Nel quartetto c’era anche Andrea Casalegno, figlio del giornalista della “Stampa” di Torino, Carlo Casalegno, che cinque anni dopo, il 16 novembre 1977, sarebbe stato vilmente assassinato sotto casa dalle Brigate rosse.

Ma l’aspetto che più colpisce, nel racconto di Adele Cambria, è la descrizione che fa degli intellettuali di Lc che frequentavano la redazione romana di via Dandolo. “Sbagliati o giusti che fossero i loro ideali, li pagavano di persona”. “Vivevano davvero in povertà, nonostante fossero tutti abbastanza brillanti per inserirsi a pieno titolo nell’aborrito “sistema” (e alcuni, dopo, lo hanno fatto), e non era infrequente, da parte loro, la cessione all’organizzazione della proprietà della casa ereditata dalla famiglia…”. “Insomma, quello che poi, studiando i sacri testi del marxismo-leninismo, io stessa avrei definito l'”ascetismo rosso stalinista”, dominava l’ambiente: sia a Napoli (dove poi il quotidiano non si fece), sia a Roma nella redazione di via Dandolo, pieno di sedie, spagliate e con un unico, veneratissimo “operaio”, che veniva custodito (sarò un po’ cattiva…) quale reliquia…”.

E con via Dandolo, finalmente, siamo arrivati al punto.

L’Adele Cambria alla direzione di “Lotta continua” ci resistette per brevissimo tempo. Altri, per periodi più lunghi. E come mai nessuno, proprio nessuno, dei tantissimi direttori che si susseguirono alla guida di quel giornale, fu pungolato dalla curiosità di sapere di chi era la tipografia che stampava “Lotta continua”, la “Tipografia Art-Press”, che si trovava nei locali della stessa redazione in via Dandolo al numero 10?

La storia nasconde aspetti davvero molto strani. Perché? Ma perché, al medesimo indirizzo, esisteva la Dapco. E la Dapco era l’editrice del “Daily American”, il giornale degli americani di Roma. Risultava di proprietà di una società il cui amministratore unico era un americano degli Stati Uniti, tale Robert Hugh Cunningham.

Chi era costui? Nato a Lovelville, nell’Ohio, il 10 gennaio 1920, Robert Hugh Cunningham era un collaboratore eminente di Richard Helm, quando Richard Helm era capo della Cia. Chi lo dice? Lo dice (e lo scrive) Victor Marchetti, nel libro “Culto e mistica del servizio segreto”, edito in Italia da Garzanti. Qualcuno, a questo punto, obietterà: il pubblicare il “Daily American” non potrebbe essere una pura attività collaterale, privata, del signor Robert Hugh Cunningham? Ci sono però alcuni problemi che complicano la faccenda. Eccone uno: appena arrivato a Roma, e cioè nel ’68, questo signor Cunningham aveva come socio un vecchio americano ultrasettuagenario, tale Samuel Meek, che aveva amministrato il “Daily American” dal 1964 e agiva, anche lui, per la Cia. Sia pure solo come fiduciario, non come vero e proprio agente. L’agente vero era Robert Hugh Cunningham.

Tutto qua? Obietterà qualcuno che un conto è la Dapco e un conto è la Art-Press, la tipografia che stampava “Lotta continua”. Difatti: la società Dapco si costituì, sempre a Roma, il giorno 1 dicembre 1971, con atto a rogito presso il notaio Domenico Zecca.

Due cose diverse? Pare di no, invece. Perché i soci della Art-Press risultano tre: Cunningham padre, madre e figlio. Amministratore della Dapco: Cunningham senior. Amministratore della Art-Press: Cunningham junior. Che si chiama come il padre: Robert Hugh Cunningham.

Si dirà: un conto è il padre, un conto è il figlio. Ci sono tanti figli che sono dissimili dal proprio padre, completamente diversi, contrapposti. Vedremo, più avanti, che non è così.

Nel ’71, intanto, avviene un’altra cosa strana, stranissima. Presso la cancelleria delle società commerciali, esistente nel tribunale civile e penale di Roma, due signori presentano un documento dal quale risulta che accettano di diventare “amministratori della Spa Rome Daily American con deliberazione dell’assemblea ordinaria del 27 settembre 1971”. Come si chiamano questi due signori? Uno si chiama Matteo Macciocco, nato a Olbia (Sassari) il 1 aprile 1929, domiciliato a Milano in via Turati 29. Il secondo si chiama Michele Sindona, avvocato, nato a Patti (Messina) l’8 maggio 1920, domiciliato a Milano in via Visconti di Modrone 30. Entrambi dichiarano che a loro carico non esiste alcuna delle cause di ineleggibilità e, precisamente, di non essere interdetti, inabilitati, falliti, né condannati a una pena che comporti l’interdizione dai pubblici uffici e l’incapacità di esercitare…

Nel ’71, dunque, Sindona succede a Cunningham, Cunningham senior, nella gestione del “Daily American”. Giornale che fallisce, subito dopo il fallimento di Sindona. E a sostituire il “Daily American”, ecco che compare, a Roma, un altro quotidiano per cittadini Usa in Italia. Si chiama “Daily News”. I suoi proprietari? Robert Hugh Cunningham senior e Robert Hugh Cunningham junior. Toh! Forse questa è un’altra storia. E però, proprio mentre fallisce il “Daily American”, succede che “Lotta continua” cambia tipografia, non si lascia più stampare dalla Art-Press. È nata infatti una nuova società, che si è fissata la durata “fino al 31 dicembre 2010”. Nome: “Tipografia 15 giugno”. Soci: Angelo Brambilla Pisoni, Pio Baldelli, Marco Boato, Lionello Massobrio. Tutti quelli che si presentano davanti al notaio di Roma, che stavolta è Franco Galiani, si dichiarano cittadini italiani. L’ultimo della fila, no. Questo è un cittadino statunitense. Si chiama?

Si chiama Robert Hugh Cunningham junior. Sempre lui. Il figlio, ormai ha preso il posto del padre. E si muove meglio del padre, perché non soltanto si dà da fare (molto bene) con quelli di “Lotta continua”, ma tiene sotto controllo (sotto controllo?) anche le frange accalorate di “Autonomia”, di cui divulga (su giornali e riviste) le idee più eversive, più deleterie.

Verso gli anni Ottanta, prende a languire lo slancio di “Lotta continua”. Il giornale si spegne proprio mentre, negli Stati Uniti, appare la stella nuova, quella di Reagan. A questo punto, da parte di Cunningham junior non c’è nemmeno più la preoccupazione di nascondere quello che, effettivamente, rappresenta.

E Reagan, appena eletto presidente degli Stati Uniti, lo nomina responsabile del partito repubblicano in Europa. Per che cosa? Per l’informazione. Robert Hugh Cunningham diventa l’uomo più reazionario dell’équipe di Washington. Rambo tra i Rambo. Ed è ancora un giovanotto: ha appena superato i quaranta. Come i suoi coetanei di “Lotta continua”, del resto. I quali adesso – con l’affare Calabresi – sono nelle grane. Alcuni, almeno.

Ma lo sapevano, quegli sprovveduti, con chi avevano a che fare?

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