Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 4 marzo 2015
Ormai è evidente che il 3 settembre scorso, quando Renzi annunciò la blitzkrieg della ‘buona scuola’ a ridosso del nuovo anno scolastico (soprattutto per cavalcarlo mediaticamente), le idee non erano chiarissime, al più si assicurava di assumere quasi 200.000 persone oggi precarie. Per il resto si guadagnava tempo lanciando la campagna via web (sei mesi) per riaffrontare tutto con comodo nella successiva primavera (ossia adesso). Il premier non aveva calcolato a sufficienza la ‘ruvidezza’ della materia (come scrive Folli oggi) e non aveva messo in conto intoppi. E invece l’assunzione di oltre 150.000 persone, con grandi aspettative dopo l’incauto annuncio, non è cosa facile. Coperture economiche carenti, criteri indeterminati per le assunzioni, il timore di una valanga di ricorsi, sono tutti fattori che lo hanno spinto alla sua solita strategia pokeristica: scaricare responsabilità sul Parlamento con la scusa la più stupida (“dicono che sono un dittatorello perché faccio troppi decreti”), prendere altro tempo prezioso e decidere di ‘decretare’, nel caso, quando i tempi molto ravvicinati alla scadenza non consentiranno più polemiche.
Nel frattempo lui un segnale al fronte moderato (anche d’opposizione) lo ha mandato: ci saranno sgravi per le scuole private. Per il resto, si fa ‘politica’ anche con questa riforma, perché il preside diverrà ‘leader educativo’ (Giannini) e sceglierà personalmente la sua squadra di docenti (nasce l’uomo solo al comando, una specie di neoItalicum scolastico).Nella sportina entreranno nuove materie, più che altro per fare numero, perché non risultano all’orizzonte grandi rivoluzioni didattiche. Gli insegnanti verranno valutati in modo intransigente (parrebbe), così le famiglie sono più contente. Ma l’impressione è che ci si sia occupati della ‘crosta esterna’ della scuola e della sua struttura ‘politica’, e per il resto o si sia lasciato tutto com’è, oppure si siano introdotte misure (come l’inglese in metodo Clil: ma con quali insegnanti qualificati? Boh) che fanno ‘comunicazione’ (come le tre ‘i’ berlusconiane) ma danno l’idea di una mela ricolorata all’esterno e sempre più ‘farinosa’ e priva di gusto all’interno. Che cos’è l’autoimprenditorialità degli alunni, un invito a gestirsi da soli materie e percorsi? Una specie di bricolage? Un’esortazione a iniziare a fare a meno della scuola intesa come istituzione? Una scuola che, con i comitati di valutazione, i docenti mentor, quelli di staff, i questionari agli studenti, ecc. appare sempre più ripiegata su se stessa, come un’azienda che ha perso di vista il ‘mercato’ e gioca a farsi lo storytelling motivazionale interno, perdendo tuttavia sempre nuove quote di consumo e di consumatori.
Ecco il punto. Questa non è più una scuola che vuole insegnare, ma una scuola che vuole apparire efficiente, che vuole misurarsi e auto misurarsi, che tramuta i docenti in studenti, che trasforma il preside in un amministratore delegato solo al comando. È una scuola allo specchio, ripiegata sulle proprie dinamiche interne, e quasi dimentica del fronte esterno, se escludiamo il mito dell’impresa e poc’altro. L’idea è che la didattica migliori (o possa migliorare) se la forma scolastica diventa quella aziendale, efficientistica, gerarchica, se si mettono sotto controllo i docenti, se scatta un regime produttivistico, se la disciplina viene rispettata, se la gerarchia è tutto, se il Capo ha le mani libere, se si fanno le gabbie salariali, se la vicinanza al Capo è premiata, se l’idea del merito si afferma ancor prima della fissazione dei parametri necessari a valutarlo concretamente e a fornircene un senso concretamente giudicabile. Il contenuto scolastico si spolpa pian piano, mentre l’armamentario intorno (gerarchie, ruoli, funzioni, strutture) si complica. Ecco l’esito finale di una riforma raffazzonata, stiracchiata, da cui sparisce soprattutto la struttura portante della didattica a vantaggio dell’irrobustimento delle leve di comando interno. Una riforma che, prima o poi, qualcun altro, l’ennesimo miracolato dalla politica, l’ennesimo ‘passante’ alle primarie, cambierà a suo piacimento.