di Alfredo Morganti – 7 agosto 2017
‘La nostra scelta è di stare dalla parte delle vittime’. Così ha risposto Loris De Filippi di ‘Medici Senza Frontiere’ a chi gli chiedeva di ‘scegliere tra l’Italia e gli scafisti’ (segnatamente Galli Della Loggia sul Corsera) contro i principi di indipendenza, neutralità e imparzialità che guidano la condotta delle Ong. Non entro nel merito della vergognosa guerra condotta contro quest’ultime da chi non sa (e forse non vuole) gestire adeguatamente i flussi migratori, riducendoli perciò a una questione militare in mare, e di ordine pubblico in terra. Circoscrivere un tale fenomeno gigantesco a questione di polizia è davvero una imperdonabile miopia. Mi limito perciò a rilevarne i riflessi politici. È palmare che sulle migrazioni, e sui morti, e sulle tragedie del mare nonché sociali, stiamo assistendo a una specie di rincorsa a destra, in ossequio agli umori sempre più incattiviti dell’opinione pubblica. La politica ha perduto ogni capacità di guidare i processi, si limita solo a capire l’aria che tira, disponendosi nella sua torbida corrente. Si alimenta di fatto il populismo e l’onda anti-immigratoria ripetendone i refrain. Si vorrebbe battere la destra, insomma, facendo la destra. Con evidente contraddizione in termini.
Ma l’accoglienza non è ‘buonismo’, è civiltà. Salvare vite non è uno spreco di risorse. Se si cancellano le vie di accesso legali, è naturale che le donne e gli uomini in fuga da fame, carestie, guerra o che semplicemente sognano per se stessi un domani migliore, siano soggetti ai malfattori e rischino la morte in massa. Qui non è in questione la ‘sicurezza’ dei confini nazionali, come sento dire. Non è in discussione lo Stato (semmai la forza e l’autorità della Stato sono messe in discussione dalle mafie, dalla potenza dei flussi di capitale, dalla debolezza delle strutture istituzionali, dalla crisi, dalle disuguaglianze sempre più abissali), ma la sua capacità di proiettarsi con efficacia sul panorama internazionale, cogliendone i drammi e tentando delle soluzioni ragionevoli. È in discussione semmai la politica, che in preda a convulsioni pre-elettorali punta tutto su due cavalli: le tasse e il muro verso i migranti. Temi uniti mirabilmente tra loro dallo stesso egoismo sociale, per il quale ci si tramuta in popoli asserragliati nel proprio fortino di benessere oggettuale, frustrati e incattiviti dalla disfatta incipiente. Le classe e i partiti, nei momenti topici, accade che implodano. Così sta avvenendo.
Il punto non è solo che l’Europa non aiuta l’Italia, che l’Italia poverina è sola. Ci troviamo dinanzi, in realtà, all’estremo segnale di una crisi che avvolge la nostra coscienza democratica, che non può resistere se è solo l’economia a dirigere i giochi, se è solo il ‘consenso’ spiccio, elettorale a fare da bussola, e se stanno morendo i corpi intermedi, gli unici in grado di guidare l’opinione pubblica, di non assecondarne gli impulsi più bassi. Siamo individui soli dinanzi a eventi storici e sociali enormi e a destini incombenti sempre più gravosi. Vogliono che indossiamo appena la veste dei consumatori: ma da meri consumatori è impossibile uscire dalla presa dei propri singoli interessi di mercato. La tendenza a dare corpo, a dare ‘figura’ alle nostre angosce non viene alleviata dalla politica e dai media, al contrario viene rinfocolata. Nel tempo sono stati gli ebrei, e poi i rom, e poi i comunisti o i ‘negri’ a raffigurare i colpevoli, e fungere da capro espiatorio. Oggi sono i migranti. Ma si tratta sempre di ultimi, di vittime. Perché di vittime si ciba la storia: e non solo la storia dei potenti, ma sempre più spesso anche quella degli sfruttati. Vittime, ossia donne e uomini inermi. Che muoiono due volte: la prima in mare, la seconda nella coscienza etico-politica della sinistra odierna, mai così chiusa nel proprio cantuccio buio. Da dove è impossibile capire e inquadrare non dico gli ‘orizzonti’, ma nemmeno mettere a fuoco visuali appena più ampie di certi alambiccamenti ideologici che oggi ci arrovellano e ci accecano.