di Alfredo Morganti – 20 novembre 2017
Bersani l’ha chiamato “sovramondo”, e si riferiva al chiacchiericcio dei media attorno a vicende politiche più sussurrate che reali. Le veline e i retroscena hanno snaturato il mestiere del giornalista, oggi ridotto a storyteller di trame sempre più evanescenti ed estemporanee. D’altronde, se la realtà uno la perde di vista gli rimangono solo le storie bisbigliate dagli altri, magari proprio dai protagonisti della storia stessa, che da un po’ tendono a raccontarsi brevi manu mediale piuttosto che essere raccontati. In questo sovramondo sono persino comparsi i ‘volenterosi’ di Santagata, che riunisce i reduci prodiani del ’96 per schierarli a fianco di Renzi contro Grillo e la destra. Nella stessa assemblea, però, gli applausi sono scrosciati nei passaggi più anti-renziani. Curioso, no?
L’impressione è che si stiano ‘accroccando’ pur non amandosi affatto (d’altronde possono i prodiani amare i 101?), animati dal solo intento di non far ‘vincere’ gli avversari. Un accrocco tutto in negativo, senza un progetto comune, senza un’idea di cambiamento e nel vuoto di contenuti, sperando che ciò basti a convincere elettori riottosi, sempre più tendenti all’astensione e che oramai sembrano non avere più paura di votare nessuno. Tutto ciò, come se evocare Prodi possa essere sufficiente a fare ‘unità’ (solo evocare però, perché l’ex premier pare si manifesti appena telefonicamente, e adesso si trova persino negli USA) e a dare un’impressione, almeno mediale e sussurrata, di vera coalizione.
La verità è che stanno facendo un ammucchiata di personaggi, sigle, liste, pseudo partiti e raggruppamenti elettoralistici, che prelude a una futura balcanizzazione istituzionale del cosiddetto ‘centrosinistra’ di marca renziana in cantiere. Lo schieramento parlamentare che uscirà da questo connubio raffazzonato di liste e di volenterosi sarà un mosaico di gruppi frutto degli accordi percentuali patteggiati in queste ore (tanto al chilo). In mancanza di un programma positivo (e finanche di una stima comune) i rancori ‘coalizionali’ esploderanno tutti a urne chiuse e lì si giocherà la partita vera. Che, poi, io capirei l’accordo sulle quote (anche a garanzia dei gruppi più piccoli) a seguito di un confronto serrato e pubblico su programmi e contenuti, ma così non è. Loro si uniscono ‘contro’ le destre e i grillini, e tanto basti! Perché perdere tempo coi dibattiti sui programmi? Ci sono gruppi e gruppuscoli divisi e scomposti persino dentro al PD, che pure si autodefinisce ‘partito’ (esagerando).
Oggi, a quattro mesi dal voto, per dire, Orlando dichiara che non è detto sia Renzi il possibile premier di centrosinistra: ma come? non aveva vinto le primarie? e il PD non aveva una grande leadership? Le trattative fatte in barba alle idee e ai programmi genereranno tanti piccoli clan di sottopotere destinati a scatenare, al dunque, faide interne e rancori veri, soprattutto se arrivasse la sconfitta, magari cocente. Una sinistra unita, invece, organizzata in un partito nuovo, secondo il percorso tracciato in queste settimane, dinanzi a questa ‘combine’ renziana, che punta solo a non far ‘vincere’ gli altri, e a conquistare Palazzo Chigi senza badare troppo al ‘tipo’ di maggioranza a sostegno, questa sinistra unita, dicevo, è destinata a svolgere un ruolo di primo piano nel Paese. La prospettiva è quella di ribaltare il piano scosceso lungo il quale stiamo tutti scivolando, sospinti dal peso tremendo delle diseguaglianze sociali e dalla vanagloria di un potere all’ultimo giro di pista.