Sottrarre la democrazia al controllo dei creditori

per Gabriella
Fonte: keynesblog
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Un gruppo di eco­no­mi­sti di fama inter­na­zio­nale ha fir­mato un appello affin­ché i Paesi Mem­bri dell’Unione Euro­pea votino, durante l’Assemblea Gene­rale dell’ONU del 10 set­tem­bre, a favore di una riso­lu­zione per la gestione demo­cra­tica dei debiti sovrani, affin­ché le sorti dei Paesi inde­bi­tati ven­gano sot­tratte al mer­cato dei debiti, come nel caso dell’Argentina prima e della Gre­cia poi.

«La crisi greca ha mostrato che in assenza di un qua­dro poli­tico inter­na­zio­nale, che per­metta una gestione ragio­ne­vole dei debiti sovrani, e mal­grado la loro inso­ste­ni­bi­lità, uno Stato da solo non può otte­nere delle con­di­zioni pra­ti­ca­bili per la ristru­ttu­ra­zione del pro­prio debito. Durante le nego­zia­zioni con la Troika, la Gre­cia si è imbat­tuta in un osti­nato rifiuto in tema di ristrut­tu­ra­zione, in con­tra­sto con le rac­co­man­da­zioni stesse del Fmi.

Esat­ta­mente un anno fa a New York, l’Argentina, soste­nuta dai 134 Paesi del G77, ha pro­po­sto in sede Onu di creare un comi­tato che sta­bi­lisse un qua­dro legale a livello inter­na­zio­nale per la ristrut­tu­ra­zione dei debiti sovrani. Il comi­tato, soste­nuto da un gruppo di esperti dell’Uctad, vuole adesso sot­to­porre al voto 9 prin­cipi, che dovreb­bero pre­va­lere durante le ristrut­tu­ra­zioni dei debiti sovrani: sovra­nità, buona fede, tra­spa­renza, impar­zia­lità, trat­ta­mento equo, immu­nità sovrana, legit­ti­mità, soste­ni­bi­lità, regole maggioritarie.

Negli ultimi decenni si è assi­stito all’emergere di un vero e pro­prio mer­cato del debito a cui gli Stati hanno dovuto sot­to­stare. L’Argentina, prima in que­sto pro­cesso, ha dovuto affron­tare i cosid­detti “fondi avvol­toio” quando ha scelto di ristrut­tu­rare il pro­prio debito. Que­sti fondi, di recente, hanno otte­nuto per mezzo della Corte ame­ri­cana il con­ge­la­mento degli asset argen­tini pos­se­duti negli Stati Uniti.

Ieri all’Argentina, oggi alla Gre­cia, domani forse alla Fran­cia o a qual­siasi Paese inde­bi­tato può essere negata nelle attuali con­di­zioni la pos­si­bi­lità di una ristrut­tu­ra­zione del debito nono­stante il buon senso. Adot­tare un qua­dro legale rap­pre­senta un’urgenza per assi­cu­rare la sta­bi­lità finan­zia­ria, per­met­tendo a cia­scun Paese di risol­vere il dilemma tra il col­lasso del sistema finan­zia­rio e la per­dita di sovra­nità nazionale.

Que­sti 9 prin­cipi riaf­fer­mano la supe­rio­rità del potere poli­tico, attra­verso la sovra­nità nazio­nale, nella scelta delle poli­ti­che pub­bli­che. Essi limi­tano la spo­li­ti­ciz­za­zione della strut­tura finan­zia­ria, la quale ha escluso finora ogni pos­si­bile alter­na­tiva all’auste­rity, tenendo in ostag­gio gli Stati.

L’Onu deve quindi farsi soste­ni­tore di una gestione demo­cra­tica del debito e della fine del mer­cato dei debiti.

Un’iniziativa simile aveva fal­lito nel 2003 al Fondo Mone­ta­rio Internazionale.

Oggi, la posi­zione degli Stati euro­pei rimane ambi­gua, nono­stante il loro sup­porto sia fon­da­men­tale affin­ché que­sta riso­lu­zione possa essere attuata. I Paesi euro­pei si sono disin­te­res­sati al pro­cesso di demo­cra­tiz­za­zione non mostrando alcun sup­porto alla crea­zione del comitato.

Ma la situa­zione greca ha mostrato che non c’è più tempo per tergiversare.

Se gli eventi dell’estate hanno raf­for­zato i nazio­na­li­smi e la sfi­du­cia dei cit­ta­dini verso le isti­tu­zioni inter­na­zio­nali, oggi gli euro­pei sono chia­mati a riaf­fer­mare i diritti demo­cra­tici, da ante­porre alle regole di mer­cato nella gover­nance internazionale.

Chie­diamo quindi che tutti gli Stati Euro­pei votino a favore di que­sta risoluzione».

Primi fir­ma­tari

Gabriel Col­le­tis

Gio­vanni Dosi

Hei­ner Flassbeck

James Gal­braith

Jac­ques Généreux

Mar­tin Guzman

Michel Hus­son

Steve Keen

Ben­ja­min Lemoine

Mariana Maz­zu­cato

Ozlem Ona­ran

Tho­mas Piketty

Robert Salais

Engel­bert Stockhammer

Xavier Tim­beau

Bruno Thé­ret

Yanis Varou­fa­kis

Gen­naro Zezza

(tra­du­zione Marta Fana, fonte il manifesto)

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