Sospesi tra la Seconda Repubblica e la Terza

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 28 dicembre 2016

La rigidità della Seconda Repubblica e la necessità di ‘rappresentanza’ e dialogo nella Terza

La logica ferrea, rigidissima per la quale si chiede il voto su un programma, si dichiarano da subito i propri intenti e, quindi, in caso di vittoria si va da soli al governo per cinque anni di fila, grazie a un premio di maggioranza che ti mette al riparo da tutto, mentre in caso di sconfitta si va (per finta) a Pontassieve, è una delle ragioni più forti della crisi del sistema politico italiano. Questa idea che non ci si possa coalizzare, né dialogare con le altre forze politiche sulla base della forza ‘rappresentativa’ conquistata alle elezioni, né tanto meno allearsi con alcun altro, è davvero balzana. Come se i guai del Paese derivassero dal dialogo e dalle coalizioni, e non dai bipolarismi forzosi, dalle liste nane ma ‘premiate’ oltre misura (con conseguente sovraccarico di peones) o dalla fine dei partiti (cioè della politica, cioè della mediazione, cioè del dialogo e, nel caso, delle alleanze parlamentari possibili e trasparenti).

La Seconda Repubblica, nata col mito della semplificazione, del vincitore la sera stessa, del blocco granitico e compatto che risponde come un sol uomo alle direttive del capo, è nella sua crisi finale per le medesime ragioni per cui è nata. Proprio perché ha trasformato in contrapposizione politico-mediatica il confronto tra le forze politiche. Producendo inevitabilmente un tripolarismo. Come se la democrazia cessasse se un governo si dotasse di basi ampiamente rappresentative, anche mediante una intelligente (ove indispensabile) politica delle alleanze e dell’ascolto. Ora, la politica non è come l’economia, o lo sport, oppure i media, non vive di scontri senza soluzione, non è rigido agonismo, non brilla per i personalismi. Anzi, la personalizzazione è un’esigenza mediatica, più che un’effettiva necessità delle forze politiche, che necessitano invece di partecipare a discussioni, interagire con l’opinione pubblica, capire la fase.

Quando si spinge troppo sul tasto della divisione in fronti, in assenza di soluzioni efficaci o possibili, piuttosto che cercare accordi parlamentari aborriti, si è tentati dal patto segreto. Laddove il dialogo e le alleanze parlamentari sono schifate ed esposte al pubblico ludibrio, è inevitabile che si discuta nascosti in uno stanzino della fotocopiatrice, al riparo da tutti, senza che nessuno sappia che cosa i due presunti avversari si siano detti. Alle porcate del porcellum, si risponde con le porcate degli accordi segreti, del trasformismo, dei ‘responsabili’ in libera uscita, pronti ad alzare una mano quando serve. Salireste su un autobus al cui volante vi sono solo due posizioni, destra e sinistra? Senza gradi, senza possibilità di calibrare la direzione sulla base del percorso stradale effettivo? Io no. E perché allora dovremmo salire su un sistema politico che prevede semplicemente un presunto vincente (grazie al maggioritario e al premio di maggioranza) e tanti perdenti, senza altre possibilità, e senza potere (nel tempo) giocare in Parlamento su alcuna leva o forza ‘rappresentativa’, per addivenire a provvedimenti utili e ‘calibrati’ per la circostanza? Nella sana e dovuta rappresentanza del Paese, altrimenti destinato a sfiduciare tutto, a partire dalla istituzioni democratiche?

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1 commento

cambio1715040 29 Dicembre 2016 - 11:40

I guai del
Paese derivano sopra ogni altra ragione, dalla mediocrità dei delegati
al Parlamento. Mediocrità che ad ogni legislatura non può che riprodurre
se stessa, solo un po’ peggo per non farsi danno da se,’ raggiungendo
un livello più basso del precedente, mentre le eccellenze del paese sono
emarginate dalle istituzioni e costrette nelle piazze e nei teatri a
cercare di mantenere in vita i valori costituzionali.

E se il suffragio universale, irrinunciabile
conquista di democrazia, ci ha portato a questo percorso di degrado e
declino che pare non aver fine, diventa necessario fare ricorso per
arrestarlo ed invertirlo ad un occasionale ricorso alla Costituzione
dove Essa offre alla Cittadinanza la possibilità di intervenire
DIRETTAMENTE qualora i delegati al Parlamento, si fossero rivelati
incapaci, indegni o complici.

E gli strumenti di efficacia assoluta che Essa mette a disposizione, sono gli artt.
71 e 50, che consentono la Democrazia Diretta Propositiva, che diventa
“Impositiva” se esercitati da una Sovranità
Popolare Realizzata , non solo enunciata.

Il
COMITATO del NO, nato come COMITATO per la
DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE, parrebbe l’entità perfetta per attivare
questo processo che potrebbe rispondere anche alla domanda sull’etica
del prof Rodotà, come “all’abisso tra Cittadini e potere” (A.d’Orsi) da
chiudere, portando in Parlamento, da subito attraverso un’agenda
di progetti di legge e di riforme, elettorale compresa, il rigore morale
e culturale, le competenze e l’orientamento al Bene Comune dei suoi
promotori. E alle prossime elezioni politiche direttamente le Persone
con una Lista Civica Nazionale che porti perfettamente le insegne del
COMITATO per la DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE, per continuare da quel
luogo-istituzione l’opera avviata sul territorio e consentire alla
politica di rigenerarsi migliore con un po’ di sana astinenza
dall’esercizio del potere.

E’ facimente intuibile come in un
Parlamento di persone rigorose e orientate conseguentemente al bene
comune, sarebbe normale trovare accordi virtuosi per trarre il Paese
dalla palude nella quale la mediocrità l’ha condotto e lo trattiene,
proprio come avvenne nella Costituente dove dai Liberali ai Comunisti si
riconobbero in quella Carta tanto apprezzata.

Paolo Barbieri

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