Come sopravvivere all’era Trump

per Gabriella
Autore originale del testo: Joseph Stiglitz
Fonte: Internazionale.it
Url fonte: http://www.internazionale.it/opinione/joseph-stiglitz/2017/02/23/come-sopravvivere-trump

In appena un mese da presidente degli Stati Uniti, Donald Trump è riuscito a diffondere caos e incertezza, oltre a un livello di paura che farebbe l’invidia di qualunque terrorista, con una rapidità stupefacente. Non sorprende che i cittadini e i manager delle imprese, della società civile e dello stato facciano fatica a reagire in maniera appropriata ed efficace.

Qualsiasi opinione riguardo alle soluzioni da adottare è necessariamente provvisoria, poiché Trump non ha ancora presentato alcuna proposta legislativa dettagliata, e il congresso e i tribunali non hanno ancora finito di rispondere al fuoco di fila dei suoi ordini esecutivi. Ma riconoscere l’incertezza non può essere una giustificazione per negare la realtà.

Al contrario, è ormai chiaro che quello che Trump dice e twitta deve essere preso sul serio. Dopo le elezioni di novembre, quasi tutti speravano che avrebbe messo da parte l’estremismo della sua campagna elettorale. Di sicuro, si pensava, questo maestro dell’irrealtà avrebbe indossato in pubblico una maschera diversa quando avesse assunto l’enorme responsabilità che spetta a quello che spesso è definito l’uomo più potente del mondo.

Nessun margine di incertezza
Qualcosa di simile accade con ogni nuovo presidente degli Stati Uniti: proiettiamo su di lui l’immagine di quello che vorremmo che fosse. Ma Trump non ha lasciato alcun margine d’incertezza sul fatto che intende fare quello che ha annunciato: fermare l’immigrazione musulmana, costruire un muro alla frontiera con il Messico, rinegoziare l’accordo di libero scambio nordamericano (Nafta), cancellare la riforma finanziaria Dodd-Frank del 2010 e molte altre cose con cui perfino i suoi sostenitori non sono d’accordo.

Io stesso ho criticato alcuni aspetti dell’ordine economico e di sicurezza creato all’indomani della seconda guerra mondiale, fondato sulle Nazioni Unite, la Nato, l’Unione europea e una rete di altre istituzioni e relazioni. Ma c’è una grossa differenza tra tentare di riformare istituzioni e relazioni in modo che servano il mondo in maniera migliore, e un programma che prevede semplicemente di distruggerle.

Per Trump il mondo è un gioco a somma zero. In realtà la globalizzazione, se ben gestita, è una forza a somma positiva: gli Stati Uniti vincono se i suoi amici e alleati, che siano l’Australia, l’Unione europea o il Messico, sono più forti. Ma Trump rischia di trasformarlo in un gioco a somma negativa: anche gli Stati Uniti perderanno.

Questo atteggiamento è stato chiaro fin dal suo discorso inaugurale, in cui la ripetizione del motto “l’America prima di tutto”, con la sua eco fascista, ha ribadito la sua fedeltà alle sue peggiori convinzioni. Le precedenti amministrazioni hanno sempre preso sul serio il dovere di servire gli interessi nazionali. Ma di solito avevano un’interpretazione “illuminata” del concetto d’interesse nazionale, secondo cui gli statunitensi traggono vantaggio da un’economia globale più prospera e da una rete di alleanze tra paesi che credono nella democrazia, nei diritti umani e nello stato di diritto.

Se c’è un aspetto positivo nella minaccia rappresentata da Trump, è un nuovo senso di adesione a valori fondamentali come la tolleranza e l’uguaglianza, sostenuto dalla consapevolezza del razzismo e della misoginia, espliciti o nascosti, incarnati da Trump e dai suoi collaboratori. E questa adesione è diventata globale: Trump e i suoi alleati devono affrontare il rifiuto e le proteste di tutto il mondo democratico.

Negli Stati Uniti, l’American civil liberties union (Aclu), avendo previsto che Trump avrebbe presto calpestato i diritti individuali, ha dimostrato di essere più pronta che mai a difendere dei princìpi costituzionali centrali come l’equo processo, l’equa protezione e la neutralità dello stato nei confronti della religione. E negli ultimi mesi gli statunitensi hanno sostenuto l’Aclu con milioni di dollari di donazioni.

In maniera simile, in tutto il paese, i dipendenti e i clienti di alcune aziende hanno espresso la loro preoccupazione nei confronti di amministratori delegati e consiglieri d’amministrazione che sostengono Trump. E in effetti, come gruppo, i dirigenti d’azienda e gli investitori statunitensi sono diventati i principali legittimatori di Trump. Quest’anno all’incontro annuale del Forum economico di Davos in molti erano entusiasti delle sue promesse di tagli alle tasse e deregulation, passando sopra tranquillamente alla sua intolleranza (mai citata in alcuno degli incontri a cui ho partecipato) e al suo protezionismo.

Un nuovo senso dello stato di diritto
Ancora più inquietante è stata la mancanza di coraggio: molte persone, pur preoccupate da Trump, hanno avuto paura di far sentire la loro voce, nel timore di essere prese di mira (loro e il valore azionario delle loro aziende) da un suo tweet. La paura è un attributo dei regimi autoritari, e oggi la stiamo sperimentando negli Stati Uniti per la prima volta da che mi ricordi.

Il risultato è che l’importanza dello stato di diritto, un tempo un concetto astratto per molti statunitensi, è diventata concreta. In uno stato di diritto, se il governo vuole evitare che le aziende subappaltino e delocalizzino all’estero, approva delle leggi e adotta delle norme che creino gli incentivi adatti e scoraggino i comportamenti sgraditi. Non minaccia le aziende né definisce i profughi una minaccia alla sicurezza.

Le principali testate statunitensi, come il New York Times e il Washington Post, non accettano il rifiuto dei valori americani operato da Trump. Non è normale che gli Stati Uniti abbiamo un presidente che rifiuta l’indipendenza dell’apparato giudiziario, che sostituisce gli ufficiali militari e d’intelligence più esperti dell’apparato di sicurezza nazionale con un fanatico della stampa di estrema destra e che, di fronte all’ultimo test missilistico della Corea del Nord, promuove le attività imprenditoriali della figlia.

Ma quando si è costantemente sottoposti a decisioni ed eventi che vanno oltre l’immaginabile, è facile diventare insensibili e ignorare l’ultimo abuso di potere pensando che ne arriverà subito uno più grave. Una delle principali sfide di questa nuova era sarà rimanere vigili e, quando e dove sarà necessario, resistere.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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