Sinistra: il voto folle

per Gabriella
Autore originale del testo: Emanuele Cherchi

 di Emanuele Cherchi   6 giugno 2016

Sembra strano ma non sfondiamo. Alcuni mesi fa i sondaggi davano la nascente lista unitaria di sinistra come una forza che superava abbondantemente il 5% e invece…

E invece non esiste nessuna lista unita cui possano aspirare di votare le decine di migliaia di elettori/elettrici che ancora credono (con varie sfumature) alla possibilità di cambiare le cose conciliando la risoluzione dei problemi di bilancio dell’Italia e dei comuni italiani con politiche sociali attive e non con regalie date all’avvicinarsi delle elezioni.

Che non esista una sinistra unita è evidente, basta vedere i vari simboli elettorali: quello della lista di Airaudo a Torino è diverso dal simbolo di Fassina a Roma  e cosi dicasi lo stesso in tutti i comuni: guai ad avere un simbolo uguale, devono aver pensato le illustri menti che si occupavano del nostro marketing elettorale… forse si voleva sembrare più civici ma di certo si è passati come politici estemporanei, senza un progetto nazionale comune…

In questa partita hanno perso le sinistre chiuse nel localismo, non la Sinistra; hanno perso gli egoismi, non il Grande Progetto. Da questo fallimento bisogna non prendere le distanze, ma analizzarlo, capirlo per non ripeterlo. Bisogna che il volto dei candidati non nasconda il volto del Soggetto Politico. È ora di federarsi in un solo simbolo che riunisca in sè il lato migliore del Paese e partire dal basso con un programma chiaro: opporsi alle riforme renziane su Costituzione, Italicum, Jobs Act, Buona Scuola, rilanciare il progetto di un reddito di cittadinanza e delle 35 ore di lavoro e rispondere a chi, come Sala, afferma che la democrazia è un costo e  che è meglio una brutta democrazia rispetto a una bella dittatura.

Fra due settimane vi saranno i ballottaggi: il mio amico Gian Franco Ferraris sostiene che la cosa migliore sia votare i candidati alternativi al PD renziano per avere sul territorio dei forti alfieri nella lotta di ottobre sul referendum costituzionale. Il problema, però, è che ai ballottaggi quasi ovunque vanno tre destre: quella classica di Berlusconi-Salvini, sempre più populista, la nuova destra di Renzi, sempre più vicina ai poteri forti nazionali e internazionali e infine i 5 Stelle che conquistano consensi con proposte simili alle nostre ma che, a parte la propaganda, sono un soggetto antidemocratico al loro interno e che quindi non garantiscono di avere gli anticorpi per resistere a eventuali mutamenti di fronte imposti dall’alto.

Mi troverei dunque in imbarazzo a proporre di votare una di tali formazioni, anche se trovo inaccettabile l’astensione: in tanti comuni ci sarebbe potuta essere una formazione di sinistra al ballottaggio se solo i compagni avessero fatto il loro dovere. Se mi permettete un paragone ardito, come una lunga astinenza dal sesso provoca una sofferenza sempre più forte per un uomo sano, così l’astensione dal voto è come una castrazione che fa male non solo ai delusi che vi ricorrono, ma all’intera società.

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