Autore originale del testo: Riccardo Achilli
di Riccardo Achilli – 7 aprile 2018
Nel doloroso sgranarsi del rosario post-crisi di ciò che resta della sinistra politica in questo Paese, si aggiunge una nuova tappa. Mettendosi il cilicio, dopo essersi fatto strizzare dentro una Vergine di Norimberga (cfr. foto allegata) D’Attorre, seguendo il cammino penitenziale già aperto da Caldarola, oggi ci propone un big bang distruttivo-rigenerativo del Pd, di LeU, di tutto ciò che si agita a sinistra, per ripartire da zero, nell’ennesimo percorso ricostituente/unitario, basato non si sa bene su che cosa.
L’idea mi appare, prima facie, leggermente infantile: il ruzzino non funziona, lo buttiamo e rifacciamo tutto daccapo, nell’illusione palingenetica della Rinascita Eterna della Fenice dalle sue polveri. Risuonano, più che ragionamenti politici e culturali, echi di penitenziagite da catechismo insegnato da grigi sacerdoti lefebvriani: accogliamo la morte con un sorriso, perché nell’Ultimo Giorno risorgeremo con il nostro corpo di carne, nella beatitudine del Paradiso. Sarebbe bene aggiornarsi sulle novità in campo teologico: i cattivi davvero cattivi non rinascono dopo la morte, a meno che non si pentano veramente, profondamente, dolorosamente, intimamente, dei loro errori e dei loro peccati. Altrimenti, senza pentimento, le loro anime si dissolvono nel nulla.
Fuori di metafora: non c’è salvezza senza un profondo, sincero, spietato ripensamento di tutto l’apparato culturale, ideologico e programmatico che la Sinistra ha utilizzato negli ultimi venticinque-trent’anni. Il pensiero sulla globalizzazione, e quindi sull’Europa, la lettura del mercato del lavoro e della società, l’idea di poter conciliare reti di protezione e apertura al mercato ed alle praterie dell’individualismo metodologico attraverso bizzarri ircocervi come il workfare o la flexsecurity, la primazia dei diritti civili (ovviamente importantissimi) su quelli socio-economici, la disgregazione della capacità di fare lettura di classe, in nome di un individualismo in salsa progressista, dove l’individuo assume una iper-libertà nella sfera personale, che lo lascia solo nel bosco pericoloso del darwinismo sociale. Tutto va rivisto, tutto va ripensato con onestà intellettuale e con la grave consapevolezza di aver sbagliato tutto, di aver commesso peccati innominabili rispetto ai segmenti di società che avremmo dovuto rappresentare,altrimenti, senza pentimenti, non ci sarà una rinascita palingenetica nel giudizio universale, ma ci dissolveremo per sempre nel vuoto. E ci siamo molto vicini. E la bandiera dei diritti e della giustizia sociale verrà presa in mano da violenti ed improvvisati Masanielli.
Ma poi basterebbe qualche nozione di fisica: prima del big bang, tutto l’universo rimane concentrato in un punticino microscopico e caldissimo di densità tendente all’infinito. Dopo il big bang, l’universo si separa in miliardi di corpi, che si distanziano fra loro sempre di più, e si raffreddano. Il big bang delle organizzazioni politiche esistenti non produrrà un riavvicinamento ed un riscaldamento, ma un ulteriore allontanamento e raffreddamento. Per un motivo in fondo semplice: la ripartenza della sinistra non si può fare con un rimescolamento degli apparati per restituire un prodotto apparentemente diverso, ma in realtà uguale, nella sostanza culturale, programmatica e politica. Anziché frenare distanziamento e raffreddamento, li si accelera.
No. Serve un dibattito nuovo. Impostato su parametri sociali diversi. Non più il ceto medio riflessivo che, negli anni novanta, sembrava elasticamente ingoiare classe operaia in paradiso e piccola e media borghesia in un magma indifferenziato di individui alla ricerca di auto-realizzazione. Ma il cuore nero e sofferente delle periferie che votano per i mercanti della rabbia. Non più le aristocrazie proletarie (lavoranti o in pensione) sulle quali i sindacati si sono incrostati, dimenticandosi della sofferenza dei ceti emergenti del proletariato cognitivo e della new economy. Ed i parametri nuovi comportano parole diverse: non più Stati Uniti d’Europa, non più globalizzazione buona, non più internazionalismo proletario. Ma Stato, nazione, comunità. Non più diritti della sfera personale, ma lotta allo sfruttamento materiale, lavorativo ed economico, che rende impossibile godere praticamente dei diritti civili astrattamente concessi. Ed i parametri e le parole diverse comportano soggetti parlanti diversi. Un nuovo racconto deve essere formulato da chi è credibile per formularlo. Chi, invece, è stato complice del male che è stato fatto, se vuole aiutare, deve riconoscere i suoi errori, pentirsi e lavorare per fare da incubatore ed accompagnatore di una classe dirigente diversa.
Solo allora, soltanto allora, ci si potrà rimescolare. Altrimenti ciascuno stia nel suo. Ed è inutile prendere gli interlocutori per stupidi. dietro ai big bang ci sono le operazioni di risulta alla Rossi/Martini style: un pentimento superficiale, un ripensamento programmatico di facciata, per nascondere, dietro le carte truccate del rimescolamento, i soliti intrugli voodoo per resuscitare il cadavere decomposto dello zombi ulivista e centrosinistrista. E non ci siamo proprio. Lasciamo che i morti seppelliscano i morti.