Fonte: Lucia Del Grosso
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di Lucia del Grosso – 15 maggio 2016
E’ stato un complotto interno ad impedire la corsa di Fassina a sindaco di Roma? Secondo me non ha senso farsi domande alle quali non si può dare una risposta. Si finisce per logorarsi tra allusioni, risentimenti e offese senza arrivare alla verità. Quindi lasciamo perdere dato che la spesa non vale l’impresa, come si dice dalle mie parti.
Ma mai lasciare sospese le domande che possono avere una risposta mediante una libera discussione. Perché anche i nodi irrisolti logorano.
E chi sta partecipando al percorso di costituzione di un nuovo soggetto politico alternativo al partito della nazione sa che di nodi da sciogliere ce ne sono parecchi. E in che misura i nodi possano intralciare il cammino l’abbiamo visto a Roma.
Perciò non comprendo la risposta stizzita del Comitato dei Cento alla questione posta con grande chiarezza da Fassina: “Vedo due impianti di cultura politica. Da una parte chi, come me, considera chiusa la fase del centrosinistra. Dall’altra, chi pensa che il nostro destino sia l’alleanza subalterna con il Pd”. Secondo il Comitato dei Cento, la domanda di Fassina, che ci siamo posti tutti a Cosmopolitica, nelle riunioni plenarie, ai tavoli e pure nei corridoi, è dettata da “rancore”, è espressione di “esperienze minoritarie prive di radicamento nella società” e non approda a niente altro che ad una “ridotta minoritaria”.
- Rancore che? Siamo adulti e non all’asilo e il rancore non è una categoria politica. Come dire che Berlinguer non si voleva alleare con Malagodi perché era dispettoso e vendicativo. Invece non gli veniva nemmeno in mente perché perseguiva un progetto alternativo e non compatibile. Esattamente come dovrebbe fare una sinistra in costruzione rispetto alla natura liberista e cesarista che ha assunto il PD. E questo vale al governo come nelle amministrazioni locali: quando le giunte di centrosinistra si metteranno a privatizzare i servizi, a lottizzare e a sbattersene dell’ambiente che diremo? Che noi, ehm, veramente pensavamo altro, ma i rapporti di forza non sono a nostro favore?
- Esperienze minoritarie prive di radicamento nella società perché? Esiste in Italia una sinistra radicata nella società? Un Paese in cui i precari non scendono in piazza di giorno e di notte contro il Jobs Act perché “comunque il mio contratto prima era precario ed ora almeno è a tempo indeterminato” (è esagerato pure scomodare il noto concetto di falsa coscienza) non ha nessuna sinistra radicata nelle società. Al massimo la sinistra è presente in qualche battaglia per i diritti civili, e nemmeno ha l’esclusiva perché l’iniziativa è stata adel partito al governo che di sinistra non è. Il radicamento sociale è tutto da costruire e lo si fa mostrando un’identità chiara.
- Ridotta minoritaria? Cioè una poltroncina da cui, se tutto va bene, se le compatibilità europee non prosciugano le residue risorse, se non si disturba troppo il manovratore, si distribuisce qualche briciola ai centri sociali o associazioni che operano nel sociale sarebbe cultura di governo?
Ora, siccome penso che queste domande non siano solo mie, ma anche di un bel pezzo di militanza impegnato nel progetto di Sinistra Italiana, la risposta a Fassina avrebbe dovuto essere: “Hai ragione, abbiamo tante cose da chiarire”, invece di inveire come di fronte allo sfogo di un isterico. Lo impone la serietà dettata dalla fase cruciale che stiamo attraversando.
E’ stata una settimanaccia.