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Sabato 17 e domenica 18 gennaio, a Bologna, l’assemblea nazionale della Lista Tsipras, col biglietto per Atene in tasca
di Checchino Antonini 12 gennaio 2015
Casa comune, soggetto unico, unitario o come si vorrà chiamarlo, diciamo la Syriza italiana: tutto rinviato a marzo ma sabato e domenica, a Bologna, la lista Tsipras terrà un evento importante. Le elezioni in Grecia, infatti, da un lato le consegnano una visibilità impensata, dall’altro il risultato eventuale (riuscirà Syriza a formare un governo di sinistra o dovrà scendere a patti con pezzi di Pasok mimetizzati in altre liste?), alla vigilia dell’assemblea nazionale di Bologna, è tale da non sapere chi vorrà provare anche da noi un giro di valzer nel nome del leader greco.
L’assemblea nazionale di Bologna, per via della zavorra di Sel a Roma e dell’accelerazione elettorale ad Atene, sarà un evento, «non un organismo», come ammette lo stesso Marco Revelli in una lettera che accompagna il “Manifesto” di intenti, dal titolo Siamo a un bivio, che promuove il «processo che porti alla costituente di una casa comune della sinistra e dei democratici italiani in un quadro europeo» ma sembra puntare direttamente alle prossime politiche aggirando, appunto, l’ostacolo delle regionali di primavera. Il corpo collettivo sarà perimetrato dalle adesioni, individuali o collettive, a questo documento. Se il limite evidente è il coinvolgimento di buona parte delle leadership che hanno contribuito a svilire il senso della sinistra radicale in Italia, è altrettanto evidente che quello che sta per nascere sarà il luogo del dibattito su una ricomposizione quanto mai necessaria se sarà capace di radicarsi nel conflitto sociale.
Bologna, perciò, sarà un evento importante, a sette giorni dal voto in Grecia che potrebbe alludere a un percorso che cambi i rapporti di forza anche in altri paesi d’Europa, innanzitutto per rilanciare una campagna di solidarietà con Syriza e dimostrare che l’austerità può essere inceppata e che l’apporto dei movimenti di massa, da questa o da quella riva dello Jonio, può essere decisivo.
Ma a Bologna non si voterà nulla, ci sarà un’altra assemblea a marzo. D’altronde non ci sono state assemblee locali che potessero esprimere programmi e delegati e non c’è ancora un corpo riconoscibile. Questo perché non solo ci sono differenze sulla forma che dovrà prendere la Syriza italiana ma alcuni soggetti che avevano dato vita alla Lista Tsipras per le europee sono in attesa della discesa in campo di Landini, della mitica scissione del Pd, per occupare quella terra di mezzo tra Tsipras e Schulz più volte indicata da Vendola e che, alle europee, fornì quel surplus di ambiguità che tenne lontani da un coinvolgimento diretto nella lista ambiti consistenti della sinistra di classe.
Sel e settori che le orbitano attorno (o vorrebbero farlo come i grassiani del Prc) nei fatti sta funzionando da zavorra per un processo unitario che porti alla ricomposizione di un soggetto e di un programma nettamente alternativi al Pd. La controprova è lo scarso entusiasmo di alcuni dei partner nell’organizzazione della manifestazione dello scorso 29 novembre sostenuta quasi esclusivamente da Rifondazione. E, dopo il divorzio con Sel in Emilia e in Calabria, come l’anno scorso in Piemonte e Abruzzo, ogni decisione sulle prossime regionali viene esplicitamente evitata perché dividerebbe visto che quel che resta di Sel dopo la scissione “migliorista” e pezzi di Rifondazione non hanno la minima intenzione di rinunciare quasi ovunque ad un’alleanza con il Pd.
Molto più dell’esito delle primarie liguri, sarà il risultato greco a rimescolare le carte spingendo i recalcitranti di adesso ad issare le bandiere dell’alternativa al renzismo senza se e senza ma, almeno per un po’. Già nei giorni che precedono l’apertura delle urne, dall’Italia ci sarà un viavai di carovane di solidarietà (la Brigata Kalimera) e di personaggi in cerca di visibilità accanto alla stella Tsipras.
Per inciso va detto che in Italia una Syriza già c’era ed era Rifondazione comunista naufragata sulla questione delle questioni: il governo con i partiti centristi e social-liberisti. La stessa esperienza della coalizione greca guidata da Tsipras deve molto al Prc e alla capacità propulsiva del movimento dei social forum (ad Atene si tenne il Fse del 2006).
Comunque, il dibattito nella Lista è andato avanti rafforzando la vocazione europea del nuovo soggetto e polarizzandosi, fondamentalmente, su tre possibili esiti della ricomposizione. La modellistica è stata fornita da esperienze già in corso in Europa: c’è chi vorrebbe fare Syriza, un soggetto federativo che tendenzialmente dovrebbe essere capace di diventare un partito; c’è chi subisce il fascino magnetico di Podemos che ha sciolto – non senza contraddizioni – le esperienze che l’hanno preceduta, c’è chi si acconterebbe di Izquierda Unita, ossia di una coalizione elettorale all’ombra della quale sopravviverebbero i soggetti organizzati.
Rifondazione, la sua maggioranza almeno, propende per la prima ipotesi: non un nuovo partito, ma un’ampia coalizione sociale e politica, un soggetto unitario e plurale che si dia regole democratiche di funzionamento, meccanismi di certificazione degli aderenti, massima partecipazione del complesso di forze organizzate o meno, salda collocazione nel Gue, relazione con la Sinistra Europea, radicalmente alternativi al PD. Così si legge nel documento approvato dall’ultimo Cpn che dà anche indicazioni di «lavorare, in relazione alle prossime elezioni regionali, alla costruzione di liste unitarie di alternativa a candidati, schieramenti e programmi – comunque collocati- di orientamento neoliberista e che si pongano in continuità con le politiche del governo Renzi». Guido Viale, che è stato uno dei “saggi” garanti della lista per le europee, sostiene invece la necessità di un soggetto che nasca dallo scioglimento dei partiti preesistenti. E’ la linea Podemos.
La settimana successiva Sel darà vita a una kermesse, Human factor, che, in parte si sovrappone al corpo collettivo che dovrebbe dare vita alla ricomposizione della sinistra dentro un quadro politico bloccato da troppo tempo a scapito dei settori sociali che si sono rimessi in movimento.