Maschio, di status socio-economico basso, membro di gruppi sociali vulnerabili: è questo l’identikit di chi ha maggiori probabilità di lasciare precocemente la scuola, che aumentano ulteriormente in presenza di difficoltà di apprendimento e di gestione dell’ansia. L’abbandono scolastico, però, non è un fatto improvviso, ma è il risultato di un insieme di fattori personali, sociali, economici, educativi e familiari. Per questo serve un sistema di prevenzione che si basi su curricula scolastici di qualità e attraenti per i ragazzi, percorsi educativi flessibili e attenzione alla transizione tra un ciclo scolastico e l’altro, che sono i momenti più critici. Bisogna concentrarsi sullo studente in quanto individuo, puntando al suo benessere a partire da educazione e cure della prima infanzia, dalle politiche a sostegno della famiglia e dall’integrazione dei figli di migranti e rom, che sono tra le categorie più esposte: la collaborazione tra scuola e Ong per realizzare corsi di alfabetizzazione ed educazione per adulti, ad esempio, ha ricadute positive anche sui figli.

Una prima educazione di buon livello però non basta se nei cicli di istruzione successivi le classi sono sovraffollate e l’insegnante, lasciato solo, non può prestare attenzione alle necessità individuali di ciascuno studente e affrontare le problematiche con risorse scarse. La scuola deve puntare su una struttura il più possibile aperta, con corsi di recupero più organici e regolari, e fornire laboratori pomeridiani non curricolari, come teatro, arte e lettura, che contribuiscono a migliorare l’autostima e i rapporti interpersonali. Difficoltà di apprendimento e brutti voti causano infatti scarsa fiducia in se stessi, che unita a un cattivo rapporto con gli insegnanti e a problemi personali (dal rapporto difficile con i genitori ai problemi economici fino ad abusi e tossicodipendenza), sono tra i principali motivi di abbandono. Su queste criticità cercano di intervenire le “scuole popolari” dell’associazione Non Uno di Meno, che tiene corsi di recupero pomeridiani gestiti da volontari con ottimi risultati, e il progetto di Fuoriclasse sviluppato da Save the Children. Una scuola più pratica e più partecipata aiuterebbe a evitare lo straniamento e la disaffezione dei ragazzi, i cui bisogni individuali sono penalizzati dalla standardizzazione didattica. Nonostante il ministro dell’Istruzione Bussetti affermi che la lotta all’abbandono precoce è una priorità del governo, nel Def approvato ad aprile scorso, non si vedono i mezzi per dei cambiamenti strutturali che arrestino l’emorragia nelle aule scolastiche.

Marco Bussetti

Nel tentativo di risolvere il problema, non si possono solo copiare le soluzioni adottate all’estero, ma occorre conoscere a fondo le caratteristiche del sistema scolastico, sociali e culturali dei diversi Paesi. Gli esempi di chi ha saputo affrontarlo con successo mostrano possibili strade da percorrere, come la diversa organizzazione dell’intero sistema sociale, in cui agli studenti persi lungo il percorso scolastico viene offerta, come in Francia, una seconda opportunità, ad esempio con corsi che facciano da ponte per un reinserimento nel percorso scolastico tradizionale. I Paesi Bassi hanno mantenuto la lotta all’abbandono scolastico come una priorità nonostante i buoni risultati già raggiunti: lo Stato collabora con gli enti regionali e locali e con le scuole per stabilire i target e i fondi, mentre gli istituti scolastici sono liberi di scegliere la strategia migliore per raggiungere gli obiettivi. Le direttive del governo olandese sono coordinate da un organo nazionale e adattate alle necessità locali e i progressi monitorati dagli specialisti del ministero dell’Educazione – che forniscono supporto ai rappresentanti locali – assegnati alle regioni.

Abbandono e dispersione scolastica sono problemi strutturali, che non si risolvono da un giorno all’altro e la strategia per eliminarli deve essere trasversale rispetto alle appartenenze politiche e non influenzata dai cambi di governo, come riconosce anche il Rapporto sul contrasto del fallimento formativo pubblicato dal Miur lo scorso anno. È inutile esultare per un calo della dispersione scolastica se dopo un paio di anni il dato torna a salire: il traguardo da porsi è il raggiungimento da parte di tutti i cittadini degli obiettivi scolastici e formativi a prescindere da condizione socioeconomica, origini famigliari, geografiche ed etniche, dal genere o dall’orientamento sessuale. Innalzare il livello dell’istruzione e modernizzarlo è fondamentale per essere al passo con l’Europa e con il mondo, ma prima bisogna convincersi che l’eliminazione dell’abbandono scolastico è la chiave per assicurare un futuro dignitoso alle nuove generazioni e uscire da una crisi economica e sociale che rischia di diventare una condizione endemica del nostro Paese.