Serve una forza del cambiamento ma non può essere la “vecchia sinistra”

per Gabriella

da www.cittafutura.al.it  03 giugno 2014

di Filippo Boatti, segretario di SEL di Alessandria

L’americanizzazione della politica e della società italiane è compiuta e bisogna prenderne atto. Anche se per fortuna, è imperfetta. Le piccole formazioni politiche in questi anni non hanno fatto i danni che hanno fatto i grandi partiti, ma non avendo armi mediatiche per difendersi finiscono per fare da capri espiatori delle colpe altrui. E poi è una questione di democrazia che rimanga un pluralismo di opinioni e anche di organizzazioni politiche presenti nell’offerta politica. Di fatto oggi però, di fronte ai pericoli del populismo e all’assenza di una leadership alternativa a quella di Renzi, gli italiani preferiscono riconsegnare il proprio voto a chi ha fatto più danni, un processo paradossale e complesso per cui bisognerebbe scomodare gli esperti di psicanalisi delle masse. Un risultato che comunque ci ha fatto almeno tirare un sospiro di sollievo di fronte alla pericolosa deriva del movimento di Grillo.

Dalla forza numerica del PD non si può però prescindere: non condividiamo molte delle sue posizioni, ma, è stato detto da molti, ha fatto da argine democratico di fronte alle pericolose pulsioni dimostrate dai capi del Movimento Cinque Stelle.

Per ricostruire un percorso unitario c’è solo una strada: evitare sia il minoritarismo settario che non rappresenta nessuno, sia il renzismo. Io penso a una sinistra maggioritaria che si ponga l’obiettivo del governo senza essere governista. Perché la sinistra quando ha una buona offerta politica vince”

Così si esprime il bravo Marco Furfaro, candidato di SEL al Parlamento Europeo per la lista Tsipras che ha raccolto moltissime preferenze nella circoscrizione centro, e quindi già oggi un esponente della classe dirigente del futuro (cito assieme a lui Alfredo Somoza e Alessandra Quarta). Ha ragione da vendere su molti punti, ma non coglie un fatto essenziale: purtroppo la sinistra nei prossimi anni non avrà grandi numeri. Il PD ha fatto il pieno e Renzi ha il grido. Dopo anni di follie, gli italiani scelgono la stabilità preferendola ai valori di progresso. Certo è probabile che il 40% sia una punta che non sarà ripetuta, ma per i prossimi anni non ci saranno grandi variazioni. Col suo populismo moderato Renzi riesce a tenere a bada altre pulsioni più pericolose e radicate nel Paese dentro una fase di crisi che durerà ancora a lungo. Mentre Grillo è sempre più chiaramente intenzionato ad occupare la fascia di elettorato che sta fra Berlusconi e la Lega Nord (cosa che non ci può lasciare indifferenti perché Grillo è più pericoloso sia di Bossi che di Berlusconi).

Noi però non ci ritiriamo perché la nostra cultura politica è comunque necessaria. SEL è un partito alle volte un po’ confusionario (direi che è un classico dei partiti socialisti puri) e il modo con cui è arrivato ad aderire ad una lista per le elezioni europee improvvisata all’ultimo minuto, e che stava in piedi solo perché garantiva un voto diretto ad un autorevole candidato alla Commissione Europea come Alexis Tsipras, lo dimostra. Però SEL è l’unico partito di sinistra moderna, socialdemocratica e ambientalista, che esiste oggi in Italia ed è un patrimonio da preservare in attesa di più convincenti innovazioni in cui sciogliersi: ma che non sono le scorciatoie organizzative da “vecchia sinistra” che in queste ore qualcuno propone, sarebbero solo inconcludenti riedizioni dell’Arcobaleno, che per tutti noi è come nominare un evento luttuoso in famiglia o il passaggio di uno iettatore.

Si pone oggi per una sinistra moderna e innovativa, alternativa in prospettiva al PD e a Renzi ma capace di dialogarvi e di allearsi con esso quando è possibile o necessario, il problema di essere utili e decisivi al cambiamento cioè di essere non marginali anche con numeri “marginali” perché nei prossimi anni, ahinoi, non ci sarà nessun grande partito di sinistra in Italia. Utili sempre nell’ottica del centrosinistra che è l’unica formula che ha garantito al paese in passato qualche vera riforma e un po’ di buon governo (a partire dal primo centrosinistra “storico”, ma senza sottovalutare alcune fasi del governo Prodi, si pensi ai progressi sull’ambiente). In economia il “tasso marginale” è un valore positivo, è sinonimo di guadagno, non un valore negativo. Vale anche per la politica moderna. Con SEL e Vendola lo abbiamo già fatto nella stagione dei sindaci e dei referendum. Con le primarie abbiamo cambiato agenda, candidati sindaci e programmi di governo senza avere poi come SEL grandi risultati elettorali. Siamo stati bravi ma il PD poi ha imparato a rintuzzarci, sempre dentro un’ottica di alleanza e non di scomunica. Ora bisogna trovare una nuova formula e il vero limite del congresso è che non ha sciolto questo nodo.

Syriza in Grecia ce l’ha fatta perché è crollato il Pasok, qui il PD al contrario si è consolidato. Ora, non possiamo certo augurarci, come fanno certi esponenti della sinistra cimiteriale del “tanto peggio tanto meglio” un crollo del PD per poter fare la Syriza italiana. Sarebbe solo una catastrofe e non si formerebbe nessuna Syriza italiana con la strada spianata alle “forze del male” populiste. Occorre invece trovare una specifica via. E poi siamo un paese profondamente diverso dalla Grecia, che rimane un paese di dieci milioni di abitanti ai confini dell’UE. Possiamo arrivare al 5-7% se riusciamo a dividere il M5S, a recuperare pezzi del suo elettorato deluso provenienti da sinistra, e cercare di essere utili e decisivi con questa quota di consensi se siamo bravi. Ma il confronto, il corpo a corpo, possibilmente in alleanza o dall’opposizione quando non si trova un accordo, col PD cercando di spostarlo a sinistra, non nell’ideologia ma nei fatti, è ineludibile.

Anche se naturalmente le energie positive che si sono sprigionate coi comitati Tsipras non vanno smobilitate, saranno uno degli ingredienti di una “forza del cambiamento” di domani, che però non potrà prescindere dal realismo e dalla considerazione dei rapporti di forza. E che non può essere la “vecchia sinistra” coi suoi tic e la sua mitologia archeologica. Ma per farlo occorrono gli strumenti che solo un rinnovato socialismo democratico può fornire, per non essere schiacciati dal presente e dall’ideologia onnipervasiva dell’homo oeconomicus di cui torna a parlare con grande lucidità il grande sociologo Luciano Gallino e per fare in modo che il desiderio di stabilità non schiacci ancora a lungo le istanze di progresso. Bisognerà però continuare ad essere pragmatici e concreti, freschi e innovativi, laici e riformatori e presenti con assoluta radicalità in tutte le battaglie di civiltà democratica (la legge elettorale, la condizione delle carceri e i diritti civili, la redistribuzione del lavoro e del reddito, la riduzione delle emissioni climalteranti) mettendo da parte ogni suggestione per l’armamentario e i miti della vecchia sinistra: è questo l’unico modo per non lasciare cadere la bandiera dell’uguaglianza, della libertà e dell’ambiente, in una parola del socialismo democratico nel XXI secolo.

Più che scorciatoie organizzative oggi serve un’iniziativa politica e sociale per la vasta classe di cittadini che sta soffrendo la crisi e per cui il PD maggioritario ma non pervasivo non offre soluzioni se non quella di rallentare la caduta rendendola in qualche modo più accettabile. Occorre fare proposte che modifichino l’agenda del governo e che spostino almeno in parte le priorità del “partitone”. Solo successivamente si porrà la questione se sia possibile un cambio di governo sostituendo Alfano con SEL e una parte di grillini dissidenti: qualcuno l’ha posta in buona fede ma troppo presto.

 

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