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di Lucia Del Grosso – 24 settembre 2016
Negli ultimi due giorni ho incrociato diverse dichiarazioni di voto per il SI’ al referendum, ma francamente non ho capito le motivazione. Penso che sia pressappoco la stessa di mia madre quando le chiedevo perché mai dovevo fare quella tale cosa che mi aveva ordinato: “Perché sì”.
Serra è un intellettuale, Cacciari addirittura in filosofo, Bonaccini e Damiano due politici di lungo corso, eppure le loro spiegazioni non reggono l’urto nemmeno della prima obiezione di uno studente di terza media: Cacciari perché da decenni non si fa niente (ma se da 20 anni è tutta una rivoluzione normativa, costituzionale e ordinaria, ma dai, professo’!), Serra addirittura fa penitenza dei fallimenti della sua generazione, Bonaccini dice che la Costituzione antifascista favorisce la deriva fascista (notare il rigore logico) e Damiano che è antiliberista per cui non può non votare una riforma voluta dall’Europa che, non si sa Damiano lo sa, è ordoliberalista.
La tentazione di spernacchiarli è forte, tuttavia voglio prenderli sul serio e tentare di capire l’abbaglio di cui sono vittime.
E’ che sbagliano l’approccio ad un’analisi che ha invece lucidamente riassunto in poche righe Alessandro Visalli che, a commento dell’ultima vittoria di Corbyn alle primarie, giustamente sostiene che il grande centro, arena in cui ci si contendo i consensi, non esiste più, si erode giorno per giorno. A partire dal dopoguerra si era affermato un processo sociale di imborghesimento delle classi popolari, ora il processi è inverso, cioè di proletarizzazione dei ceti medi. E’ evidente che questa inversione porta ad una radicalizzazione degli orientamenti elettorali, per cui la rappresentanza non è più assicurata da una destra e una sinistra che smussano sempre di più la loro diversità per contendersi il ventre pasciuto del ceto medio e quindi occorre un nuovo modello per dare voce agli umori e le aspettative che si agitano nella società.
Quindi la risposta alla crisi di sistema che i signori di cui sopra non possono non vedere non può essere quella della narrazione data dalla riforma Boschi: velocizzare il processo decisionale. Non c’è niente da velocizzare, se alla fine della corsa c’è la frustrazione di pezzi sempre più ampi di società impoveriti e perciò radicalizzati.
E non a caso mi sono riferita a riforma “narrata”. Perché in realtà la frantumazione degli interessi si riverbererà anche all’interno delle forze politiche, per cui anche eliminare in parte (oltretutto in maniera confusa e pasticciata) la spola tra Camera e Senato non eliminerà ritardi e inconcludenze: questi emergeranno anche all’interno delle forze di governo, lacerate dall’irrequietezza degli elettori e dalla paura di perdere consensi.
I signori che danno il titolo a questo post vogliono mettere il tappo alla pentola del disagio sociale che bolle? Stupida illusione.