Sepulveda: “Ora una riforma della Costituzione o la Spagna non avrà un futuro”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Sara Gandolfi
Fonte: Corriere della sera
Url fonte: http://www.corriere.it/esteri/17_ottobre_02/ora-riforma-costituzione-o-spagna-non-avra-futuro-4cdebc08-a6e9-11e7-a0ff-6d279b95c0af.shtml

Intervista a Luis Sepulveda di Sara Gandolfi inviata del Corriere della sera a Barcellona – 2 ottobre 2017

«Mariano Rajoy sta giustificando la brutalità dimostrata dalla Guardia Civil e dalla Policía Nacional contro una popolazione civile, contro cittadini che, con o senza ragione, volevano solo andare alle urne e votare». Luis Sepúlveda, scrittore cileno che ha scelto di vivere in Spagna il suo lungo esilio, e di cui è appena uscito in Italia il libro Storie ribelli(Guanda editori), risponde al Corriere proprio mentre in tv scorrono le immagini della conferenza stampa del premier spagnolo. E non gli piace nulla di quello che sta ascoltando. «Fino a pochi giorni fa, il numero dei catalani disposti a partecipare al referendum era la metà di quelli che hanno poi tentato di votare. Non hanno votato per o contro l’indipendenza, votavano per il diritto a decidere liberamente, e contro l’arroganza di un governo ottuso, troppo vicino al franchismo, troppo immobile e insensibile ai problemi che si devono risolvere in modo politico e mai con la forza della repressione».

I suoi colleghi Vargas Llosa e Javier Cercas hanno definito il referendum un golpe…

«Sciocchezze. Chi ha fatto un colpo di Stato? Quelli che sanguinavano nelle strade e negli ospedali della Catalogna?».

Come si è arrivati fin qui, chi sono i «colpevoli»?
«C’è stata una lunga serie di offese e incomprensioni tra lo Stato spagnolo e la Catalogna, e la situazione si è aggravata quando il Tribunale costituzionale, composto da giudici in maggioranza di destra, ha eliminato lo Statuto d’autonomia catalana, votato e approvato dal Parlamento della Catalogna. Poi c’è l’immobilismo della destra, la tattica di Rajoy è non fare nulla, perché tutto scivoli via, senza curarsi dei costi sociali e politici. È mancato il dialogo da entrambe le parti, però soprattutto è mancata la volontà politica da parte del governo spagnolo per aprire le porte a questo dialogo. La destra ha sempre fatto affidamento più sulla repressione che sul dialogo».

La politica ha alimentato l’odio?
«Vivo in Spagna da tempo e ho potuto constatare come i settori più retrogradi della società spagnola, quella parte della popolazione con diritto di voto che appoggia senza tentennamenti la destra, ha estratto dai vecchi resti della storia ciò che c’è di più rancido e assurdo del nazionalismo fascista. La destra ha avvelenato la politica con l’odio, e lo stesso hanno fatto in Catalogna quelli che credono che l’indipendenza sia un atto di magia».

Tra Barcellona e Madrid ci sono però anche ferite storiche ancora aperte. La transizione non ha funzionato?
«La transizione fu un patto del silenzio. E nella storia i silenzi si rompono sempre».

Forse alla Spagna serviva un processo di riconciliazione come quello avvenuto in Cile?
«In Cile si è imposta l’amnesia come ragione di Stato. Di quale riconciliazione si parla quando lo Stato ancora non chiede scusa alle vittime, e i torturatori e i loro complici continuano a vivere in situazioni di privilegio, compresi quelli che stanno in carcere?».

Allora come risolvere l’impasse qui in Spagna?
«La soluzione è politica e passa da una riforma della Costituzione spagnola. La Spagna deve essere uno Stato federale. Oggi però, dopo la giornata di repressione e le dichiarazioni ottuse di Pedro Sánchez, il leader del Psoe, in Catalogna c’è più volontà indipendentista che mai».

Così possono iniziare le guerre civili?
«La società catalana è colta, civilizzata, dialogante, moderna. I catalani non darebbero mai inizio a una guerra civile».

Crede in una Spagna plurinazionale?
«La Spagna è un insieme di nazioni e il suo futuro è federale e repubblicano. O non avrà futuro».

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