di Alfredo Morganti – 9 maggio 2017
Ok, diciamolo, qui ho sbottato. Leggevo con tipico fare Zen (adeguato alla fase) la cronaca della giornata milanese di Obama sul Corriere. 14 SUV, scorta poderosa, programma a balzi e senza preavviso per ragioni di sicurezza, il Duomo, la Pinacoteca, gli 850 euro di ticket, ecc. Poi sono arrivato a un certo punto del racconto e ancora mi guardo attorno spaesato.
Si parla dell’incontro di Obama con Renzi, e si racconta che l’ex premier, dopo una serie di ‘shish’ e di ‘discascion’, a un certo punto, “ha chiesto a Obama se si fosse già congratulato con Macron. Alla risposta negativa, – sentite sentite! – ha estratto il cellulare ha chiamato Macron – immaginate il gesto! – e gli ha passato Obama per le felicitazioni del caso”. Ma voi riuscite a immaginare la scena, avete inquadrato la situazione? Riuscite a concepire la teatralità con cui il ‘Macron italiano’ ha fatto sfoggio di cellulare e di telefonata? Io credo che gran parte della sostanza politica che oggi aleggia in Italia e ha preso possesso del Paese e delle sue istituzioni sia mirabilmente sintetizzata in questa micro vicenda incastrata nella narrazione della visita di Obama a Milano. “Ma Barack! Non hai ancora parlato con Emmanuel? Noooo? Non ci credo! Aspè, lo chiamo e te lo passo. Emmy, voilà, che sta’ a fffà? C’è Barack, vuole congratularsi con te, stava al Duomo e non c’era campo, non poteva chiamarti prima, ma mo te lo passo! Allez!”. State capendo?